Diario Segreto: Perché si scrive?

Piccola storia sulla scrittura

Buongiorno a tutti! Sono Alessia e questo è il mio primo articolo su LOG e, guarda caso, sarà sulla comunicazione scritta. Mi piacciono molto le storie e di conseguenza ogni tanto scrivo, ogni tanto revisiono testi in qualità di editor o beta reader. Detto questo, voglio porvi una domanda: perché, a un certo punto della nostra vita, sentiamo questo bisogno irreprensibile di scrivere? Sì, non capita a tutti, ma se siete qui è perché almeno una volta è successo.

La risposta solita al quesito è un’elencazione di motivazioni poetiche (spesso anche abbastanza banalotte), ma in questo articolo eviterò le spiegazioni più esoteriche (che rispondono alla domanda: “perché tu scrivi?”) e mi dedicherò a quelle più psicologiche (“perché si scrive?”). Tenete sempre presente che il discorso è molto più complesso di così e dovete prendere per buono quanto vi sto per dire, che non è altro che la somma di studi, letture, lezioni seguite… se siete interessati a un discorso nello specifico, fatemelo sapere. Se voleste approfondire, vi metto in calce anche una piccola bibliografia.

Perché si scrive?

La risposta è molto più semplice di quello che pensiamo: si scrive per comunicare. Ed è proprio della scrittura che parlerò: quindi per ora scordatevi la non verbale. La comunicazione, di per sé si suddivide in due tipi: • Passiva: sto starnutendo, gli altri capiscono che sto male. • Attiva: sto starnutendo, lo faccio per indicare sarcasticamente che sono allergica a una battuta.

Per quanto in narrativa la passiva sia fondamentale, a noi per ora interessa l’attiva. La prima forma effettiva di comunicazione attiva è il pianto: è la prima cosa che facciamo quando nasciamo. Abbiamo freddo, siamo inermi, abbiamo bisogno della mamma perché senza moriamo. Qui entra in gioco la piramide dei bisogni di Maslow.

Piramide Immagine da Wikipedia. La piramide si è modificata nel corso del tempo, al momento questa può bastare.

Il metodo più veloce che l’uomo ha trovato per risolvere il bisogno e salire nella piramide è comunicare attivamente con il parlato (lingua, versi…). I primi esempi di scrittura che abbiamo sono legati all’economia domestica: come faccio a ricordarmi quante pecore ho? O in quale recinto stanno? Le scrivo in una tabellina per razionalizzare. Saltiamo tutta l’evoluzione della scrittura e del linguaggio per arrivare rapidamente ai giorni nostri. Oggi sappiamo che scrivere di getto è estremamente terapeutico; questa modalità non serve a comunicare attivamente con gli altri, ma per comprendere e dare un senso al momento che stiamo vivendo. Quando l’aver razionalizzato il bisogno si traduce nel desiderio di trasmettere un messaggio e rendere partecipi gli altri, allora abbiamo la comunicazione attiva. Per farla breve: prima devo capire che ho fame, poi posso ordinare un panino al bar. Quindi prima do un nome alla sensazione che voglio trasmettere, poi la comunico.

Chiarito questo, passiamo a un po’ di teoria più pratica. Dalla prima tabellina sumera con le pecore del recinto a oggi, la comunicazione si è evoluta moltissimo. Dacché avevamo un solo mezzo di comunicazione (le tavolette di argilla), gradualmente abbiamo aumentato le nostre possibilità: i rotoli di pergamena, la carta, i libri, le cartoline, le lettere… fino ad arrivare al giorno d’oggi con i blog, i social, la tv… Dal 1900 in poi, con lo sviluppo di scienze quali antropologia e sociologia, si sono sviluppati anche gli studi sulla comunicazione[^1] e si è scoperto che non tutti i popoli comunicano allo stesso modo. E neanche all’interno di una stessa etnia si comunica allo stesso modo. Che si fa, allora? Ci si pone l’obiettivo, assurdo, di trovare un modo per comunicare a tutti. Toglietevelo dalla testa, non è possibile.

Questo proprio in virtù di quanto detto prima, già che si scrive in una lingua precisa, non stiamo scrivendo per tutti.

