Avanti Veloce

Aurora premeva ripetutamente il pulsante del piano a cui doveva andare. Stupido ascensore pensava mentre attendeva che le porte si chiudessero. Aveva mangiato velocemente, scambiando qualche chiacchiera rapida con i colleghi, ed era arrivato il momento di tornare alla sua postazione per poter approfittare dell'ufficio vuoto e continuare le lezioni di tedesco online. Non che le servisse per lavoro ma la sua migliore amica si era trasferita lì da qualche anno e sarebbe stato bello non dipendere completamente da lei quando andava a trovarla. Seduta alla scrivania inforcò le cuffie e, dopo aver preso un paio di pastiglie per il mal di testa, iniziò la lezione del giorno. Venti minuti, e una trentina di nuove parole incomprensibili dopo, era già l'ora di tornare al lavoro.

Finite le slide di presentazione e le statistiche da presentare l'indomani ai capireparto, Aurora guardò l'orologio, era già mezz'ora dopo l'orario di ufficio. Significava che era in ritardo. Indossò di corsa il cappotto e, agguantata la borsa, sfrecciò giù dalle scale, non aveva tempo per l'ascensore. Raggiunto in fretta il parcheggio salì sulla sua fedele macchinina e si diresse al palazzetto dello sport, in meno di un mese sarebbe iniziato il campionato ed era importante sfruttare quegli ultimi giorni di preparazione appieno. Finiti gli allenamenti, e dopo una bella doccia calda, era tempo di un bell'aperitivo con la squadra in un bar non troppo distante dal campo.

Finito l'aperitivo Aurora salutò le compagne di squadra e si diresse verso il centro, aveva appuntamento in un pub appena aperto con dei vecchi compagni di università. Era tardi e non aveva tempo per cenare a casa, avrebbe preso un hamburger o delle patatine una volta arrivata al locale. Il locale era colorato, la musica buona e il cibo altrettanto, questo la mise di buon umore dopo le tribolazioni del cercare parcheggio, sempre raro in quella zona. Finita la serata tra birre e aneddoti dei tempi andati provarono a organizzare altro ma, tra lavoro e famiglie, decisero di concludere la serata.

Tornata alla macchina Aurora diede diversi colpi di telefono per vedere se qualcuno volesse fare after, o magari andare in discoteca. Preso atto di essere rimasta sola avviò l'auto e si diresse mestamente verso casa. Nel tempo necessario per raggiungere l'appartamento il mal di testa era tornato prepotentemente a far sentire la sua presenza. Subito dopo essersi liberata delle scarpe Aurora riempì un bicchiere d'acqua e si diresse all'armadietto dei medicinali per rifocillare la sua dose giornaliera di antidolorifici. Seduta nel buio della stanza appoggiò la testa allo schienale del divano e provò a dormire. Rivoli di lacrime le solcarono il volto. Con una smorfia atta a contenere il singhiozzio e con l'emicrania ancora pulsante, riaprì gli occhi ancora umidi, prese lo smartphone e iniziò a scorrere tra video di gatti e meme sperando di iniziare presto un nuovo giorno.



Nuovo post, nuova sfida del Circolo di Scrittura Creativa Raynor’s Hall, potete trovare maggiori informazioni qui. Il tema della stanza che cade ha pezzi mi ha fatto subito pensare a quei periodi più o meno lunghi, e più o meno gravi, in cui la stanza siamo noi. Sfortunatamente, anche se non lo sono, mi è venuto un mezzo blocco dello scrittore e non credo di essere riuscito a far passare proprio quello che volevo, magari un giorno (quindi mai) potrei riprovarci.

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