Camminando


Riciclo uno scritto molto vecchio.

Tornando verso casa da C., percorro a ritroso via N. S. e non è altro che un viaggio nel tempo, quasi ordinato in maniera discendente. Quasi, perchè certe stazioni sono messe alla rinfusa. La strada è sempre scassata: una sequela di buche, alcune rammendate a suon di toppe di colori sbagliati. Asfalto cicatrizzato male. Chiara metafora della vita, solo che nessuno ha il buon senso o la pietà di ricoprirti d'asfalto: qualche legge ingiusta lo proibisce e la gente le rispetta sempre, quelle ingiuste.

C'è un fruttivendolo, tanti anni fa apparteneva a tale A., il fratello di M.: il nostro barista storico. Una volta ci facemmo dare una grossa anguria sull'orlo della decomposizione: dovevamo farla esplodere per studiare gli effetti speciali del nostro film di zombi. Quello iniziato nel '96 e abbandonato pochi anni fa. Prendemmo la poderosa anguria e ce ne andammo sullo svincolo, allora in costruzione, della superstrada fuori paese. All'epoca avevo ancora l'auto e i capelli sulla sommità del capo. La imbottimmo di petardi e liquido infiammabile (l'anguria, non l'auto) e poi ci piazzammo lontano, telecamera con zoom al massimo come se a esplodere fosse stato un missile nucleare in un vecchio silo abbandonato alla fine della guerra fredda. Quel filmato è andato perso, quella telecamera venduta perchè mi servivano i soldi per pagare una rata di Equitalia prima dell'avvento di Equitalia. Il nastro (era su mini-dv) non so che fine abbia fatto, ma i fotogrammi ce li abbiamo ancora tutti stampati in testa.

Segue il minimarket, era di F. e ci lavorava il mio amico A.: che tarantelle, in quel minimarket. Era uno di quei periodi in cui me ne vado da lavoro perchè litigo col titolare, la mattina spesso andavo a perderci il tempo (e sì, anche a farci qualche spicciolo coi cd masterizzati). La signora che voleva la mortadella tagliata “a ditalini” e noi a mascherare la risata come potevamo. Le ragazzette che uscivano da scuola e venivano a farsi un panino, chiedevano qualcosa a caso di leggero e l'amico mio proponeva “Ciccioli e ricotta?” Poi, F. steso lungo lungo sotto il bancone, per non farsi vedere da un tizio a cui doveva dei soldi. Lui, F., alto quasi due metri, massiccio, col camice bianco sul pavimento marrone: roba da far invidia a un camaleonte con la mimetica. Il piano era di starsene buttato lì sotto finchè il creditore non se ne andava. Io dovevo fare il vago, dire che era uscito per un'emergenza. Tutto molto credibile, una salumeria abbandonata al primo che passava. Inutile dire che la cosa finì in farsa. Il tizio va a controllare il bancone, scorgendo un energumeno che finge una morte apparente. – F., e che ci fai qua a terra? – Uè, ciao... sto controllando un neon.

Poi, il parco dove abitava un mio vecchio amico delle medie, G.: l'unico più piccoletto di me in classe, il che è tutto dire. All'epoca ero alto quanto Shirley Temple prima che iniziasse a far propaganda per Roosevelt e tenevo dei ciottoli in tasca per non spiccare il volo dopo aver starnutito. Aveva l'Atari 2600, all'epoca. Sessioni multiplayer furiose e infinite di Pacman, la console che brillava di luce propria per il calore generato e dovevamo giocarci vestiti da vulcanologi. Comunque. Una volta stavamo giù, lui annaffiava le aiuole. Passa un'idiota in macchina e ci spruzza col getto del lava cristalli. Ride, l'idioda. Ride col finestrino aperto. L'amico mio, direzionando sapientemente la canna dell'acqua, pulisce l'interno della macchina, con lui dentro. Ridi in faccia a questa canna, ora.

A seguire, alla fine di una lunga traversa senza uscita, abitava L., un'amica mia delle superiori. Sì, a un osservatore acuto sembrerà impossibile, ma ho avuto paio di amiche anche io. Una volta siam stati pure a giocare a biliardino da R., e quasi un quarto di secolo fa, dalle mie parti, sicuramente le presenze femminili in sala giochi avevano un sapore alieno. Poi hanno risolto chiudendo le sale. Comunque ora sarà sposata, avrà figli.

Qualche centinaio di metri dopo, l'uscita posteriore della scuola dove ho fatto le elementari, dalle monache di merda. Il cancello che dava sul cortile, avrebbero potuto farci giocare ma no: serviva solo a farci le foto ogni anni. Cinque anni di monache possono trasformare il più pio dei devoti nel gestore della pagina ufficiale di Satana su FB.

A un paio di traverse, la casa del mio amico G., detto P.: lui meriterebbe un capitolo a parte. Ricordiamo solo le sessioni di Nintendo 64 nello scantinato, con un tasso di umidità amazzonico. La cucina con le ante dei mobili legate con lo spago, altrimenti la mamma buttava dal balcone i pacchi di lenticchie e legumi vari. True story. Quella stessa mamma che voleva farci mangiare la mozzarella alle 5 del mattino, mentre giocavamo a Resident Evil: The Umbrella Chronicles, su Wii.

E siamo arrivati alla fine della camminata, all'angolo c'è una pizzeria. La cosa sicura è che c'è sempre pizzeria: è sulla gestione che regna il caos. Anni fa, quando addirittura uscivo di casa, a volte al sabato andavamo in quella pizzeria a fare gli idioti e, praticamente, ogni due o tre settimane c'era una gestione diversa. Ora è da qualche anno che si son stabilizzati. O, semplicemente, neanche si curano più di cambiare le insegne. Una volta in particolare, tanti anni fa, c'eravamo praticamente tutti ed eravamo i soli avventori del locale (il fatto che fossimo gli unici clienti forse spiegava certe cose). Quante stupidaggini e quante risate... roba da vomitare quel che avevamo mangiato, ma tra le lacrime. Quella sera è come la foto ne “Gli Intoccabili”. Nessuno di noi è stato sparato o ha incastrato Al Capone, ma tante cose sono successe da allora. Chi ha fatto carriera nell'Esercito su al Nord, chi lavora fuori. Chi è finito nell'abbraccio da filo spinato della tossicodipendenza, uscendone in qualche modo. Chi è sposato, ha un paio di figli. Chi ha mostrato quell'anima nera che grava sugli italiani, quasi tutti. E tutti loro, in misura variabile, abbindolati dalla stupidità del populismo. E il qui presente, che scrisse questa cosa una domenica sera, con un peso sullo stomaco che metterebbe in crisi una gru a granchio.