Albero-luna

Questa sarà una condivisione probabilmente disordinata

Quando andavo alle medie coniai il termine “albero-luna” per definire il mio rifugio mentale, un luogo un po' come i palazzi della memoria, il mio angolo di solitudine protetta.

Da un bel po' non riesco a tornare all'albero-luna. È un bene per molti versi, visto che da lì poi partivo nei miei lunghi viaggi dissociativi, ma da un lato mi manca. Ora come ora la solitudine sa di angoscia, di pensieri intrusivi e sensazioni pungenti. Per tornare all'albero-luna forse dovrei mettermi in cuffia “The Piper at the Gates of Dawn” o “The End” in loop, magari dopo aver mangiato del cioccolato fondente e provando a disegnare o a scrivere versi nel mentre. Forse sono i farmaci che mi tengono coi piedi ancorati nella terra invece che lasciarmi fluttuare su un albero privo di radici. Forse per questa novità è scomodo stare.

Mi guardo dentro e mi trovo stritolato dai sensi di colpa. Perché non sono felice? Cosa c'è di sbagliato in me? Sono soddisfatto della vita che sto facendo, quindi perché non riesco a godermela? E poi arrivano come frecce i pensieri intrusivi, pensieri violenti e anticonservativi che non starò a riportare. L'immagine è quella di una sorta di San Sebastiano trans, stritolato dal serpente e trafitto da innumerevoli frecce mentre guarda il cielo cercando risposte. Le immagini cristiane si prestano sempre bene a descrivere i miei stati angosciosi, d'altronde si tratta dell'iconografia di una religione decadente e devota al dolore.

“Tu non soffri di depressione, ne ho viste tante e tu non ce l'hai” mi fu detto una volta dopo aver condiviso la mezza diagnosi del mio psichiatra con un mentore. Questa frase mi segna in modo incredibile. La rabbia con cui mi ci ribello quando passo ore e ore bloccato a letto a dormire, o quando non riesco a lavarmi i denti per giorni, o quando rimando infinitamente una doccia perché è troppo faticoso; il rammarico con cui ci ripenso quando invece sto bene, perché dovrei stare peggio, dovrei avere segni più evidenti, non posso mascherare così tanto, forse dovrei tentare questo o quell'altro metodo autolesionista; e poi il costante desiderio misto a timore di un nuovo ricovero, perché forse questa volta potranno aiutarmi davvero, potrebbe essere l'occasione per avere delle risposte più chiare, però dovrei saltare x lavori e forse è meglio tenere botta, resistere ancora un po', rimandare a quando davvero non ce la farò più... Menomale che domani vedo lo psichiatra, dai.