la Kobayashi Maru

Farò un atto di fede, dando per assoluto il fatto che tutti siamo appassionati di Star Trek in quasi tutte le sue declinazioni e tutti sappiamo a cosa si riferisca il nome Kobayashi Maru e le implicazioni che questo comporta... Se non siete fan di Star Trek, mi dispiace per voi, vi basti sapere che Kobayashi Maru è il nome di un test attitudinale/caratteriale al quale i cadetti prossimi all'uscita dell'accadamia devono sostenere per saggiare le loro capacità e la loro attitudine al comando in situazioni senza soluzioni positive. Condurre un equipaggio alla perdità totale della nave e alla morte di molti e farlo consapevolmente richiede uno spessore che si valuta proprio in questo specifico "esame" Il test non ha soluzione ottimale dicevamo, e il susseguirsi di problemi non ha soluzione, si basa in pratica sulla capacità di gestire una "sfiga" infinita. Nella narrazione terkkiana un solo alievo fu in grado di superarlo, ponendo una soluzione ottimale, ma chi sarà mail il guardiamarina poi capitano più famoso di sempre ? Ma certo lui James Tiberius Kirk, il capitano Kirk infatto è conosciuto nell'universto Trek come il primo ad aver risolto il test della Kobayashi Maru, ma la domanda è come ha fatto ? Come è stato possibile se il test è congegnato per essere privo di soluzione ? Facile, ha semplicemente barato, si ha barato! Tralasciando modi e fatti che potete ricostruire iniziando ad amare Star Trek, vi basti sapere che il capitano Kirk ha manomessi i parametri del test e introdotto nuove variabili, una volta attivate con un semplice comando camuffato al computer la situazione si è risolta, permettendo a Kirk di sfangarsela. Primo nella storia... Nell'universo narrativo la questione venne presa in esame per un eventuale provvedimento disciplinare, tuttavia la questione fu superata e la soluzione adottata da Kirk venne in qualche modo accettata e promossa come qualcosa di unico, originale un modo di pensare innovativo, oggi potremmo dire che ha "cheattato" per raggiungere uno scopo altrimenti irraggiungibile, ma sarebbe errato, perché se trucchi una corsa, una gara che in realtà prevede la possibilità di soluzione regolare, se pur difficile, aggiri non tanto la difficolta dell'azione richiesta, ma la tua debolezza, incapacità o insicurezza nell'agire, ma sapendo che non c'è soluzione che altro si dovrebbe fare ? Accettare passivamente, più o meno, l'inevitabile ? E' umano non percepire la fine di un momento sia esso triste o felice, è umano drogarsi di presente, e sopratutto nell'età più giovane percepire un po' tutto come immutabile, truccare la verà inevitabilità degli eventi è qualcosa di geniale, rompere una regola per la quale io non posso farcela, rompere lo schema configurato per portarti al fallimento, fallire per cosa ? Per maturare ? Ma come può un fallimento programmato farti crescere, si deve fallire nella convinzione di farcela sino alla fine. Il fallimento insegna, ha senso quando sai a posteriori di aver fatto scelte sbagliate che non rifaresti, anche quando non è più possibile rimediare anche quando arriva il rimpianto. Non so a cosa serva questa lunga disquisizione personale forse perché il tema del fallimento mi è caro essendone un araldo, o forse perché mi piace scrivere nel silenzio ovattato del mattino, complice un orecchio tappato che necessità dell'intervento di un ottorino... Mi piace il rumore della tastiera... Non lo so in fondo ma mi andava di farlo è l'ho fatto...