La (in)naturale avversione per i ciclisti, dinamica e statica


Innaturale perché è un sentimento malato instillato da una mentalità tanto sbagliata quanto difficile da stradicare; naturale perché praticamente data per scontata, nei paesi meno civili. Vivo in Italia.

Dell'avversione dinamica non c'è molto da dire: sappiamo benissimo che l'unico ciclista buono è quello morto, per la persona plagiata da decenni di macchinacentrismo istituzionale, concetti e luoghi modellati sulle necessità delle automobili e degli automobilisti.

L'avversione statica è quella che fa odiare anche la bicicicletta in sé, in qualsiasi momento. Schiuma alla bocca per il concetto stesso di bicicletta: la sola esistenza di un mezzo che non consuma, non inquina, porta benessere mentale e fisico e non ammazza con un tocco i soggetti più deboli.

*L'avversione dinamica si manifesta in strada, in movimento. L'avversione statica si manifesta anche nel cortile di un condominio, tra le mura di un palazzo, in un qualsiasi posto chiuso. Spesso è anche regolamentata e imposta, in maniera ufficiale (delibere di condominio) o ufficiosa (cartelli apposti arbitrariamente da un soggetto, con l'approvazione tacita degli altri).

Non voglio tirarla ulteriormente per le lunghe: la gente preferisce un autocarro del 1960 lasciato acceso davanti casa, a una bicicletta parcheggiata in una rastrelliera in un cortile deserto, inutilizzato. L'autocarro inquina come un deposito di materiali sintetici in fiamme, la bicicletta sta lì, inoffensiva e silente. Tanto basta.