Oltre il Censimento: analisi critica del questionario ISTAT e dei rischi per la privacy
Il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, promosso annualmente dall’ISTAT, nasce con un obiettivo apparentemente semplice: conoscere quante persone vivono in Italia, in quali tipi di abitazione risiedono e come sono strutturati i nuclei familiari. Quest'anno ho ricevuto la lettera dall'ISTAT che mi ha obbligato a partecipare al censimento. Si è obbligati a rispondere e a farlo in maniera corretta, pena una multa che va dai 250 a 2500 euro. Questa formula mi è sembrata subito anomala, ho deciso quindi di partecipare al questionario in maniera attiva, prendendo appunti e riflessioni su tutte le domande alle quali rispondevo. A valle delle risposte, ho analizzato in maniera dettagliata il questionario. A mio avviso si evince un livello di profondità informativa che va ben oltre la necessità di “contare” individui e case. Le domande, prese singolarmente, sembrano innocue; ciò che suscita interesse – e personalmente preoccupazione – è l'effetto cumulativo: un sistema di rilevazione che, pur rispettando la legge, è in grado di produrre un ritratto estremamente completo della vita delle persone.
Oltre l’anagrafe: le informazioni trasversali
La prima cosa evidente, immediatamente dopo aver iniziato a rispondere, è che il censimento contiene domande che non sono strettamente necessarie al solo scopo dichiarato, ma che contengono tanti piccoli elementi trasversali.
Indicatori indiretti della condizione economica
L’ampiezza dell’abitazione, il numero di stanze, la disponibilità di automobili, di box auto, la presenza di un ascensore nello stabile e persino l’anno di costruzione dell’edificio non servono a stabilire “chi vive dove”, ma a stimare il livello di benessere del nucleo familiare. Se l'intento fosse quello di giudicare sulla sola abitazione dal punto di vista energetico per esempio, sarebbe sufficiente attingere alle informazioni già esistenti e presenti in catasto, chiedere conferma dei metri quadri e della classe energetica dell'edificio. Il reddito in questa fase non viene mai citato. Tuttavia si tratta di elementi che, accumulati e incrociati tra loro, restituiscono informazioni socioeconomiche molto precise.
Routine quotidiane e mobilità individuale
La parte dedicata all'acquisizione di informazioni relative agli spostamenti per studio o lavoro sono estremamente dettagliate. Vengono richiesti orari di uscita da casa, mezzi di trasporto utilizzati, durata del tragitto, luogo di lavoro o studio, frequenza settimanale degli spostamenti. Il livello di dettaglio è tale per cui, ad esempio, laddove ci spostiamo in treno come pendolari per andare a lavoro, bisogna inserire tutti i mezzi che si usano (auto privata + treno + metropolitana). Non è sufficiente inserire il solo mezzo preponderante ma tutti quelli necessari da inizio a fine tragitto. Questi dati a mio avviso permettono di ricostruire vere e proprie abitudini quotidiane, mappandole in maniera precisa. Mi chiedo se queste richieste passino la linea oltre il perimetro legittimo del censimento.
Reti sociali e benessere personale
Si indaga anche sul benessere e in particolare sul livello di soddisfazione della vita, la percezione di sicurezza notturna e la presenza o assenza di amici, parenti o vicini che possano aiutarci qualora ne avessimo bisogno. Questi elementi innegabilmente costruiscono un quadro del supporto emotivo e sociale di chi compila il questionario. Sembra più un'indagine sociologica, ma non ho conoscenze o strumenti per poter giudicare sull'impatto che le risposte possono avere.
Storia migratoria personale e familiare
Vengono chiesti naturalmente i dati relativi alla propria cittadinanza, ai quali vengono aggiunti eventuali passaggi (migrazioni ad esempio), luogo di nascita dei genitori, trasferimenti all'estero. Queste informazioni potrebbero essere anch'esse dedotte dall'ufficio anagrafe; inserirle all'interno di questo contesto rafforza la capacità di tracciamento e individuazione del soggetto. Di anonimo a questo punto è rimasto ben poco.
