In memoria di una piccola mosca
Dalla finestra aperta sei entrata stamattina piccola mosca, e mi ronzavi intorno. Ogni tanto ti sentivo sulle gambe o sulla testa camminare con le tue leggerissime zampette e quasi picchiettavi sui miei pensieri gravi. Oh, piccola mosca, perché hai deciso di farmi compagnia? Sarebbe stato meglio per te ronzare sui tetti e sui balconi, visitare i davanzali delle finestre che già odoravano di cibo buono. Eppure sei venuta da me e la mia malinconia non ti ha potuto perdonare. Con un vecchio giornale arrotolato ti ho colpito, ma non era abbastanza ferma la mia mano, ancora ti agitavi e sentivo disperato il tuo “bzzzz” mentre tentavi invano di volare. Come un lampo è sceso il secondo colpo, e non ti sei più mossa. Ho raccolto il tuo corpicino e con un peso sul cuore al di là del balcone l'ho gettato sulla strada. “Ho fatto ciò che andava fatto” Ma non mi davo pace.
Quando qualche ora più tardi ho visto un corpo senza vita che giaceva nella bara ho pensato a te, piccola mosca. “Come siamo simili io e te” avrei voluto dirti, e avrei voluto chiamarti sorella, assieme a tutte le creature che passano su questa terra. Eppure, forse, la tua fine fu più bella. Non verrai sigillata in una scatola per essere inghiottita dalla terra, ma ti ha accolto il giorno che risplende portata via dal vento, e senza nome, né fotografia sei adesso indistinguibile tra tutte le cose che sono e che saranno. Potessi raggiungerti così, piccola mosca, amica, sorella mia, potessi anche io smarrire il nome e le sembianze, quando sarà l'ora.