Voglio condividere un discorso che ho scritto in occasione del TDOR (Trans day of remembrance) di quest'anno.

Essere una persona trans non è una tragedia. C'è molta gioia e vita nell'autodeterminazione, nell'esplorare la propria espressività fuori dal binarismo di genere cis-normativo, nell'orgogliosa scoperta del proprio benessere in un mondo che ci vuole alla meglio invisibilǝ, alla peggio mortǝ. La nostra morte, i nostri omicidi sono la vera tragedia. La pornografia del dolore con la quale i media narrano la nostra vita serve da diversivo e da distrazione contro le centinaia di omicidi di stato che annualmente decimano la comunità trans mondiale. Sono omicidi di stato perché un paese che pretende la medicalizzazione forzata, impedisce l'autodeterminazione e ostacola attivamente la rettifica anagrafica è un paese che vuole schiacciare le nostre identità trans. La stessa violenza che vuole ostacolare e annullare le persone trans è il naturale prodotto della società patriarcale in cui viviamo: una società che continua a crescere uomini che considerano le donne come una loro proprietà, a cui possono riservarsi di togliere la vita quando smettono di essere vittime sottomesse come un bambino che rompe un giocattolo che non vuole più. Perché tanto è suo e può farci quello che vuole. La cultura etero-patriarcale che vuole che gli uomini siano forti e dominanti, che incoraggia un'espressione malsana della propria emotività e il rifiuto della propria responsabilità affettiva, è la stessa cultura che impone un rigido binarismo di genere al di fuori del quale viene punita l'esistenza. Mantenere rigide e apparentemente inviolabili le norme di genere è il meccanismo che auto-alimenta il patriarcato. Alla base della transfobia, così come dell'omofobia, c'è una fortissima misoginia. Questo è dimostrato dal fatto che la stragrande maggioranza dei transicidi vede vittime donne trans e persone transfem, mentre invece alle persone non-binarie e agli uomini trans è spesso riservata l'invisibilità e l'infantilizzazione. Perché in questa logica patriarcale, se è incomprensibile e punibile con la morte che (con moltissime virgolette) “un uomo voglia diventare donna”, è un po' più accettabile che (sempre con tantissime virgolette) “una donna voglia diventare uomo”- perché “poverina, lasciatela giocare a fare l'uomo finché è giovane e confusa, poi si troverà un buon marito e le passerà”. In ogni caso è compito dell'uomo etero-cis, eroe pieno di macchie del nostro mondo, rimettere a posto “le donne” e proteggere i bambini dalla possibilità di un mondo migliore in cui siano felici di essere loro stessi, in modo da ristabilire le santissime gerarchie che conservano il potere patriarcale.

Come dicevo, la vita di una persona trans non è di per sé una tragedia. Ma è una costante lotta per la sopravvivenza. Una costante lotta per la libertà. Noi persone trans siamo uguali e diverse da voi persone cis. Ma, come voi, PRETENDIAMO: – di esercitare il nostro diritto all'autodeterminazione, – di essere liberǝ di ricevere le cure necessarie al nostro benessere psico-fisico senza essere costantemente discriminatǝ sulla base del nostro genere, – di poter partecipare ai differenti aspetti della vita pubblica e civile senza doverci nascondere nel passing o “tornando nell'armadio” per la nostra sicurezza, – di non essere criminalizzatǝ o medicalizzatǝ per la nostra identità, – di essere effettivamente tutelatǝ contro la discriminazione attraverso una legge sull'omo-lesbo-bi-transfobia, – di essere riconosciutǝ e rispettatǝ come persone.