Competenze digitali
Vengono fatte domande apparentemente innocue sull'uso di internet, sulla frequenza di utilizzo, sulla necessità di assistenza nella compilazione dello stesso questionario. Questo restituisce indubbiamente informazioni sulle * abilità digitali *, e quindi su quanto si potrebbe essere vulnerabili sotto questo profilo. Domande interessanti, ma non posso fare a meno di chiedermi quanto attinenti allo scopo del questionario.
A valle di queste domande per me il quadro è chiaro: la struttura complessiva del questionario mira non solo a conseguire gli scopi dichiarati, ma anche a capire e tracciare come viviamo, come ci muoviamo, come stiamo e quale è il nostro livello di integrazione nel tessuto sociale.
Analisi sui rischi per la privacy: quando i dati diventano profili.
Dopo aver compreso la portata e ampiezza delle informazioni, ora è necessario capire quali sono i rischi connessi. L'ISTAT naturalmente opera in maniera legittima e secondo normativa, ma questo non annulla i rischi strutturali generati dalla raccolta granulare e quantitativa dei dati raccolti.
Profilazione involontaria dettagliata
Immaginate di chiacchierare con un amico, in un piccolo paese.
Conosci quella ragazza...quella che lavora all'università come ricercatrice. La mamma fa la maestra, il papà pensionato, hanno una villetta su in paese.
In un piccolo paese, l'amico potrebbe rispondere con altissima probabilità beccando il nome al primo o secondo tentativo. Combinando informazioni su lavoro, abitudini di vita e condizioni abitative, rapporti familiari, salute percepita e benessere psicologico, il questionario produce un profilo estremamente completo di noi. Ci descrive in maniera multidimensionale e completa all'interno del nostro contesto di vita.
Combinando i dati di età, professione, residenza, struttura familiare e livello di istruzione, in particolare all'interno di comuni di piccole dimensioni è possibile essere identificati anche senza l'ausilio del nome e cognome. Più dettagli ci sono, meno siamo anonimi.
Function Creep
Non ricordavo questo inglesismo specifico, l'ho trovato durante una ricerca online mentre approfondivo il discorso sulla privacy. Questo termine indica quando l'uso di una tecnologia (in questo caso l'uso di dati) inizialmente definito per scopi specifici dichiarati, viene riutilizzata per finalità seppur legittime ma non previste originariamente. L'insieme dei dati potrebbe essere impiegato per altri fini o altre analisi, come politiche territoriali, indagini sulla qualità della vita, studi sulle vulnerabilità. Il punto critico per me non è l'uso in sé dei dati, quanto la consapevolezza di chi compila il questionario. Difficilmente un cittadino medio se ne rende conto, e comunque non può fare nulla perché obbligato dalla legge.
Collegamento potenziale con altri database pubblici
Anche se per definizione il censimento è isolato da altre basi dati, l'Italia dispone di achivi centralizzati. L'esistenza di molti punti di contatto rende teoricamente possibile correlare le informazioni provenienti da fonti diverse, aumentando il livello di dettaglio del profilo personale.
Conseguenze in caso di data breach
Data breach della pubblica amministrazione italiana ahimè sono abbastanza comuni. Un attacco in questo contesto implicherebbe non solo la grave diffusione di dati anagrafici, ma anche di routine quotidiane, condizioni abitative, economiche e sociali, vulnerabilità sociali e psicologiche. Si tratterebbe di materiale estremamente sensibile e sfruttabile per frodi o manipolazioni sociali malevole.
Conclusioni: La quantità che diventa qualità
Il censimento ISTAT dal punto di vista legislativo non è illegittimo. Il problema non sono le domande in se, ma la cumulata delle domande. Ogni domanda è un pezzo del puzzle. Una volta completato, viene fuori un'immagine nitida di te, una radiografia completa della tua vita. Questo pone a mio avviso due questioni principali: Quanto le persone comuni sono consapevoli del livello di dettaglio dei dati che si stanno fornendo? E' “proporzionato” l'obbligo, in termini di poteri dello stato, di raccolta di un tale quantitativo di dati vista la finalità dichiarata? Lo studio della società in profondità è legittimo, ma questo richiede trasparenza. In un mondo dove i propri dati digitalizzati rappresentano ricchezze per aziende a discapito di ignari cittadini, diventa fondamentale dibattere pubblicamente sul rapporto che c'è tra conoscenza statistica e diritti individuali.