Inktober 2025 – Però per scritto – 3/10 – Crown

L'Inktober ( https://inktober.com/ ) è un'iniziativa che ricorre ogni anno: 31 prompt per realizzare altrettante illustrazioni, così da stimolare la creatività e non soccombere all'apatia. K&S quest'anno partecipano congiuntamente. K, da brava illustratrice, posterà i propri disegni sui propri social. S, da totale inetto per quanto riguarda disegno e grafica, parteciperà realizzando brevi raccontini. Si, siamo al corrente che esiste anche un'iniziativa analoga per chi preferisce creare racconti. Ma siamo anticonformisti, che ci volete fare.

Ogni giorno verrà pubblicato qui un racconto, ispirato dalla parola del giorno.

3/10 – Crown

La missiva giaceva arrotolata sul possente tavolo di quercia, col sigillo infranto, segno che era stata quantomeno aperta. Se era stata aperta, era presumibile fosse stata letta. Se era stata letta, era presumibile fosse stata compresa. Se era stata compresa, era presumibile che gli ordini fossero stati eseguiti.

E allora perché la missiva si trovava lì, e perché il messaggero aveva riportato indietro insieme ad essa soltanto parole di rifiuto?

Rifiuto! Figuriamoci, il Principe Andrea non sapeva nemmeno cosa significasse “rifiuto”. Nessuno rifiutava mai una richiesta del Principe. Per di più, un umile fabbro si era permesso di rifiutare un'esplicita richiesta? Assurdo!

“Vostra altezza, tecnicamente si tratterebbe di un orafo. L'ultimo orafo a essere precisi.”

“SILENZIO! Cosa ne vuol mai sapere un messaggero come te della differenza tra fabbro e orafo? Ma sei sicuro di aver capito bene?”

“Beh, sì, vostra altezza, senza dubbio. Il vecchio Mario ha proprio detto di no, non intende più lavorare. Anzi, avrebbe anche aggiunto altro, ma non voglio tediarla con i dettagli.”

“No no, ormai voglio proprio sapere tutto, che diamine avrebbe mai detto questo mentecatto scansafatiche?”

“Ha proprio detto che non intende lavorare per voi, nello specifico.”

“È inaudito! Che sia dunque portato al mio cospetto! Staremo a vedere cos'ha il coraggio di dire, di persona!”

Vennero dunque inviate le guardie fino alla collina dove si trovata la casa del vecchio Mario, l'ultimo artigiano orafo del regno. Era una casetta piccola, ma di fianco c'era una grande ciminiera, l'ultima forgia ancora attiva. Da tanti anni ormai un nuovo materiale aveva sostituito praticamente ogni forma di metallo, primo tra tutti quelli lavorati a mano. Era una sorta di plastica, importata da terre lontane, e si poteva lavorare con apposite macchine per farla diventare dura quasi quanto il metallo. Con un po' di immaginazione e una lavorazione aggiuntiva, poteva diventare brillante quasi quanto l'oro. Con una speciale rifinitura, il peso e la sensazione la faceva somigliare a qualcosa di quasi prezioso.

Quasi. Ma di certo, non era adatto per ciò che desiderava il Principe.

Il guanto d'arme del capo delle guardie, naturalmente realizzato in plastica, picchiò forte per tre volte sul portone di casa dell'orafo.

“Qui è la guardia reale. Aprite!”

Il vecchio Mario, dopo qualche istante di esitazione, aprì la porta e, sorpreso, rispose “Ancora voi? Cosa volete ancora?”

“Siete convocato al cospetto di sua altezza il Principe Andrea! La vostra insolenza vi ha infine fruttato questo destino!”

“Oh beh, se basta questo ad accontentare il Principe, poteva dirlo anche prima!”

Qualche tempo dopo, la truppa delle guardie fece ritorno al palazzo reale, con il vecchio Mario al seguito.

Il Principe Andrea, che a dire il vero non aveva chissà quanti impegni, appena ricevuta voce che la spedizione aveva fatto ritorno convocò subito le guardie e il vecchio al suo cospetto.

“Ordunque vecchio, è vero quel che riportano le mie guardie? Che ti sei rifiutato di prendere in carico il lavoro che ti ho ordinato?”

“Beh, vostra altezza, cosa volete che vi dica, la fedeltà delle guardie reali è ben nota dappertutto, non mi sognerei mai di contraddirle, tanto più quando hanno ragione.”

“Fai anche lo spiritoso? Ti ho ordinato di realizzare la mia corona, hai idea dell'importanza di questo ordine? Da quando mio padre ha finalmente esalato l'ultimo respiro, sono io il sovrano, e tutti i sovrani devono avere una corona!”

