Com'è iniziato tutto
Quest'estate è stata davvero calda. Non rovente come l'anno scorso, il 2022, che mi ha fatta penare molto di più, ma sempre e comunque troppo calda.
La persona della mia famiglia che ha risentito di più di queste temperaure è stata la mia mamma. Ha passato i mesi di luglio e agosto a sudare copiosamente e lamentarsi dell'afa. Si sentitva spossata, senza energie né voglia di fare, anche le piccole azioni quotidiane sembravano richiedere uno sforzo sovrumano.
Ha iniziato a prendere degli integratori sia per darsi un tono che per cercare di reintrodurre ciò che il suo corpo perdeva, ma non era abbastanza e la stanchezza non passava. Neanche l'acquisto di un ventilatore, un elettrodomestico che i miei genitori avevano bollato come “superfluo” per decenni, è riuscito a risolvere la situazione. Come tutti, anche mia mamma ha dovuto aspettare che la stagione iniziasse a cambiare e finalmente arrivasse settembre.
Pensando a quei momenti e alla preoccupazione che ho provato per i miei genitori non più giovanissimi ho iniziato a domandarmi: è questo il futuro che ci aspetta? Se anche il Piemonte, una delle regioni più a nord d'Italia inizia a diventare rovente, cosa succederà in futuro?
Era ormai qualche anno che il cambiamento climatico aveva iniziato ad angosciarmi, ma quest'estate ha amplificato i miei timori e li ha trasformati in ansia e senso di impotenza. Cosa stiamo facendo al nostro mondo, mi chiedevo, ed esiste un modo per fermare tutto ciò?
La risposta ai miei dubbi esistenziali è arrivata in maniera inaspettata: sotto forma di pdf. Mi è infatti capitato a portata di pollice il link a un report in lingua inglese sul sito del WWF, che potete trovare qui. Si tratta di un rapporto il cui titolo può tradursi in questo modo: “Mangiare per zero emissioni nette: come un cambiamento della dieta può consentire una positiva transizione a favore della natura verso zero emissioni nette nel Regno Unito”.
So di sembrare drammatica, ma in meno di 40 pagine ho iniziato a ritrovare la speranza per un futuro migliore. Il cambiamento di dieta suggerito nel rapporto mi sembrava molto approcciabile, riassumendolo in tre punti consiste nel: * ridurre il consumo di prodotti ricchi di grassi, sale e zucchero; * ridurre il consumo di carne, pesce e derivati animali; * aumentare le quantità di legumi, frutta, verdura e cereali integrali.
Niente di trascendentale, insomma. Qualcosa di così semplice che anch'io, una persona mooolto abitudinaria, avrei potuto adattare facilmente il mio stile di vita. Ma qual era il mio stile di vita in quel momento? Mi sono messa a riflettere sulla mia alimentazione e ho scoperto che in realtà avevo già ridotto drasticamente il consumo di cibi animali.
Avevo passato l'estate snobbando quasi del tutto la carne e il pesce, mangiandoli solo quando uscivo con gli amici o sotto forma di prosciutto e formaggio, in una triste piadina preparata al volo e ingurgitata ancor più velocemente. La mia dieta si era basata più su frutta e verdura, insalatone miste con pasta o riso. Senza accorgermene avevo aumentato i legumi e frutta a guscio, che mi erano sempre piaciuti molto, sostituendo e integrando le proteine che servivano al mio corpo.
Avrei potuto eliminare del tutto i cibi e i derivati animali e mangiare in modo più sano e sostenibile per il pianeta, che meraviglia! Ma questa nuova alimentazione era sana anche per me? Dopo un veloce scambio con la nutrizionista che mi aveva seguito anni prima ho avuto la conferma che sì, stavo facendo una cosa che anche la comunità medica approvava. Per sicurezza fissai un nuovo appuntamento con la dottoressa per una chiacchierata faccia a faccia e per verificare insieme che il mio piano alimentare fosse appropriato.
Insomma, l'inizio del mio percorso è stato molto naturale. Potrei anche dire che il mio primo approccio al veganesimo è stato quasi inconscio: non l'ho fatto apposta, ma quando ho realizzato la strada che stavo percorrendo ho deciso di andare fino in fondo.