Al bar con Stilgar – Come leggere un'etichetta di un whisky

Immagino di poter dare per scontato che chiunque abbia visto in vita propria una bottiglia di whisky, ma forse non vi siete soffermati troppo su tutte le informazioni che sono racchiuse in essa. Il mondo del whisky è vastissimo, e per permettere all'acquirente di capire “a scatola chiusa” cosa sta per comprare, l'etichetta fornisce tutte le informazioni necessarie per farsi un'idea.

Prima di tutto, però, facciamo un passo indietro. Sto usando la parola “whisky”, scritto proprio così, ma avrei potuto scrivere “whiskey”. Può sembrare una sottigliezza, ma non è affatto così. Lo spelling “whisky”, senza la E, corrisponde alla maniera scozzese di scrivere la parola che sta a definire “un distillato ottenuto dalla fermentazione e successiva distillazione di vari cereali, maturato in botti di legno (generalmente di rovere).” Questo è vero anche per il whiskEy, ma se questo distillato viene prodotto in Scozia (e, in misura ridotta, in Canada) allora si scrive whisky, senza la E. Se invece viene prodotto altrove, tipo in Irlanda, negli Stati Uniti, in Giappone, in Australia, in India o via dicendo, allora si -dovrebbe- scrivere whiskEy con la E.

Appurato questo, se parliamo di scotch whisky, quindi whisky scozzese, solitamente nell'etichetta vedremo scritto il nome del produttore, tipo Glenfiddich, Bruichladdich, Talisker e così via. Partiamo subito col dire che questo non necessariamente corrisponde al nome della distilleria che ha prodotto ciò che si trova dentro la bottiglia.

Per spiegare meglio questo concetto, bisogna però passare alla seconda cosa più evidente che si legge su un'etichetta di whisky: l'origine del malto.

Spesso si sente parlare infatti di Single Malt o Blended Malt, l'errore che molti neofiti fanno però è credere che si traduca in Italiano come “malto singolo” oppure “malto miscelato”. In realtà, la parola “malt” si riferisce a “whisky”, non all'aggettivo che la precede (single o blended che sia). Significa che nella bottiglia c'è “whisky di malto”, ovvero “malt whisky”. Cosa significa allora Single o Blended?

I Single Malt sono whisky preparati in un’unica distilleria (tipicamente, quella il cui nome si trova sull'etichetta, anche se potrebbero esserci imbottigliatori indipendenti, ma in questo caso la distilleria è sempre esplicitata) e con una singola qualità di malto. I Blended sono una miscela di vari single malt che possono provenire da diverse distillerie. Attenzione, questo non significa che si tratti di prodotto più scadenti: il mestiere del Master Blender è tutt'altro che semplice, e moltissimo Blended sono prodotti eccellenti. Provate ad esempio qualsiasi bottiglia della linea Compass Box per ricredervi (specialmente il Peat Monster e l'Orchard, per citarne giusto un paio). Più rari sono i Single Barrel o Single Cask. Questa nomenclatura sta a significare che il whisky contenuto nella bottiglia viene un unico barile. I prodotti di questa tipologia tendono naturalmente a essere notevolmente più cari.

Subito dopo, generalmente, troveremo il periodo di invecchiamento. Questo non è un requisito obbligatorio, ci sono molte distillerie che preferiscono non esplicitare quanto tempo il whisky trascorre in botte (tipo Highland Park o Talisker, la cui gran parte dei prodotti ha nomi di fantasia piuttosto che un semplice numero. Esiste infatti il Talisker 10, come esiste anche il Talisker Port Ruighe, o il Talisker Storm). Fermo restando che uno scotch whisky può dirsi tale solo se ha trascorso per lo meno 4 anni in botte, e fermo restando che il whisky come qualsiasi distillato non invecchia una volta trasferito in bottiglia (al contrario dei fermentati come ad esempio il vino), la notazione di invecchiamento significa sostanzialmente quanto tempo il whisky ha avuto a disposizione per assorbire le proprietà del legno della botte dove è stato messo dopo la distillazione. A essere precisi però se si tratta di un Blended, che è composto da diverse miscele, possiamo avere anche dei tempi di invecchiamento diverso. Ciò significa che l’età riportata è quella del prodotto più giovane contenuto nella bottiglia, e questo vale anche per i Single Malt.

Sicuramente poi, specialmente nei Single Malt, leggeremo la tipologia di legno in cui il whisky è invecchiato. Si tratta quasi sempre di botti usate precedentemente per qualcos'altro, almeno nella tradizione Scozzese. Se parliamo di whiskey statunistense, e quindi per lo più parliamo di bourbon, per legge si tratta sempre di botti nuove (virgin oak casks), perché il governo degli Stati Uniti ha disposto appunto una norma che impedisce di riutilizzare le botti per più di un invecchiamento, a tutela del mestiere dei bottai. Le botti usate per un batch di invecchiamento di bourbon, ad esempio, vengono poi spedite appunto oltre oceano, per accogliere il “new make” (così si chiama il distillato di malto, che dopo l'invecchiamento chiameremo whisky, o whiskey).

Le botti usate per invecchiare il whisky possono essere molteplici, in caso il produttore abbia deciso di invecchiare il whisky in più fasi e quindi in legni differenti (tipo nel Balvenie Triple Wood, che è un single malt creato da un mix di botti refill ex-bourbon, first-fill ex-sherry Oloroso butt e botti first fill ex-bourbon), oppure soltanto una (come fa per esempio Glendronach che invecchia quasi sempre solo in ex-sherry).

Solitamente, leggeremo anche se durante l'imbottigliamento sono stati usati coloranti alimentari (la normativa scozzese ne permette qualcuno), e soprattutto se si tratta di un whisky filtrato a freddo oppure no. Il chill filtering è un passaggio della produzione del whisky che avviene al momento dell'imbottigliamento con lo scopo di togliere le impurità (ad esempio, residui del legno e sostanze grasse che possono depositarsi all'interno della botte). Si tratta di una pratica molto divisiva nel mondo del whisky, perché sebbene il prodotto risultante sia effettivamente più limpido e appaia più puro, il filtraggio a freddo rimuove anche buona parte dell'aroma, eliminando le specifiche dell'identità di ciascun prodotto. Solitamente, si tende a preferire un whisky che sia “Non chill filtered”.

Da qualche parte, l'etichetta ci dirà anche la provenienza del whisky. Se parliamo di scotch, questa sarà sicuramente una tra Campbeltown, Highland, Islay, Lowland e Speyside, anche se a volte recentemente si parla anche di Islands, per significare il whisky che proviene da isole “minori” come per esempio Jura. Nel whiskey statunitense si parlerà ad esempio di Bourbon, Tennesse, e così via.

Per ultimo, ma non certo per importanza, l'etichetta deve riportare la gradazione, ovvero la concentrazione alcolica. Solitamente si tratta di 40%, ovvero 40 gradi, ma questo preciso numero si ottiene tramite diluizione. Il whisky nella botte ha sempre una gradazione più elevata. Se non viene diluito, si parla di whisky cask strenght, dicitura che sta a significare che il distillato è stato imbottigliato alla stessa gradazione della botte. Nel whiskey statunitense la dicitura invece è Full Proof.

Tutto questo possiamo derivarlo da una semplice etichetta. Il resto spetta a noi: capire cosa ci piace, perché, e soprattutto esplorare, provare cose nuove.

Alla salute!