La casa sulla ferrovia – Capitolo 2

La casa sulla ferrovia

Seguii la istruzioni ed arrivai ad una piccola villa poco sopra la ferrovia. Mi avvicinai al campanello, il nome era cancellato, suonai con forza. Una voce stridula chiese chi fossi. Risposi che volevo affittare una stanza e che mi mandava la famiglia del Bar. Il cancello si aprì. All’interno il piccolo giardino pieno di fiori ricordava quello dei cottage inglesi. Due figure mi vennero incontro. Entrambe con i capelli corti e grigi, la faccia piena di rughe da sembrare una ragnatela, ma un sorriso che scioglieva il cuore. Erano due gocce d’acqua. L’unica cosa che le distingueva è che una di loro aveva in piccolo neo sotto la guancia sinistra. Mi presentai come Ben, il mio nome intero non mi piaceva e ci ho messo un po’ ad apprezzarlo, forse perché non mi sentivo me stesso a quell’epoca.
-Buongiorno. Lei è molto fortunato si è appena liberata una stanza. Se vuole gliela mostro. Le seguì all’interno del piccolo giardino, entrando sentì un profumo di cibo misto all’odore di pulito. Una delle due signore mi fece vedere la sala da pranzo. -A volte con gli ospiti mangiamo tutti insieme, mia sorella esagera sempre con le porzioni. -Sei tu che fai troppa spesa. Rispose l’altra dietro di me. Sorrisi. Salimmo le scale e dopo qualche porta ci fermammo. -Ecco qui, la stanza numero cinque. Girò la chiave nella serratura e l’aprì. Era una piccola stanza con al fondo un grande finestra, una scrivania sul lato del muro, un letto a soppalco, un armadio e un piccolo cucinino. -Quella piccola porta porta ad un piccolo bagno con una doccia. L’affitto è di cento euro al mese. Spese comprese, ovviamente non abbiamo il Wai fai. -Non c’è problema, non lo avevo neppure prima. -Quindi la prende? Il primo mese chiediamo l’anticipo. Mi si strinse lo stomaco, stavo per dire qualcosa quando la donna si mise a ridere dicendomi che stava scherzando. Uscì dalla porta e mi disse che alla otto ci sarebbe stata una cena comune e che io ero invitato. Le ringraziai e tolsi i miei pochi oggetti che possedevo dallo zaino. Controllai che la macchina fotografica non fosse bagnata, per fortuna non lo era. L’appoggiai sulla scrivania e misi ad asciugare i vestiti che avevo addosso nel bagno, poi mi sedetti e guardai fuori dalla finestra, il sole stava facendo capolino tra le nuvole.
Un fischio. Un treno sfrecciò facendo vibrare i vetri della finestra, sembrava di essere sul binario. -Ora capisco perché costa così poco qui. Pensai sorridendo. Controllai i miei programmi sull’agenda il primo lavoro l’avrei avuto tra un settimana, speravo che mi pagassero abbastanza da permettermi qualche sfizio oltre che l’affitto della stanza e la spesa. Sospirai e aspettai l’inizio della cena tra i miei pensieri. Quando fu l’ora mi presentai nel salone da pranzo, quattro persone erano già sedute al tavolo che mi guardarono in contemporanea. Le due zie accorsero in aiuto dietro di me. -Lui è Ben, il nuovo ospite della stanza cinque. -Buonasera a tutti. Dissi con un filo di voce, non ero mai stato a mio agio con le presentazioni. Mi sedetti vicino ad una ragazza molto bella, aveva capelli color fieno e labbra rosse come ciliegie, i suoi occhi blu indagarono il mio animo, sembrava uscita da una pubblicità. -Io sono Giorgia, piacere. Disse mentre mi porgeva la mano, me la strinse con forza. -Il ragazzo davanti a me aveva i capelli corti a spazzola, una camicia di Jeans e due orecchini. La cosa che mi colpì fu la sigaretta spenta tra le labbra. -Giorgia, lui ti va bene? sembra meno pezzente di noi, magari è al tuo livello. Disse ridendo. Lei rispose alzando gli occhi al cielo. -Io sono Alex, Alex dei Manfolk, ovviamente ci avrai sentiti suonare al miglio rosso o alla taverna dei dieci barili. Disse con una luce negli occhi, sembrava cercasse conferma della fama della sua band. -Nell’ultimo periodo non ho frequentato pub, mi spiace. La sua luce si spense di interesse. -Beh dovresti venirci a sentire una volta, siamo come una droga, una volta che ci ascolti non puoi farne a meno. Le zie cominciarono a distribuire il cibo, un profumo di carne mi inebriò le narici. Stavo per prendere una forchettata di quei spaghetti quando una vocina stridula mi fermò. -Prima facciamo una foto! Nuovo ospite, nuovo selfie a tavola. Disse la ragazza che non avrà avuto più di diciannove anni seduta al fondo della tavolata. -Dai Francesca, non possiamo mangiare subito? Io ho fame! Disse Alex. Anche gli altri seduti al tavolo sbuffarono, ma alla fine acconsentirono alla richiesta. La ragazza prese il cellulare e scattò la foto. La guardò soddisfatta e si mise a mangiare. Le due zie, ancora non avevo capito il loro nome, continuavano a mettere cibo sulla tavola, sembrava natale in anticipo. Tutti mangiavamo avidamente mentre Giorgia e Alex si stuzzicavano parlando di vestiti. Erano su due mondi opposti. Francesca durante il dolce mi si avvicinò e cominciò a farmi domande sulla mia vita personale, non ero contento di rispondere, ma feci l’uomo educato e risposi a tutto. L’unica persona che non parlava era un ragazzo al fondo del tavolo vicino alle zie. Guardava fisso sul piatto parlando a monosillabi. Nessuno sembrava farci caso. Non ci pensai più per il resto della cena. Quando fu il momento di sparecchiare il misterioso ragazzo scomparve dalla mia vista. Le zie si diressero verso un altro salone e una delle due accese la Tv.
Giorgia disse che avrebbe lavato lei i piatti perché Alex ieri sera li aveva lasciati tutti unti. Lui di risposta sbuffò dicendo che sua maestà può lavarli tutte le sere se non gli piace come lavano gli altri. -Vorrà dire che li asciugherò con un panno di seta. Continuò facendo un inchino. Senza dargli una risposta lei si diresse verso la cucina. Io diedi una mano a Francesca a pulire e a sparecchiare. -Non ti preoccupare di quei due, fanno sempre così, ma non ammetteranno mai che si stanno simpatici.

Ben

Puoi scrivermi un tuo commento o consigli qui Oppure sul profilo di mastodon Puoi vedere altra mia creatività qui ©