WVD e pensieri vagheggianti
A quanto pare il 1° di Novembre c'è stato il World Vegan Day. L'ho anche visto abbreviato come WVD, ma i miei occhi cercano di interpretare il testo come una strana emoticon o un kaomoji finito male, quindi mi sa che continuerò a scriverlo per esteso.
Il World Vegan Day sembra una bella idea, un modo per parlare di questo stile di vita e creare un dialogo. Peccato che io questo dialogo l'abbia visto solo online.
Sarà perché vivo in una città piccola, sarà che magari è una celebrazione più sentita in altri Paesi, sarà che Halloween e i Santi sono due tradizioni molto più popolari, fatto sta che se non fosse stato per il Fediverso non mi sarei mai ricordata del World Vegan Day.
Però, è successa una cosa buffa. Manco l'avessi fatto apposta, durante il World Vegan Day ho fatto “coming out” e ho ufficialmente parlato ai miei genitori della mia intenzione di mangiare vegano da ora in poi. Lasciate che ve lo dica, era andato molto meglio quando avevo fatto il vero coming out e detto ai miei genitori che sono bisessuale.
Mia mamma ha risposto un “No” secco, quasi tagliando l'aria con le mani tipo cartone animato giapponese. Mio papà ha fatto la faccia di una persona che morde accidentalmente una cipolla pensando che si tratti di una mela. Una cipolla andata a male da un paio di mesi.
Diciamo che avrebbe potuto andare meglio. Soprattutto perché il discorso più ampio era riguardo a ciò che mi aveva detto la mia nutrizionista, i consigli che mi aveva dato e il piano alimentare che aveva stilato per me, apposta per farmi mantenere un'alimentazione sana ed equilibrata. Ma insomma, cosa vogliono di più di così, verrebbe quasi da chiedersi.
Però capisco i loro dubbi. Capisco l'appunto che mi ha fatto mio padre, facendomi notare che io sono solo una persona, non cambierò niente. E che le stime di quel report del WWF che ho già linkato qualche tempo fa sono solo quello: stime. Teorie. Non sono fatti. Capisco la preoccupazione di mia madre, il suo: “E le proteine dove le prendi?” e anche l'immediato: “Io la carne continuo a cucinartela!” con i successivi dubbi: “Ma i vegani le mangiano le uova? E possono mangiare il formaggio? Il latte? L'alcol?!”. La risposta è abbastanza ovvia, ma nell'ordine: no, no, no e sì.
Capisco quello che mi hanno detto in famiglia e che mi hanno detto degli amici: sono sicura che questa non sia solo un'altra fase della depressione in cui mi incaponisco a fare qualcosa ben più grande di me, che poi fallirò miseramente per poi sentirmi una cacca completa? Insomma: VegeVale, sei in fase di up? No, non sono bipolare né ho mai avuto una diagnosi in merito, però ho la tendenza a innamorarmi di cose, concetti, per poi stancarmene dopo qualche tempo. Che può variare da qualche settimana, mese o anno, ma mi è stato rinfacciato più volte che non riesco a mantenere degli interessi per un periodo di tempo che le persone intorno a me considerano essere abbastanza.
Insomma, capisco tutti questi se e questi ma che mi sono stati posti davanti. Me li sono chiesti anch'io, quando ho iniziato a pensare di intraprendere questo percorso. Le risposte che ho trovato sia da evidenze scientifiche che dentro di me mi hanno soddisfatta. Ora quello che devo fare è vivere la mia vita e la mia verità, per quanto suoni pomposo.
Onestamente? Non sento di dover provare niente a nessuno. Se il mio corpo e la mia dieta saranno sani, questo sarà già un ottimo risultato, ma il mio obiettivo è questo: sentire di star facendo qualcosa per migliorare lo stato delle cose. Quindi ridurre la violenza sugli animali, lo sfruttamento degli esseri animali e degli esseri umani, ma anche cercare di impattare di meno sulla salute del pianeta. Sull'inquinamento, sulle emissioni di CO2, sull'utilizzo della terra e di campi coltivati a soia per nutrire non noi vegani bensì gli animali che poi verranno macellati.
Mi sento molto infervorata mentre scrivo queste righe perché la realtà è che questi temi mi sono sempre stati cari. E adesso ho deciso di fare un passo in avanti, andando oltre la semplice raccolta differenziata, il bere l'acqua del rubinetto, l'acquisto di prodotti sfusi invece che confezionati, la spesa dal fruttivendolo sotto casa invece di comprare la verdura che viene dall'altra parte del mondo...
Diciamocelo onestamente: io non posso cambiare il mondo. Lo so, sono più che conscia del fatto che queste mie azioni non risolveranno la fame nel mondo, non ci aiuteranno a rispettare l'obiettivo europeo di diventare climaticamente neutri entro il 2050, non è una strategia che mira alla perfezione. Ciò a cui miro è sentirmi un po' meglio, ridurre la mia ansia climatica e fare qualcosa, cazzo.
E forse, finalmente, mi rendo conto che questo piccolo blogghettino altro non è che una mano tesa: una ricerca di anime affini che la pensano come me, che non mi diranno “Eh, tanto non c'è niente da fare” ma che invece penseranno “Ehi, anch'io mi sento così” e si batteranno per qualcosa di più. Un obiettivo comune, uno sforzo per migliorare la situazione.
Una sola persona non basta, ma tante persone fanno una folla e una folla può portare del bene. Perché almeno non provarci?