Tenete bene in mente questo schema[^2]:

Emittente > Messaggio e medium > Ricevente

Per comunicare abbiamo bisogno di queste tre cose, senza non ci riusciamo. Del resto comunicare significata letteralmente “mettere in comune”. • Emittente: in una comunicazione dal vivo, abbiamo tanti elementi a nostro vantaggio, ma con lo scritto ne abbiamo solo uno. Le parole. • Messaggio e medium: è composto da più elementi. Il messaggio in particolare necessita di un discorso a parte. • Ricevente: può essere una persona, un gruppo, gente che non sappiamo chi è…

Qualche consiglio: • La scrittura attiva non è mai di getto, neanche la prima bozza è di getto. • Quando scrivete, tenete sempre bene in mente per chi state scrivendo e che non sia “me stesso”. Meglio pensarlo come a uno che ha i vostri stessi gusti piuttosto. Umberto Eco lo chiama “lettore ideale”, che in pratica significa che una persona che sta vivendo un lutto è mediamente meno improntata a leggere un testo comico (eccezioni a parte). • Scegliere il ricevente aiuta a capire che lessico e che registro linguistico usare. • Figure retoriche: sono l’arma dello scrittore. Imparate a usarle e a evitare le metafore pigre: “nero come la pece”. • Messaggio: ora, giunto a questo punto di norma la risposta è “ma io non sono nessuno per insegnare” e avete ragione, non è necessario che la scrittura sia didascalica. Questo punto lo approfondisco sotto. • Correzione grammaticale, sintattica e logica: Un errore ogni tanto ci può stare, ma è fondamentale per comunicare correttamente il nostro pensiero. Questo perché, se una parola ha un significato ma lo scrittore la usa in altro modo, rischiamo di avere il messaggio stravolto (controllare sempre il dizionario). Non siamo colpevoli di cosa capisce il lettore solo se noi in primis abbiamo usato bene i nostri strumenti: le parole.

Cos’è il messaggio?

Non è una morale, non è un insegnamento, non è una lezioncina o un segreto mistico. Il messaggio è il vostro bisogno di scrivere. Esempio: • La solitudine non è sempre negativa. Se siete delle persone introverse, troverete piacevole passare molto tempo con voi stesse. Quindi il messaggio che volete far passare è semplicemente il relax che si prova nella riflessione. Una storia non ha solo un messaggio, ne ha tanti, spesso inseriti inconsciamente, ma sceglierne uno nello specifico vi aiuterà a indirizzare la vostra scrittura. Negli articoli divulgativi è più facile, nella narrativa può essere estremamente complicato. È anche chiamata “tematica”, da non confondere con “tema”.

Il messaggio di questo articolo? • Aiutare a far chiarezza su alcune dinamiche della comunicazione.

Detto questo, ultimi punti: • La scrittura usa sempre le stesse tecniche, ma sono usate in modo diverso se state scrivendo narrativa o saggistica. • Lo stile varia in base al genere scelto, i generi non sono ciò che pensate (vi lascio con una domanda: dopo aver letto tutto l’articolo, avete capito cos’è un genere?) • La scelta di un lettore ideale serve per capire quali informazioni dare, quale stile adottare e quale messaggio trasmettere.

Consigli di lettura

Qualunque manuale di psicologia generale o della comunicazione. Capire come funziona la mente umana aiuta molto a comprendere la comunicazione. Nello specifico, per un esame ho studiato su:

Psicologia generale di Luigi Anolli e Paolo Legrenzi. Ma qualunque testo di psicologia generale che abbia un capitolo sulla comunicazione andrà bene.

Lector in Fabula di Umberto Eco. Invece di consigliarvi i soliti noti sulla narratologia, io vi consiglio un saggio sulla semiotica (occhio che è tosto).

Per la narrativa: • Sei passeggiate nei boschi narrativi di Umberto Eco, magari partite da questo piuttosto che da Lector.

In futuro, ho intenzione di approfondire questo: • Fondamenti di psicologia della comunicazione di Luigi Anioli • Story di Robert McKee

Articolo realizzato per LOG da Alessia


[^1]: Questi studi prendono successivamente il nome di “narratologia” attorno agli anni ‘70, ma non fate l’errori di molti. Per quanto io stessa ami narratologia, si tratta di una scienza che analizza le storie per trovarne i punti in comune, non il contrario. Non detta leggi immutabili: per fortuna non esiste un “OMS” della scrittura e dell’arte. [^2]: È una semplificazione del modello di Shannon-Weaver.