Perché la bicicletta?


Perché mi fa star bene, psicologicamente di sicuro e il movimento è necessario.

Perché posso esplorare, allontanarmi, più di quanto non possa fare a piedi. Più lontano a parità di tempo, in meno tempo a parità di distanza.

Perché coinvolge tutti i sensi. La vista, perché non sono chiuso in un carro armato con le finestre, vedo tutto, anche il cielo, l'unico limite è l'orizzonte. L'udito, perché posso ascoltare i suoni della natura, senza barriere e filtri. Il tatto, perché stringendo il manubrio partecipo alle vicissitudini del terreno. L'olfatto: giro per campagne, colline e montagne, fatelo anche voi e non avrà bisogno di spiegare nulla. E il gusto? Questo mi manca, al momento, perché non posso fare uscite lunghe come vorrei, non ho bisogno di fermarmi in un bar, in una pasticceria. O in una taverna, un ristorantino, come fanno i cicloturisti, beati loro.

Perché sono libero di andare dove voglio e dove posso, coi tempi che posso e voglio.
Perché non inquino, non appesto l'aria che respiro e non l'appesto per gli altri, incolpevoli; sono io a produrre l'energia.

Perché l'unico limite vero è il mio corpo, ed è bello anche scoprire fin dove arriva questo limite e provare a spostarlo un po' più in là, un passettino alla volta.
Perché poi imparo a conoscere i miei limiti del momento e a rispettarli, capisco quando rallentare, so quando fermarmi.

Perché quando vado in bici, da solo, non devo dar retta a nessuno. Non devo dar retta ai valori del ciclocomputer, non ho record da stabilire, non ho velocità medie e massime da raggiungere, non ho distanze stabilite da percorrere.

Perché, fin quando è possibile (e faccio in modo che sia la regola più che l'eccezione), evito di rinchiudermi in quel carro armato con le finestre che ricopre le nostre città, si nutre di denaro e guerre e poi sputa calore, veleno e morte.

Perché no?