Giochi di Ruolo, Musica e anni '90
Ah, gli anni '90. Friends in TV, il Grunge, la guerra del Britpop tra Blur e Oasis, i CD - sempre troppo cari - da comprare nel tuo negozio di dischi preferito, quando Napster e gli mp3 ancora non sapevamo cosa fossero... un bel tuffo nel passato, ma in realtà non è di questo che parlerò. Non direttamente, quantomeno.
Se per vostra sfortuna vi siete imbattuti in qualche mio toot su Livello Segreto, c'è una buona possibilità che al suo interno ci fosse menzionato qualche gioco di ruolo pressoché sconosciuto ai più, con un paio di indiziati che ritorna spesso sul luogo del delitto.
Prevedibilmente, uno di questi - oltre a essere diventato immediatamente uno dei miei GDR preferiti - è il vero soggetto di questo post.
Damn the Man, Save the Music!

Una copertina che dice tutto
Una doverosa premessa prima che continuiate a leggere è che questa non vuole essere una recensione - che per scriverla ho la stessa competenza di uno che sul campo di calcetto ci va in infradito e accappatoio1 - quanto piuttosto un tentativo di riorganizzare i pensieri e mettere su pagina il perché questo gioco continua a piacermi tanto a distanza di anni da quando l'ho scoperto per caso.
I know this, that if I win this roll I will save the place that I work from being sold, and the jobs of my friends that work there. Thus striking a blow at all that is evil and making this world a better place to be in.
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Credici, Lucas.
Ispirato dichiaratamente a film come La vita è un sogno (Dazed and Confused) ed Empire Records, Damn the Man,Save the Music! di Hannah Shaffer è un GDR one-shot sul tentativo di salvare qualcosa che amiamo: ɜ nostrɜ giovani protagonistɜ si troveranno a gestire il caos che l'evento firma-copie di una capricciosa Rockstar un po' in declino porterà nel loro negozio, sperando che tutto questo possa rimpinguare le casse quanto basta per continuare a tenerlo aperto ancora per un po'.
Sì, perché il nostro amato "Revolution Records" da parecchio tempo è alla canna del gas; fino a oggi è riuscito a rimanere a galla in qualche modo, ma gli incassi sono sempre più scarsi e una grossa catena in franchise ha fiutato il sangue e vuole approfittarne per buttarci fuori e rilevare i nostri locali.
Suona familiare? Beh, fondamentalmente è la trama di (appunto) Empire Records, dal quale il gioco ha preso diversi elementi. Se l'avete visto, dando un'occhiata agli archetipi dei personaggi di Damn the Man vi verrà facile collegarli ai protagonisti del film.
Ma salvare il nostro posto di lavoro non sarà l'unico nostro cruccio: ogni personaggio ha anche un proprio obiettivo personale da provare a realizzare entro fine giornata e dei rapporti tesi da ricucire con lɜ altrɜ.
Allo stesso tempo, la mancanza di soldi non è l'unico problema del negozio: il morale scarso, i casini personali dellə nostrə Capə, i possibili guai con la comunità (come un picchetto di "Mamme preoccupate contro la musica degenerata" o i vicini che chiamano la polizia per il casino) sono sempre in agguato, pronti a peggiorare man mano che il gioco prosegue.
Ok, ma come si gioca?
Dando per scontato2 che bene o male sappiate cosa sia un gioco di ruolo, se siete arrivati fin qui magari vi state chiedendo come funziona Damn the Man per sommi capi.
Per cominciare, la divisione dei ruoli segue un impianto abbastanza classico, con unə Facilitatorə che avrà il compito di gestire il mondo di gioco, impostare le scene iniziali ecc., e il resto dellɜ giocatorɜ che interpreteranno i propri personaggi e cercheranno di portare a termine gli incarichi che lə loro Capə o la Rockstar capricciosa gli daranno.
Come materiali servono giusto un po' di dadi a sei facce bianchi e neri (o comunque di due colori distinguibili), un mazzo di carte francesi, delle matite, una copia delle schede, e la cosa più difficile da procurarsi: altre 3-4 persone con cui giocare.
