COMUNICAZIONE E PIATTAFORME
Oggi parte ufficialmente il piano che ho per il 2024. La più grande sfida sarà raccontarlo, perché ha varie parti mobili ed è frutto di tantissimi ragionamenti. Per fortuna, il concept è semplice e sono convinto che il modo più potente per chiarirlo sia metterlo in atto. A fine di archivio, anche nell'ottica della produzione del manuale/libro, riporto qua sotto le slide che ho creato per Instagram. E colgo l'occasione per riflettere sulla prima, grande domanda: in un progetto di liberazione dal feudalesimo digitale, ha senso comunicare su Instagram?
Dopo tanto lavoro dietro le quinte per tirare su i server e le piattaforme, è giunto il momento di svelare il progetto. Visto che molte delle persone che mi seguono sono ancora su Instagram, ho deciso di preparare delle slide. Prima riflessione: crearle mi è costato molto lavoro. Teniamo a mente questa parola, perché è la chiave di volta del nuovo rapporto che voglio con la piattaforma di Zuckerberg.
La scelta della bomba non è casuale. Dico sempre che su Instagram bisogna comunicare con le bombe a mano, bisogna urlare per farsi sentire in un mare di content. Questa esigenza di fare rumore per farsi notare è un perfetto esempio di come le dinamiche delle piattaforme influenzano persino la forma di ciò che facciamo.
Ironico, vero, dover scrivere il testo sulle immagini per farsi leggere?
Di Tele Kenobit avrei voluto parlare molto di più, anche perché ho pronto il palinsesto dei primi tre mesi e non vedo l'ora di condividerlo, ma volevo chiarire il concetto che intorno a Tele Kenobit orbiterà un ecosistema di servizi. Una dimensione parallela dove facciamo le stesse cose, quelle che amiamo, ma smettiamo di regalarle alle aziende (e le regaliamo invece alla collettività).
Dietro le quinte, si stanno muovendo tantissime cose, sul fronte di Stereo. Non sono l'unico artista che odia Spotify e che non vede l'ora di organizzare qualcosa di collettivo. Presto, oltre alla mia musica, vedrete anche tantissimǝ altrǝ artistǝ.
La mailing list è la chiave di volta di tutto il progetto. In questo 2024 farò tante cose, tra Fediverso, eventi e concerto, tutto nell'ottica di questa impresa. Con la mail settimanale (oggi spedirò la prima!) avrete la sicurezza di non perdervi niente. Anche perché, diciamolo, il bello di fuggire dalle piattaforme commerciali è che i contenuti smettono di essere effimeri e restano lì ad aspettarti. È un sistema più rispettoso del mio tempo, e del vostro. Iscrivetevi!
Sugli obiettivi tornerò, ma con un post su questo blog. Dover comunicare con le bombe a mano ci impedisce di raccontare le sfumature, e le sfumature sono importantissime. E sono pure belle. Io non voglio una vita senza sfumature.
Ho lavorato un giorno intero per trovare queste parole e per fare le grafiche. Ripetiamo la parola: LAVORO. L'obiettivo di questo progetto non è fare l'eremita, buttare tutti i miei vestiti e coprirmi le pudenda con una botte, stile Diogene.
Voglio ridefinire il mio rapporto con queste piattaforme. Al momento è innegabile come gran parte del pubblico sia su Instagram e affini. Questo oligopolio dell'attenzione è esattamente uno dei problemi che dobbiamo affrontare, ma non possiamo ignorarlo. Non ancora, se non altro.
Ho investito del tempo per creare queste slide e oggi ne investirò dell'altro per curare il post su Instagram, rispondendo ai commenti per aumentare l'engagement ed entrare nelle grazie dell'algoritmo. Mi piace farlo? Assolutamente no. Vedo l'ironia del tutto? Certo che sì. Lo sto vivendo come un lavoro e penso che sia fondamentale riflettere sul concetto.
Quando qualcuno mi dice “Eh, ma Instagram mi serve per lavorare,” nella mia testa si susseguono molti pensieri.
Il primo è che, in moltissimi casi, il fatto che “serva” è un'illusione. Chi ha account con pochi follower ha spesso un rientro risibile, rispetto al tempo investito. In quel caso, se è un lavoro, è lavoro malpagato.
Il secondo è: benissimo, l'hai detto tu. Stare su Instagram è LAVORO. Se dici che ci stai perché devi promuovere un'attività, un libro, un disco, un locale, stai affermando che la piattaforma è un luogo di lavoro. Non c'è niente di male e io non ho alcun diritto di metterci becco, anche perché un luogo di lavoro lo è anche per me.
Semplicemente, se lo interiorizziamo come lavoro, dobbiamo fare in modo che il lavoro occupi uno spazio adeguato nella nostra vita. Se Instagram è un luogo di lavoro, guardare reel sul divano dopo cena è un po' come restare in ufficio a fissare il monitor. La sovrapposizione tra luogo di lavoro e luogo di svago è uno dei più grandi inganni di Meta e forse il primo che dobbiamo smontare.