Ho ballato un lento, una volta


Non ho mai avuto una vera relazione, un vero partner, un vero qualcosa del genere. Ci sono andato vicino per qualche tempo, tanti anni fa, erano gli ultimi delle superiori. Intanto, non sto scrivendo per lamentarmene, o per rivendicare diritti, maledire l'altra metà del cielo (si usa ancora dire così?) o chissà cosa: fidatevi, non sono proprio la persona che chiunque altro vorrebbe avere al proprio fianco, per un periodo più o meno lungo della mia vita. Neanche io mi vorrei, o mi voglio. Premesso ciò, erano gli anni delle feste dei 18 anni.

Eravamo tutti del ceto medio-basso, spesso basso, quindi la maggior parte delle feste si teneva in casa. Ogni tanto, però, ce ne scappava qualcuna in un locale, comunque roba economica e lontana dalle pagliacciate attuali, dalle dimostrazioni di sfarzo che sfociano nei debiti. A lei era toccato il locale, probabilmente perché unica femmina, ultima dopo due maschi.

C'era la musica, alle feste dei 18 anni c'è sempre la musica, in casa o meno, solitamente dance di quell'anno o dell'anno prima. O due. Corona, Bobby Brown, Jam & Spoon, Ti.pi.cal, La Bouche, Snap, Haddaway, Ice Mc, Ace of Base, 2 Unlimited. Questi alcuni nomi, poi non era proprio il mio genere, ma per feste e festicciole andavano bene. Poi c'era il momento del lento e quel momento, di solito, era “Come mai” degli 883. Quella, di sicuro, altre non ne ricordo.

Lei il lento lo ballo con uno dei fratelli, perché, sapete com'è, sempre al Sud eravamo e non c'era nessuno di ufficiale con cui ballarlo. Gli altri balli sono più liberi, ci si può dimenare un po' con uno, un po' con l'altro, ma il lento è qualcosa di più solenne, impegnativo.

Poi fini la festa, io me ne ero stato in disparte, sia perché le feste mi mettono a disagio, sia perché ero un semplice invitato tra tutti e non avrei potuto (e mai voluto) pretendere un'attenzione in più.

La domenica successiva, però, lei venne a farmi visita a casa, eravamo soli, i miei erano in visita da parenti. Non sapevo nulla. Con lo stesso vestito della festa, le stesse scarpe scomode, ora solo per me. Ci era venuta a piedi, in quegli anni, in quei posti, con quelle mentalità. Avevo un mangianastri nel soggiorno, non nella cameretta perché la cameretta non ce l'ho mai avuta. Nel mangianastri, fortunatamente, c'era un pezzo di Renato Zero, probabilmente registrato dalla radio, all'epoca funzionava ancora così. E mi ha regalato un lento personale, è stato bellissimo e imbarazzante. Perché non so ballare i lenti, non so ballare in generale, tendo a evitare il contatto fisico quanto più possibile, non saprei tenere una ragazza tra le braccia. Ma abbiamo ballato, concettualmente, ed è stato imbarazzante e bellissimo.

Non mi doveva niente: era, semplicemente, una persona meravigliosa. È passato del tempo, non moltissimo, e ci siamo separati del tutto, era scritto. Ne sono uscito straziato, esattamente come la storia era iniziata. Non avrebbe mai potuto funzionare in alcun modo, lo sapevo dal primo istante. Eppure.

Ci siamo incontrati qualche volta, casualmente, nel corso degli anni. Sempre con un enorme rispetto reciproco, sempre con lei che sapeva e ricordava tutto di me, di come ero e come sono rimasto. Addirittura, dopo circa 18 anni e un altro incontro casuale, ci siamo anche dati una sorta di appuntamento, per aggiornarci, per ricordare proprio quei tempi, per dirci cosa fosse successo nel frattempo. È stato bellissimo, mi è sembrato per l'unica volta di tornare piccolo, perché a 18 anni lo si è. Stare vicino a lei, parlare di cose nostre.

Non son mai più stato fisicamente (in quel modo, nel tempo e nello spazio) così vicino a qualcuno, ma mi sento fortunato. Va bene anche così.

I migliori anni della nostra vita, Renato Zero: era quello il pezzo che stava girando, quella domenica, mentre si ondeggiava goffamente. E davvero sono stati i migliori anni della mia vita, spero lei ne abbia avuti di migliori.