Final Fantasy IV a quasi 30 anni, 34 anni dopo

La solita intro aneddotica

Io sono tremendamente fuori tempo su tutte le forme d'arte. Non sto quasi mai al passo con le novità del momento e baso la mia dieta mediatica sui pezzi da novanta del passato, spaziando dall'antichità profonda all'altro ieri. Rispetto ai videogiochi, sono estremamente affezionato all'epoca che va grossomodo dall'89 al 2000 (gli anni in cui o ancora non c'ero, o ero un marmocchio), e oggi ho terminato di giocare un pezzo da novanta di quella fase storica: Final Fantasy IV. Queste sono le mie opinioni da cretino qualunque, aspettatevi spoiler.

Final Fantasy IV

Con che spirito ho giocato

Con quello da smanettone filologo: ho giocato sul mio SNES Mini la prima edizione del '91 per Super Nintendo Entertainment System, ma ho applicato alla ROM originale per il mercato USA la patch Namingway Edition, che aggiorna la traduzione in accordo con le edizioni successive, restaura i contenuti tagliati dalla prima localizzazione, e debugga e ribilancia qua e là. Oltre che con quello da sentimentale: le mie partite a Final Fantasy X, X-2, XII: The Zodiac Age, XV e VII (sia primo atto dell'originale sia primo episodio del Remake) sono state importanti attività condivise con il mio ex partner dei tempi di fine università-inizio lavoro, e nei primi giorni o di questa avventura con FF IV volevo scrivere di mio pugno un manuale di istruzioni, così da proporre il gioco alla persona che tre mesi dopo, a fine partita, è ormai diventata la mia ex partner. In più, c'è stato uno iato di un mese e mezzo in cui non ho avuto la testa per giocare, siccome stavo comprando casa. Per cui, che dire, FF si conferma una serie che mi immalinconisce spesso.

Cosa ne penso del gioco

Darò considerazioni sparse e disorganiche, perché non ho minimamente le competenze ludologiche per costruire un discorso coeso:

Cosa mi porto dietro, da questa partita?

Che in questo momento storico la profezia di Zeromus è corretta e “l'oscurità nel cuore umano” prevale su tutta la nostra Terra, pertanto c'è tanto bisogno di persone come Cecil; anzi, persone capaci di fare anche più di Cecil, e brandire assieme la spada oscura del Cavaliere Nero e la magia bianca del Paladino, in una prospettiva più taoista che strettamente manichea (perdonatemi, ma per me il simbolismo luce-tenebra sarà per sempre condizionato dal romanzo La mano sinistra del buio). Che quando organizzo cose belle e significative, nella loro piccolezza, assieme alle persone a me care, mi posso concedere di pensare a me stesso come a un cavaliere di Baron, o come un ninja di Eblan. Ma forse, dovendo proprio scegliere bene, io sono il gemello maschio di Rosa nella fisionomia di Tellah. Che se sento di stare collassando sotto un fardello troppo pesante, doloroso come l'incantesimo “Big Bang” di Zeromus, dovrei chiedere una mano alle persone cui tengo; posso legittimamente presumere che verranno a tirarmi su, come tutti i popoli della Terra guidati dal saggio Minwu. Che finché esisterò come individuo, il tema musicale di Final Fantasy per me sarà la colonna sonora della collaborazione e della speranza davanti alle avversità. Perché ne abbiamo tanto bisogno.