Quello vinto dal Napoli nella stagione 2002/23 è stato uno degli scudetti più dominati dell’epoca recente. La banda di mister Spalletti ha, infatti, incantato i propri tifosi e gli appassionati di calcio neutrali per un’intera annata sportiva, dimostrando che vittorie e bel gioco possono andare di pari passo. Contestualmente, K'varatskhelia, Lobotka, Kim Min-jae e Osimhen si sono affermati come i migliori in Europa nel loro ruolo, oltre che irraggiungibili in Italia. Questo scudetto è stato talmente magnifico da inebriare la gente di Napoli in un godimento che non sembrava potesse avere fine.

Poi, però, come una sveglia stridula nel pieno di un bel sogno, è arrivata l’estate e con essa la fine delle certezze. Kim ha scelto di continuare la propria carriera a Monaco di Baviera e, soprattutto, Spalletti e De Laurentis hanno deciso di interrompere il percorso che avevano intrapreso insieme. L’arrivo di Rudi Garcia, da qualche tempo lontano dall’élite calcistica europea, sulla panchina napoletana sembrava aver sancito il definitivo ridimensionamento degli azzurri.

E, infatti, questo inizio di campionato tiepido e nevrotico ha confermato gli scetticismi estivi. La squadra sembrava aver perso smalto e brillantezza, i suoi alfieri nervosi e insofferenti al nuovo corso. Quando, alla quinta di campionato, un pareggio senza gol a Bologna era stato annunciato dal presidente come il punto di svolta della stagione, tutto pareva apparecchiato per una stagione mediocre.

Improvvisamente, però, tutto è cambiato: sono arrivate le convincenti vittorie con l’Udinese e Lecce, entrambe con 4 reti all’attivo e con un calcio spensierato e divertente che sembrava la fotocopia di quello spallettiano. Tutto d’un tratto la squadra sembra aver ritrovato sé stessa, i suoi interpreti di nuovo felici sul campo da gioco. Adesso, forse possiamo dire che il Napoli ci ha messo alcune settimane per ritrovare la propria identità e tornare in sé; gli azzurri non sembrano voler mollare tanto facilmente lo scudetto che hanno sul petto.