La semplicità fatta scheda.
Se la vostra pietra di paragone è D&D potreste rimanere un po' spiazzati: a parte quelli per tenere traccia del livello dei guai del negozio, non ci sono valori numerici da inserire nella vostra scheda; le cose importanti da definire saranno piuttosto il vostro stile, il genere di musica che preferite, un vostro obiettivo a breve termine (che possa essere completata in un giorno) e le relazioni che avete con lɜ altrɜ giocatorɜ.
Per quanto riguarda il gioco giocato, tutto si svolge in un solo giorno, seguendo una struttura in tre atti, ciascuno ambientato in un momento diverso della giornata: l'apertura del negozio, il firma-copie e la chiusura. C'è anche un breve montaggio di apertura che precede il primo atto, in cui vengono introdotti i personaggi e, ugualmente, alla conclusione del terzo segue un montaggio di chiusura, in cui si tireranno le somme della giornata e scopriremo il destino di negozio e personaggi. Ogni atto dura un numero fisso di scene pari al numero di giocatorɜ, in modo che tuttɜ abbiano una scena da protagonistɜ.
Sarà compito dellə Facilitatorə impostare le scene, iniziando con lə Capə (o la Rockstar stessa) che darà allə protagonista un incarico da svolgere, che sia una cosa semplice come distribuire dei volantini fuori dal negozio o una più assurda come riacciuffare l'amatissimo (e selvatico) struzzo da compagnia della Rockstar, scappato per il rumore della folla.
Lə protagonista (e lɜ altrɜ giocatorɜ se i loro personaggi sono presenti) interpreterà la sua scena ruolando liberamente fino al momento della sua risoluzione che, come vedremo, sarà quando verranno tirati i dadi. Il modo in cui si deciderà di affrontarla - cioè scegliendo se dare il massimo per portare a termine l'incarico, trovare un momento per ricucire una relazione con un altro personaggio o fregarsene e puntare al proprio obiettivo personale - oltre a definire quello che succede nella fiction, avrà un impatto sul numero di dadi da tirare.
Non starò a scrivervi tutte le regole, ma in sostanza le carte servono a determinare quali guai colpiranno il negozio, mentre i dadi quale sarà il risultato delle scene.
Fondamentalmente la meccanica di risoluzione consiste in questo: lə Protagonista tira x dadi bianchi, lə Facilitatorə tira x dadi neri e si confrontano i valori più alti di ciascun colore. Se vince il bianco l'incarico è riuscito, se vince il nero l'incarico è fallito e si pesca una carta per aggravare un problema del negozio, mentre nel caso di un pareggio l'incarico non è ancora risolto e nelle scene successive unə altrə giocatorə potrà decidere di completare anche un incarico in sospeso, ammesso però che riesca a completare il suo.
In ogni caso, gli incarichi rimasti in sospeso, le scelte fatte e il valore dei problemi del negozio decideranno il destino dei nostri personaggi e dell'amato Revolution Records nel montaggio di epilogo.
Sì, ma perché ti piace così tanto?
Ecco, qui arriva la parte complicata, che a riassumere (male) un regolamento ci vuole relativamente poco ma tradurre sensazioni ed emozioni in frasi sensate è un altro paio di maniche.
Per cominciare, direi per il tema: le storie di tentativi disperati di salvare qualcosa che ci è particolarmente caro hanno sempre il loro fascino, specie se il medium con cui ne usufruisci ti permette di viverle in prima persona. E alla fine il Revolution Records è la rappresentazione perfetta di quel posto magari un po' scalcinato e popolato da gente un po' strana ma in cui vi sentite a casa vostra. Se avete avuto la fortuna di trovarne uno nella vostra vita, potete capire cosa si perde quando alla fine anche l'ultimo sforzo si rivela non essere abbastanza.
Ovviamente i fascisti non sono benvenuti nel negozio (o al tavolo).
Da questo punto di vista, credo ci sia un che di poetico nel fatto che l'edizione italiana di Damn the Man sia stato l'ultimo gioco pubblicato dalla Dreamlord Games prima della sua chiusura, e un po' mi piace pensare che sia stata una scelta voluta per sottolineare l'addio alle scene di quella che nel suo piccolo è stata una delle mie case editrici di giochi indie preferite.
