Lo Starec Zosima alchimista sparì, fuggì, si nascose, pregò vari Dei tutti inesistenti e pieni di belle parole di sale marcio sporco e nero con sfumature viola inquinamento che prende fuoco e contagia. Lo Starec disse: “Dio è la massima espressione della percezione, il mio Dio è la mia forza ora che percepisco il mondo, cibo, gatto, fringuello”. L’alchimista Starec si domandò: “Che differenza c’è dal campo arato che tanto odiavi?”. Alla fine tutto in questa aggregazione umana fondata sul denaro non può che schiavizzare chi non ne ha e chi ne vorrebbe avere ma sarà fermato in tempo anzi con il suo tempo, sarà breve, perso a inseguire un sogno di qualcun’altro, sì era il suo ma non per sua scelta, sì era sua nata da un desiderio, un istinto troppo più forte e incisivo di quanto possa un essere vivente amato fin troppo distinguere e capire e capire e no non capirà mai. E lo Starec disse: “E ora ho questi due soldi mi fate schifo, voi poveri. Ma va bene anche l'amore al posto dei due soldi, che schifo i poveri d'amore soli”. Amore denaro amore denaro ne voglio di più, sì godere fammi godere ancora di più, echi nati nel passato ma con estrema forza rimbombano ancora e ancora. E lo Starec chiese: “Ma quando sarai troppo vecchio per lavorare, ricorderai del bel tempo speso in cui eri forte? O dirai chi me l'ha fatto fare e ancora dove sono i miei ricordi?”. Essere vivente stolto al servizio di un Dio per liberarti dall’angoscia di essere inutile, consapevole di esserlo quanto meno stolto e non di essere al servizio di un Dio per liberarti dall’angoscia, questo mai è inaudito, lui ci ha donato la vita, devo possedere e vincolare ma è la paura che ti guida, liberati infine, ammetti ciò che ti terrorizza e vivi fuori da te e non scusarti così velocemente, la mia ira non si è ancora placata. E sì, lo chiese più volte e non ricevette risposta, nessuno volle ascoltarlo ma in realtà non lo chiese che a se stesso e se stesso non volle ascoltarlo, il lavoro era urgente, le scadenze erano prossime, dall’altezza più irraggiungibile come il sole e i suoi raggi li toccano e ne furono così lieti, così caldi sono, che tepore provocano, che tepore, che gioia, che tepore, che gioia, che gioia.