L’alchimista Zosima viaggiava da un luogo ad un altro grazie ai suoi indumenti carichi di ricordi e scoprì non era il solo e come lui anche altri ma con oggetti diversi e i viaggi erano molteplici dentro e fuori. Un essere vivente lo colpì per il poco coraggio e divenne addirittura un oggetto anch’esso; è quello che accade quando ci si dimentica si è vivi, si può rischiare, il denaro non è mai la risposta, è solo un mezzo per alcune risposte banali sempre in seguito a domande banali, ci sono gli infiniti universi percepiti da sciogliere e districare, il filo lega tutto, questa catena markoviana di eventi esiste e c’è sempre stata in tutte le sue variabili possibili. L’alchimista nel suo vagare non era solo, non era così folle da percorrere il nulla da solo senza una guida. Una guida fatta da una luce così limpida e giusta che poté concentrarsi solo sulle marginalità che lo assorbirono e la luce non vacillò nemmeno per un attimo e la luce invece vacillò come tutte le cose, il tremolio dato dell’incertezza colpisce. La luce era comunque un evento sopravvissuto alla violenza e quindi plasmata da essa, tutto è evento. “O luce” disse lo Starec Zosima, l’alchimista che scoprì e usò la fiamma, ne fu quasi travolto, dubitò dell’amore che è solo accettazione, non volere ma solo voler dare incondizionatamente, solo annullare per esistere eguali e così l’umanità tutta accettare e dare a tutti e tornare ad essere dio, amore totale, globale, universale ma alla luce guida, lo Starec Zosima chiese “ma quelle lacrime sono per me?”. Zosima ancora fraintese, la sofferenza non è mai uguale. E la luce non sentì e anche se avesse sentito cosa mai avrebbe potuto dire, l’alchimista era solo all’inizio e troppo c’era da fare, da pensare e credere. Conobbe vari esseri e con alcuni non parlò mai ma la danza li univa, nella danza li capì, una danza che è sempre manifestazione della fiamma collettiva, del comune inganno, con richieste di aiuto e fraintendimenti e proiezioni questo era e continuò ad essere. L’alchimista Zosima mise in dubbio tutte le sue certezze che si erano radicate rendendolo schiavo di un meccanismo che scricchiola, l’alchimista Starec non stava più capendo e la fiamma lo stava prendendo completamente. E iniziò a divenire fiamma, a danzare e provò un piacere che lo pervase; gli esseri viventi sono tutti pazzi, caricature estreme che riempiono racconti, li mandano avanti, senza i racconti sono morti le paranoie sono il riflesso della realtà, concedeva una certa parte di se, incontrò se stesso e si conquistò e chiese se dovesse mentire e vide come è bella la vita anche a se stesso e di smettere di usare la fiamma perché sì la vita è scadente ma è pur sempre vita è che sono una donna perché è bello passeggiare, passeggiare sole.