Per il resto, ammettiamolo candidamente, la vena nostalgica per gli anni '90 è un po' un cheat code per me: una finestra aperta sugli anni delle medie e del liceo, tante cose amate (e odiate) potenzialmente da rivivere sublimate da una fiction che ti permette di tagliare fuori, se vuoi, tutti gli aspetti negativi di quel periodo, che spesso il filtro della nostalgia ti fa dimenticare ma che erano dannatamente presenti.
Poi c'è la musica, che per certi versi è un gioco nel gioco: il montaggio iniziale e finale prevedono una canzone di sottofondo, reale o fittizia che sia e, se da un lato c'è il piacere di riascoltare (o scoprire) pezzi dell'epoca creando delle playlist ad hoc, dall'altro c'è anche quello di inventarsi di sana pianta assieme al resto della gente al tavolo gruppi, canzoni e generi musicali.
“Uh, I've got something I'd like to say! Would you guys please do a favour for a guy in love?”
(Perché nel nostro universo oltre ai Van Halen esistono i Van Houten, e “Can I Borrow a Feeling?” è un pezzone della madonna!)
E al di là di tutto, Damn the Man rimane un gran bel gioco che riesce a veicolare benissimo il tipo di fiction a cui si ispira, in tutte le sue possibili declinazioni, serie o comiche che siano.
Ricordo ancora una giocata in cui un cialtronissimo Artista travagliato che di nascosto viveva da squatter dentro al negozio, grazie a una monumentale faccia di bronzo, riuscì a convincere la Rockstar a finanziargli una mostra personale e a mantenerlo a sbafo per chissà quanto. Un vero maestro di vita, altroché.
No, La playlist non richiesta nooo...
...e invece, per concludere (e per testare come posso smanettare col testo su Log), vi lascio con un esempio di playlist venuta fuori durante una partita, con i pezzi a scandire i vari momenti del gioco:
Skunk Anansie – Selling Jesus, da Paranoid & Sunburnt (1995)
Belle and Sebastian – Expectations, da Tigermilk (1996)
Elastica – Waking up, da Elastica (1995)
The Muffs – Lucky Guy, da The Muffs (1993)
Tricky – Hell is Round The Corner, da Maxinquaye (1995)
The Prodigy – Breathe, da The Fat of the Land (1997)
Blur – Song 2, da Blur (1997)
Pulp – Common People, da Different Class (1995)
Sleeper – Sale of the Century, da The It Girl (1996)
Eels – Novocaine For The Soul, da Beautiful Freak (1996)
Radiohead – Let Down, da OK Computer (1997)
The Smashing Pumpkins – 1979, da Mellon Collie and the Infinite Sadness (1995)
Stereolab – French Disko, dall'EP Jenny Ondioline (1993) o la raccolta Refried Ectoplasm (1995)
Garbage – When I Grow Up, da Version 2.0 (1998)
Che poi è anche il bello di giochi del genere: alla fine ne puoi ricavare anche dei “manufatti” di qualche tipo che ti ricorderanno i bei momenti al tavolo.
Ma direi che ho abusato fin troppo della vostra pazienza, quindi riporto la DeLorean nel 2025 e vi saluto ^^
Hashtag rilevanti: #RobsCabinetOfGDR, #GDRSegreto, #TTRPG, #GDR, #DamnTheManSaveTheMusic, #Anni90, #90s.
1. [Voleva essere un esempio di totale impreparazione ma ripensandoci vedere la gente giocare a calcio in infradito e accappatoio potrebbe essere dannatamente divertente... 🤔] ↩
2. [Sì, sto dando molto per scontato, anche perché la definizione è molto più ampia e sfumata di quella che di solito si pensa. Personalmente a me piace molto quella di Rugerfred] ↩
~~~~~~~~~~~~~~ Robercrantz ~~~~~~~~~~~~~~
(Lo sfondo del blog è un'immagine di Jen Zee: lo skyline della città di Cloudbank da Transistor)