Angel Hotel 2
Jack correva a perdifiato lungo il corridoio, era tallonato da inimmaginabili orrori armati delle più brutte intenzioni, maleducazione, ingratitudine e arroganza. Arrivò allo sgabuzzino degli inservienti e ribaltò il carrello delle pulizie in mezzo al passaggio, sperando che questa volta potesse rallentare in qualche modo gli inseguitori. Svoltò l'angolo e si lasciò dietro gli ascensori, inutile provarci: gli orrori lo aspettavano sempre al piano che sceglieva, e si infilò nella sala delle colazioni. Scavalcò il bancone e si rannicchiò sotto la macchina del caffè e rimase in silenzio per cogliere eventuali rumori. Tutto quello che riusciva a sentire però era il cuore pulsargli forsennatamente nelle orecchie.
Passato qualche minuto fece capolino dal riparo e si guardò attorno: tutto tranquillo. Avanzò nella stanza e osservò il corridoio: neanche lì nessun orrore in vista. Forse il carrello ribaltato era riuscito veramente a fermarli. Gli orrori erano molto veloci, ma ogni tanto questi piccoli ostacoli riuscivano a bloccarli completamente. Ora Jack doveva solo riuscire a non farsi trovare. Tornò dietro il bancone, prese un cornetto alla marmellata e una bottiglietta d'acqua, sgattaiolò dalla porta di servizio e raggiunse la scala antincendio. Trovandola sgombera scese mangiando una meritata colazione.
Tre piani più in basso, entrò nella sala manutenzione del seminterrato e provò, senza successo, a chiudere la porta facendo scattare la serratura con il suo coltello multiuso. Ripiegò sul barricare la porta. Ma si apre verso il dentro o verso il fuori? pensò mentre spingeva un grosso armadio, non c'era tempo per controllare. Riprese la corsa verso un altro corridoio, un altro, e poi un altro ancora che lo avrebbero portato al locale caldaie dell'albergo: lì si trovava la salvezza.
La porta era comparsa due giorni addietro. Tornato dalle lezioni pomeridiane, Jack aveva fatto una doccia veloce e, dopo essersi preparato un sandwich con burro d'arachide e marmellata, si era accomodato al tavolo della sala da pranzo per lavorare sulla ricerca di storia da consegnare la settimana successiva. Immerso dalla consultazione dell'enciclopedia non aveva dato troppo peso ai rumori provenienti dal giardino ed aveva continuato a studiare. Qualche ora dopo, Jack leggeva il retro di una bottiglia di shampoo seduto sulla tazza quando finalmente prestò attenzione ai rumori. I suoi genitori non erano ancora tornati dalla casa al lago, quindi non poteva essere il padre a fare giardinaggio. Restava Brandon, il Jack Russel dei vicini, che aveva la brutta abitudine di sconfinare e fare danni.
Jack uscì e chiamò il cane un paio di volte mentre si avvicinava al capanno degli attrezzi, sentì abbaiare al di la dello steccato, lontano dai rumori, e si bloccò. Se non era Brandon chi stava facendo quei rumori? Cercò di ascoltare meglio l'ambiente circostante, il suono era ritmico, come di un martello che batte sull'incudine. Lo seguì fino al lato ovest della casa. Il rumore era cambiato: sembrava il crepitio di un fuoco acceso nel camino. Si ritrovò all'ingresso secondario dell'abitazione, quello che dava sulla cantina. Quando aprì la porta, il rumore era più simile a un ronzio, lo seguì; il ronzio si trasformò in una specie di grido, sempre più forte man mano che avanzava. Giunto alla sala della caldaia il rumore si fermò di colpo, lì una porta dorata era apparsa sul muro che aveva sempre ospitato lo stendi panni. Trasportato da un sentimento che non riusciva a spiegare, e in contrasto con quello che il suo istinto e il buon senso gli stavano dicendo, Jack l’aprì.
Nel locale caldaie dell'albergo Jack si avventò sulla porta dorata, girò il pomolo, prima spinse, poi tirò ma l'uscio non voleva aprirsi. In lontananza sentì rumori di oggetti rovesciati e passi pesanti: gli orrori lo stavano raggiungendo. Preso dal panico provò a forzare la porta dapprima con il coltello multiuso, poi con un piede di porco, infine lanciandogli contro un pupazzetto di peluche che aveva trovato in una delle camere. Disperato provò ancora tirando e spingendo con tutte le sue forze. La porta cominciò a urlare, continuò così per minuti che sembrarono ore, l'urlo della porta era sempre più forte. Poi si ammutolì, zuppo di sudore e ansimante dalla fatica Jack smise di strattonare e si voltò: gli orrori erano lì.
“Hai provato con il piede di porco?“ chiese Gianna. “Sì, non si apre. Ho anche provato con il peluche.” Mario sbuffò ricaricando la partita. “Questa volta prova a lanciarlo contro gli orrori, magari si fermano.”
Anche questo post da parte del Circolo di Scrittura Creativa Raynor’s Hall, potete trovare maggiori informazioni qui. Ringrazio le deadline scadenze dettate da queste challenge sfide che al momento sono l'unica cosa che mi “obbliga” a scrivere. A presto su questi schermi.