Il vecchio stadio Ali Sami Yen accoglieva le squadre in trasferta con una scritta rossa su uno striscione giallo che recitava “Welcome to hell”. La cosa più preoccupante di questo monito non era tanto il suo tono minaccioso, quanto la consapevolezza che quelle parole fossero effettivamente una dichiarazione di intenti.
Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni ‘10, infatti, andare a giocare contro il Galatasaray a Istanbul era un incubo: l’atmosfera creata dai tifosi di casa, combinata con l’esplosività in campo della squadra turca, dilatava il tempo, facendo sì che i 90 minuti di gioco diventassero interminabili per gli avversari del Gala. L’annata simbolo di quel periodo fu la stagione 1999/2000 quando i ragazzi di Fatih Terim arrivarono alla vittoria della Coppa Uefa dopo una cavalcata stupenda, fatta di partite epiche e rimonte straordinarie.
Da allora sono passati quasi 25 anni e moltissimo è cambiato. Per prima cosa, i giallorossi non giocano più le loro partite interne nello stesso impianto – l’Ali Sami Yen è stato demolito per far posto al famoso Gezi Park – e, soprattutto, il Galatasaray ha vissuto un periodo di crisi finanziaria terribile, al pari di tutta la società turca. Alla poco lungimirante gestione sportiva degli anni ‘10, infatti, è seguita la tremenda svalutazione finanziaria della lira turca della fine del decennio; la combinazione di questi due fattori ha reso il Gala l’ombra di quello che era.
Il ritorno in Champions League – martedì contro il København –, dunque, suona come la tromba che annuncia l’arrivo della cavalleria nei film western classici. Il cambio di rotta nella gestione sportiva, avvenuto negli ultimi anni, ha portato una vera e propria ventata di aria nuova e i vari Icardi – tornato a una seconda giovinezza – Ziyech, Mertens e Torreira sembrano avere tutte le intenzioni di rimanere nel calcio che conta, dove il Galatasaray è appena tornato.