Il commissario Tommasino e l'uovo rubato

l commissario Tommasino osservava silenziosamente la teca di cristallo: l'anta aperta e il piedistallo vuoto gridavano a gran voce l'assenza dell'uovo. Una volta sigillato il perimetro, la squadra intorno a lui aveva iniziato lo scrupoloso controllo della sala alla ricerca di indizi preziosi. “Qui non si può fumare” disse qualcuno alle spalle del detective. “Che chiamino la polizia” commentò serafico Tommasino, facendo un altro tiro. “Che cosa sappiamo?” aggiunse infine, voltandosi verso la voce. L'ispettore Orso, pelo arruffato e giacca in disordine, leggeva da un taccuino che teneva tra le zampe. “Ieri la signora Oca, in fondo alla sala, cappello con i fiori, seduta vicino a Rex, chiude la galleria d'arte come tutte le sere alle ore 21:00 precise. Questa mattina torna per l'apertura e l'uovo è sparito. Nessun allarme, niente segni di effrazione. A parte l'anta aperta non c'è nulla fuori posto.” “Che hai fatto al pelo?” chiese Tommasino. “Che c'entra?” “Assecondami” insistette il commissario, facendo un altro tiro alla sigaretta. “Stavo dormendo quando il questore ha chiamato, oggi è il mio giorno libero e non ho avuto tempo di prepararmi.” Tommasino fissò il collega con sguardo deluso. “Lo so commissario,” disse lamentoso Orso “ma c'è quel concorso per il posto in montagna e sa com'è il questore.” “Orso io ti voglio bene lo sai, ma il questore in montagna non ti manda. Ci abbiamo già provato chissà quante volte. Dai su, non fare quella faccia. C'è altro? Qualche sospettato?” “C'è Giuliano in città, il ragazzo di Anna. Quando è in giro sparisce sempre qualcosa.” Tommasino annuì. “Andiamo a parlarci.”

“Il commissario Tommasino e l'ispettore Orso! Qual buon vento vi porta qui?” disse in tono sprezzante Giuliano appena li vide entrare. “Dov'eri ieri tra le nove e mezzanotte?” “Al cinema con Anna, è successo qualcosa?” Tommasino fulminò il sospettato assaporando la sua sigaretta. “Le faccio io le domande!” Giuliano alzò i palmi in segno di resa. “Cosa sai dell'uovo nella teca?” lo incalzò il commissario. “Quale uovo?” “Lo sai benissimo, quello che…” La porta della stanza da letto sbatté di colpo. “Tommaso! Basta!”. Anna, la ragazza di Giuliano. L'ispettore scambiò uno sguardo d'intesa con Orso, era meglio andarsene prima di assistere all'ennesima scenata: se fosse stato solo forse avrebbe parlato, dopo l’arrivo della donna era proprio da escludere.

Il sospettato successivo era la signora Maria, un'anziana signora, all'apparenza tanto cara ma capace di un furto come questo. “Ma chi abbiamo qui? Tommaso e il signor Orsacchitto.” “Commissario, e lui è l'ispettore Orso” rispose secco Tommasino, mettendo particolare enfasi sul grado del collega. “Ah, sì sì… Mi scusi ispettore” replicò la signora. “Bene, sa qualcosa a riguardo del furto signora Maria?” “L'uovo? Era nell'armadio in salotto.” “La teca nel salone del museo” la corresse Tommasino. “Esatto, esatto. Io l'ho visto lì l'ultima volta. Ieri sera.” “Ieri sera? Era al museo?” “Sì, ho portato una cosa a… il custode, il signor Franco.” Tommasino si diede uno schiaffo in fronte. Il custode, che stupido che era stato. Nessun segno di effrazione, la signora Oca da sola nel museo all'apertura. La soluzione del crimine era così ovvia che gli era sfuggita. Franco il custode aveva rubato l'uovo approfittando della sua conoscenza del luogo.

I due agenti salutarono l'anziana Maria e si diressero di gran fretta al museo, dove il custode aveva dimenticato la pipa. Tommasino l'aveva subito notata e, se c'è una cosa che tutti in città sanno, è che Franco non si separa mai dalla sua pipa. Come il più scontato dei libri il colpevole sarebbe tornato sul luogo del delitto per recuperare l'oggetto; sarebbe stato allora che Tommasino e Orso lo avrebbero preso. Arrivati al museo i due si misero comodi su un paio di poltrone e attesero pazientemente l'arrivo del ladro.

“Tommy! Svegliati che papà è arrivato!” Il commissario si svegliò di soprassalto, si era addormentato durante l'appostamento? Era il questore che lo chiamava? Si stropicciò gli occhi e guardò verso la direzione da cui proveniva il grido. “L'uovo?” chiese. “L'ha spostato papà sennò finisce che te lo mangi tutto e stai male.” Poi notò il bastoncino sporgente dalla bocca del bambino. “Quello è un chupa-chups? Se non mangi tutto vedi che fine fa l’uovo! E lascia l'orsacchiotto a casa che poi in montagna lo sporchi.”



Anche questo post si rifà ad una sfida del Circolo di Scrittura Creativa Raynor’s Hall. Il tema è la Pasqua, potete trovare maggiori informazioni qui. La festività è già passata da un po' ma l'importante è aver scritto qualcosa suppongo.

Volevo intitolare il racconto “La Pipa”, per fare una cosa alla Camilleri e richiamare un dettaglio della storia. Ho deciso di evitare questo virtuosismo e virare su un titolo più classico da romanzo giallo sui generis. Che è meglio, come diceva Puffo Quattrocchi.

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