Da qualche tempo ho iniziato a collaborare con Takketto, scrivendo dei pezzi relativi al mondo del pallone a cadenza settimanale. È la prima volta, in tanti anni, che abbandono la mia confort zone – mi occupavo di ragionare esclusivamente sugli aspetti sociali e politici del mondo del pallone – per mettermi alla prova con un tipo di narrazione più lineare. Penso che sia una buona idea tenere insieme i vari pezzi qua sopra, come un vero a proprio log personale, appunto. In calce a ciascuno dei pezzi, metterò l'URL del profilo IG di Takketto dove i pezzi vengono pubblicati, e, se vi interessano, vi consiglio di andarli a vedere perché graficamente sono molto belli. Ecco a voi il primo

“Questo riguarda una questione personale”

Da quell’Italia-Macedonia del Nord del 24 Marzo 2022 a Macedonia del Nord-Italia del 9 Settembre 2023 saranno trascorsi – in termini cronologici – soltanto 18 mesi; in termini calcistici, invece, è passata un’eternità. La partita di Palermo ha segnato l’estremo dell’arco in cui la nazionale maschile di calcio italiana ha probabilmente toccato il punto più basso della sua storia, fallendo per la seconda volta consecutiva la qualificazione ai mondiali. L’altro estremo, invece, rappresenta la data della sua auspicata rinascita.

In mezzo è successo di tutto. Roberto Mancini ha dilapidato tutto il credito che aveva guadagnato trionfando all’Europeo. Lo ha fatto rimanendo alla guida tecnica della nazionale dopo la debacle con la Macedonia, e trasmettendo l’immagine di un selezionatore in confusione che, oltre ad aver smarrito l’intuito tecnico, ha anche imboccato una china scivolosa dal punto di vista della comunicazione. La scomparsa dell’amico e scudiero Luca Vialli è stata sicuramente un fattore che ha influito sulla deriva manciniana, che, tuttavia, poteva essere affrontata meglio se il tecnico di Jesi avesse deciso di rinunciare alla sua dimensione pubblica.

Nella “rivincita” di Skopje – che rinvicità non sarà perché la figuraccia di Palermo rimane inappellabile – ci sarà la prima assoluta dell’allenatore più diverso possibile dal Mancio: Luciano Spalletti. Il toscano arriva dalla stagione più esaltante della sua carriera e ha, immancabilmente, trasmesso il suo entusiasmo al depresso ambiente azzurro. Questo primo passo è stato una scarica di adrenalina necessaria alla selezione nazionale che si era totalmente smarrita tra convocazioni fantasiose, risultati sotto le aspettative e gioco molto noioso. All’allenatore campione d’Italia, però, questo non basterà: dovranno essere i risultati a restaurare il feeling perduto; la qualificazione all’europeo e, soprattutto, quella al mondiale non sono obiettivi che possono essere mancati, non di nuovo.

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