Amicizia e bocciature ai tempi del C64
Mi è capitato di fare le medie ai tempi del C64, quando ancora costava parecchio (sulle 400.000 lire scarse), pur non essendo più una roba esclusivamente da ricchi; per la mia famiglia, per tutti quelli che conoscevo, quella era una grossa somma.
Mi comprarono il C64C, nel 1987, solo in seguito a una piccola vincita al lotto, lo prendemmo in un negozio di elettronica alle spalle della Ferrovia, assieme a un orologio della Inno-Hit, questa fusione italo-giapponese tra Elektromarket Innovazione e la Hitachi. 370.000 lire il Commodore, 18.000 l'orologio che , imperterrito, come se il passaggio di alcune decine di anni non lo riguardasse, impegnatissimo contare i secondi, ancora svetta in cucina. Del C64C, invece, mi è rimasto solo il manuale. In olandese. Ah, pure una montagna di ricordi.
Il primo giorno alle medie, l'incontro coi ripetenti incalliti, i cosiddetti asini. Gente di 13, 14 anni arenatasi al primo anno in quella che era la scuola più severa ed efficace della cittadina; nelle altre, unico requisito per la promozione sembrava essere la fedina penale pulita. Non essersi mai fatti beccare, almeno. Io piccolino, come son sempre stato, primo della classe, come son sempre stato (non che ciò mi abbia reso migliore di chiunque altro o assicurato chissà quale carriera: attualmente, sono un disoccupato tra milioni, dai risultati scolasti estremamente variegati, immagino). Loro grossi nel fisico e nell'età anagrafica, sembravano ormai straripare da quei banchetti, decisi a restarci per chissà quanti anni ancora. Gli asini. Finché i genitori non li avessero strappati alla scuola e catapultati nel magico mondo del lavoro manuale.
Come detto, a scuola andavo forte, ero tranquillo e tutto quanto, ma ben lungi dall'essere il tipico secchione con gli occhiali (quelli sarebbero venuti dopo), sempre chino sui libri, coi pensieri sempre rivolti al rendimento scolastico. Rettifico: chino sui libri sì, leggevo le enciclopedie come fossero romanzi, dalla prima pagina all'ultima, per poi passare al volume successivo, ma era per curiosità. La scuola, però, personalmente iniziava con una campanella e finiva con un'altra campanella.
Feci amicizia con questi asini che, a quanto pare, erano stati accuratamente evitati dai secchioni degli anni precedenti. Il pomeriggio, andavo a studiare a casa loro; case generalmente povere, come la mia, anche di più. Non conosco il vostro tenore di vita, ma vi ricordate le case di quando si viveva meglio? Non c'era praticamente nulla, a parte il necessario alla sopravvivenza. Neanche i ventilatori, d'estate si moriva di caldo e basta. Neanche i colori nel televisore: ho visto tutti i cartoni della mia infanzia in bianco e nero, pure il mio C64C, figlio di un terno al lotto, era attaccato a una robaccia in bianco e nero, un televisore antico con l'antenna dritta e l'antenna tonda. Prima, però, potevamo permetterci la villeggiatura, mica come ora; prima sì che si era ricchi.
I loro genitori, le mamme in particolare, visto che i padri li si vedeva poco perché ancora a lavoro, sulle prime si stupivano: ma come, il primo della classe che viene in questa casetta buia e umida, a studiare con quell'asino di mio figlio? Non me ne rendevo conto, all'epoca: oggi, questa cosa mi fa star male, non dovrebbe essere così, mai. Vedevo la gioia nei loro occhi e la sentivo nelle loro voci, perché? Che stava accadendo di strano, qualcuno mi nascondeva qualcosa?
Altro che asini, i loro figli: erano ragazzi intelligenti e curiosi come molti altri, avevano solo bisogno di essere coinvolti, di non finire ai margini. Il pomeriggio, ripeto, andavo da loro e si studiava: non troppo, non poco. Il giusto. Chiusa la parentesi scolastica quotidiana, quelle mamme si addolcivano e ci spalacavano le porte dei videogiochi, si smettevano i panni di studenti e si indossavano quelli di ragazzini.
Una giusta dose di C64/C16/Vic-20, alcune raccolte in cassettine delle edicole, perché non ero il solo ad avere un computer “per studiare”, ovviamente: terno al lotto o meno, tutti i bravi genitori facevano i salti mortali per i figli. Si guardava Ken il guerriero, probabilmente una replica della replica. Dopo, si usciva, quei pomeriggi sembravano non finire mai. Una capatina in sala giochi, 200 lire in tre o quattro, qualche calcio a un Super Santos storto (quasi un pallone da rugby) in una stradina qualsiasi, le macchine non erano onnipresenti come oggi e la gente, a riguardo, era più elastica: bastava che il pallone non finisse in un vetro e non si facesse troppo schiamazzo, anche loro avevano figli intenti a giocare a pallone nelle traverse degli altri.
Intanto, gli ex asini si erano presto integrati con tutta la scolaresca, ormai un gruppo, non un “noi” e un “loro”, chiudendo una volta per tutte con le bocciature, superando il triennio grazie a quel poco che era mancato prima.
Quei pomeriggi me li ricordo ancora, mi fanno star bene ancora oggi. L'unica fiaba a lieto fine della mia vita. Sono anni che non vedo più i miei amici delle medie, non li vedrò più di sicuro, ora che vivo in un'altra regione. Spero che si ricordino anche loro di quei pomeriggi.