Godzilla Minus One: perché un film di mostri si può (e si deve) anche scrivere

Ho finalmente recuperato l'ultima incarnazione nipponica della lucertola gigante, Godzilla Minus One. Faccio una premessa importante: non ho mai assolutamente avuto tempo né voglia di spararmi le dozzine di lungometraggi giapponesi usciti dal dopoguerra ad oggi, ma mi piace comunque definirmi un appassionato di Godzilla e potrei passare ore a parlare delle forti metafore che porta avanti da settanta e passa anni.

Morte, ineluttabilità del destino, guerra, bomba nucleare, divinità insensibile, terrore puro, vendetta della Terra: sono solo alcuni dei simboli che si celano dietro le scaglie di Godzilla. Tutto sembrava essere stato già raccontato sul re dei kaiju, eppure in Godzilla Minus One succede una magia: si tifa per l'umanità.

Esatto, inutile negarlo: esiste qualcuno che nei film di mostri giganti tifa per le persone? Sinceramente non ne conosco. C'è un fatto però che esalta questa presa di posizione: laddove la messa in scena è concentrata su bestioni che schiacciano tutto e si menano tra loro, va per foza di cose a morire la scrittura di trama e personaggi; tutte cose che, sinceramente, non mi era mai interessata in film del genere e anzi, se presenti, risultano forzate e noiose (vedi alla voce Monsterverse), futili orpelli che spezzano il ritmo e la piacevolezza di bestiali mazzate senza logica, unico vero motivo per cui bruciarsi retine e neuroni dietro ai film meno raffinati della storia del cinema.

La magia di Godzilla Minus One è invece proprio quella di raccontare una storia, una storia in cui Godzilla c'è, si vede e si sente, con un bagaglio di potenza e ferocia che trasmette un senso di terrore puro. Però è una storia in cui ci sono anche le persone. Non carne da macello, non fastidiosi espertoni, soldati, tuttologi o quant'altro serva ad allungare il brodo e giustificare la sezione cast sulla pagina di Wikipedia. Persone disperate, traumatizzate da una guerra, la seconda mondiale, appena conclusa nel peggiore dei modi, addolorate da lutti, sensi di colpa, paura.

Ecco quindi l'empatia, questa (fin'ora) sconosciuta. Quella che ci fa tifare quasi sempre per chi con tracotanza cerca di sconfiggere gli dei, sfidando la sorte e il buon senso. Per chi lotta per la vita in un contesto in cui la vita stessa si scopre essere una cosa piccola e fragile, eppure così preziosa per i legami che si porta dietro e per chi quegli dei, alla fine, li sconfigge davvero.

Godzilla Minus One è la prova visiva che una scrittura solida, dei personaggi profondi e un mostro alto come una montagna possono convivere nello stesso film, e che, anzi, questa convivenza regala una sorta di dignità ad un genere, spesso anche giustamente, così bistrattato. Il tutto non rinunciando a trovate esagerate e fuori di testa come dinosauri che sputano raggi termici e trappole sottomarine ai limiti dei corti di Tom e Jerry.

La magia del cinema, signore e signori.