Cosa è un estraneo, chi è lo sconosciuto vero?
Non lo so, non lo so più. Generalmente, potrebbe essere una persona che non abbiamo mai incontrato, che non abbiamo mai potuto toccare fisicamente: non mi piace toccare la gente ed essere toccato, è il concetto. Qualcuno con cui non abbiamo mai scambiato una parola, un estraneo.
Potremmo allargare la definizione anche a persone conosciute astrattamente: gente in qualche modo famosa, idealmente avvicinata da uno scambio di battute a distanza, incorporee. Loro da una parte, noi dall'altra e in mezzo qualche chiacchiera. Da estranei.
Per contro, chi sarebbe un amico, un conoscente, un parente? Qualcuno a cui dovremmo esser legati da un vincolo di amicizia, sangue, da un rapporto professionale, chissà. Ebbene, quanto sappiamo davvero di queste persone? Poco, preferibilmente, perché a conoscer troppo a fondo la gente si finisce con l'accumulare delusioni su delusioni. O troppo, e in quel caso è già tardi.
Mi è capitato con gli amici di una vita. Meglio sarebbe stato limitarsi alla superficialità, a uno stato di conoscenza controllata, leggera. Amici sì, ma fino a un certo punto. I parenti, poi, neanche li scegli.
Qualche giorno, prima di scrivere questo testo, ho avuto un breve scambio di battute, in chat, con una persona che dovrebbe essere sconosciuta, estranea, secondo quanto scritto all'inizio. Invece, non che ne avessi dubbi, questa persona si è confermata (non che ce ne fosse il bisogno) limpida, coerente, integra, in una chat privata esattamente come nella sua persona, intesa come immagine, pubblica.
Ho risuonato con questa persona “sconosciuta” più che con gente che conosco da 500 anni. Ho pensato che da grande vorrei essere così, anche se è già tardi per essere grande. Ho pensato ai rapporti che instauriamo, o dovremmo, con gli sconosciuti, con gli estranei. È stato un momento luminoso e ho scritto questa cosa.