“Hai presente l’effetto che fa quando tiri un pomodoro maturo sul muro?”

Onestamente non avevo mai pensato di utilizzare questa metafora per descrivere uno dei gol più belli che mi sia mai capitato di vedere dal vivo. Eppure istintivamente, senza pensarci più di tanto, quest’immagine era quella che mi sembrava più adeguata per descrivere la palla che andava a concludere la propria traiettoria sulla rete di porta, più o meno in corrispondenza dell’incrocio dei pali, e cadeva a terra, come se qualcuno avesse aumentato la forza di gravità in corrispondenza della sfera proprio in quell’istante. D’altronde come altro si può descrivere una palla che viene colpita in maniera così secca e potente e che durante tutto il suo volo non ruota mai? Se avessi avuto nozioni di fisica avrei potuto utilizzare un riferimento alla quantità di moto, o a qualcosa di simile, ma non le ho, e quindi il pomodoro maturo che si schianta su un muro e precipita sul posto è l’analogia più utile.

Se avessi deciso di descrivere semplicemente i fatti, invece, le parole che avrei utilizzato per raccontare la rete sarebbero state più o meno queste: “c’era una palla in uscita da un calcio d’angolo; proveniva dal rinvio di pugno del portiere, oppure da una ribattuta di testa di un difensore, fatto sta che era partita alta e stava scendendo, piuttosto morbida, nei pressi della lunetta dell’area di rigore. A quel punto un ragazzo si è coordinato per la rovesciata e l’ha colpita perfettamente, mandandola sotto l’incrocio dei pali”.

Questa descrizione, però, sarebbe stata allo stesso tempo precisa e totalmente inutile, dato che nel momento preciso in cui questa sequenza si è conclusa, questi eventi scarni e asciutti hanno smesso di essere fatti e hanno cominciato a diventare immediatamente qualcos’altro, alterati dai meccanismi mentali che hanno costruito la percezione di chi ha assistito all’evento. Il campionato Amatori della UISP non ha telecamere che riprendono le partite della propria lega e quindi niente di ciò che avviene in campo può essere riprodotto. Ogni azione di gioco si esaurisce esattamente nel momento in cui è compiuta.

Eppure per decretare che quel gol aveva qualcosa di magico e speciale non serviva alcun replay al rallenty, né tantomeno un’inquadratura fissa sulla palla come in quelle clip che si fanno per aumentare lo stupore di chi guarda un passaggio di De Bruyne o un lancio di Szoboszlai.

Si è capito immediatamente che quella rete era speciale semplicemente perché le facce e gli sguardi di chi aveva avuto la fortuna di vedere il sangue di San Gennaro squagliarsi in diretta erano diversi da quelli di chi non aveva avuto la stessa sorte. E si badi bene che quest’ultima categoria raccoglie più persone di quanto non si immagini. Può capitare che chi sta sugli spalti di una partita del genere, infatti, si distragga di frequente. D’altronde c’è da cantare, saltellare, accendere torce, stappare delle birre e non tutti i momenti in campo sono catturati dall’attenzione dei presenti.

Le differenze tra il calcio dei campioni e quello degli amatori sono evidenti nel livello tecnico di chi gioca e nella possibilità di estendere una partita per molte più ore rispetto ai 90 minuti di gioco, ma certamente non nella capacità di emozionare chi lo guarda. Come sosteneva Galeano, la capacità del calcio di diventare liturgia risiede proprio in questa sua specialità: il più bello dei gesti atletici può accadere in una partita di qualsiasi livello. In un certo senso, telecamere e trofei hanno più a che fare con il marketing del calcio che con la sua bellezza e la sua capacità di emozionare.

Personalmente ho avuto la fortuna di guardare quel piccolo segmento di partita e di poterlo commentare con un amico che aveva avuto la stessa sorte. Immediatamente ci siamo voltati e ci siamo scambiati lo sguardo che restituiva la certezza di essere sullo stesso piano e di poter scambiare le nostre emozioni da pari. Questa persona, però, era un compagno di squadra dell’autore del gol e quindi aveva da offrirmi un’altra prospettiva, figlia di una conoscenza diretta personale, oltre che tecnica.

“Eh, Marco ce li ha sti colpi”, mi ha detto subito dopo, commentando la rete, come a testimoniare l’abilità – seppure in potenza – di Marco di fare le stesse cose di Cristiano Ronaldo o Carlo Parola, quelli che poi diventano immortali perché vanno a finire sulla copertina degli album Panini o nelle sigle di apertura dei programmi sulla Champions League. La differenza tra il gol di Marco e quello di Ronaldo è nel palcoscenico, non nella capacità di colpire chi guarda. E, infatti, in quella semplice frase del mio amico c’è tutta la potenza di quello che scriveva Galeano. Anche su un piccolo impianto sportivo di provincia, il giovedì sera, esiste qualcuno in grado di realizzare un gol così emozionale. Una rete capace di toglierti il fiato per un secondo e rimanerti impressa nella mente per molto tempo può essere segnata in qualsiasi contesto, anche se non esistono replay per solidificarla nelle memoria. Il bello è tutto qua: per raccontare queste reti non hai bisogno di uno stadio da 60mila persone né di videocamere ad alta definizione o video in slow motion; quello di cui hai bisogno è semplicemente aver visto Marco che si coordina per una rovesciata che va a finire in rete proprio come fa un pomodoro lanciato sul muro.