“Immagino sia così vostra altezza, io non me ne intendo, sono solo un umile orafo, ma se lo dite voi di certo sarà così, vi credo.”

“Insolente da quattro soldi, ti farò cavare la pelle dalla schiena a suon di frustate! Ti ordino di procedere col lavoro, immediatamente! Torna alla tua catapecchia all'istante, accendi la forgia e realizza la mia corona come ho specificato! E voi guardie, scortatelo e assicuratevi che lavori! 10 frustate per ogni esitazione o errore!”

Il sole stava ormai tramontando, e durante il viaggio di ritorno il vecchio Mario si rassegnò a una notte insonne dedicata completamente al lavoro. Poco contava che le sue energie fossero ormai quasi esauste, il valore di un lavoratore esperto si vede soprattutto quando chi l'ha sottovalutato ne ha bisogno davvero. Era tradizione del regno che le corone dei Re venissero seppellite insieme al sovrano, e il vecchio Re non fece eccezione. I tempi però erano cambiati: la plastica aveva sostituito tutto ormai, costava meno, era più comoda da lavorare, tanto che anche un bambino avrebbe potuto comandare le macchine capaci di stampare in serie oggetti che erano quasi resistenti e belli come quelli fatti dagli artigiani come Mario.

Quasi. Ma di certo, non era adatto per ciò che desiderava il Principe.

Tornato a casa, con il gruppetto di sgraditi e inaspettati ospiti, Mario non esitò suo malgrado a riaccendere la sua forgia, consultò nuovamente il progetto del Principe e si trattenne dallo scuotere la testa: era pieno di indicazioni vaghe, sprecise, spesso contraddittorie, neanche uno scarabocchio d'esempio. Ma d'altronde, pensò Mario, chi detiene il potere raramente capisce qualcosa del mestiere della povera gente, chiedono e basta, pretendono e neanche sanno di preciso cosa vogliono. Tuttavia, il vecchio Mario riconobbe di non avere tante alternative. La forgia era ormai calda, ed era l'ora di mettersi al lavoro. Attenendosi precisamente al progetto, Mario realizzò un primo prototipo entro le prime luci dell'alba. Sbadigliando, consegnò il prototipo nelle mani delle guardie così che lo consegnassero al Principe per farlo approvare, e finalmente se ne andò a letto per un po' di meritato riposo.

Poche ore dopo, però, Mario venne di nuovo svegliato dall'ormai familiare rumore di un guanto in plastica che picchiava sulla sua porta.

“Vecchio, apri! Il Principe non è soddisfatto del tuo lavoro! Dice che la corona dev'essere più preziosa, che non calza bene, e che pretende sia più decorata!”

Tutti così i potenti, pensò di nuovo il vecchio artigiano. Chiedono, pretendono, e non sanno neanche cosa vogliono. E si stupiscono se poi gli artigiani non vogliono lavorare per loro.

Mario aprì la porta, ma non fece a tempo neanche a dare il buongiorno alle guardie che queste entrarono bruscamente, lanciarono il prototipo della corona per terra, bloccarono mani e piedi del povero Mario e procedettero somministrando 10 frustate.

Dolorante, una decina di minuti dopo il povero Mario accese nuovamente la forgia, e qualche ora dopo il nuovo prototipo era pronto. Di nuovo, lo consegnò alle guardie, e si dedicò a medicarsi le ferite.

Poco più tardi, però, il solito suono di plastica contro legno tornò a disturbare il povero Mario. Il protopito non andava ancora bene, anzi, era ancora peggio! Il principe infatti riteneva che il nuovo prototipo fosse ancora più storto, il design non abbastanza alla moda, e non denotasse abbastanza autorità.

Altre 10 frustrate, e via a ritoccare la corona.

Anche stavolta però le guardie recarono brutte notizie: il Principe non era soddisfatto dal colore (non era abbastanza dorato) e la fascia era di forma ancora più sbagliata!

Altre 10 frustate, e via a ritoccare la corona.

Di nuovo, non andava bene: il Principe riteneva che la luce si rifrangesse in modo fastidioso sulla fascia della corona, e la forma non andava ancora bene.

Altre 10 frustate, e via a ritoccare la corona.

Ancora una volta, il Principe non era soddisfatto: era asimmetrica, si vedevano i segni delle martellate, ed era talmente storta da essere maledettamente scomoda.

Altre 10 frustate, e... e niente. Il vecchio Mario ormai non aveva più energie per poter lavorare, le frustate e le frustrazioni infine ebbero la meglio su di lui. Giaceva lì, tra forgia e tavolo da lavoro, come un arnese che non serve più, o che si pensa non serva più. L'ultima forgia, l'ultimo artigiano, spenti per sempre. E l'incoronazione avrebbe avuto luogo soltanto pochissimi giorni dopo!

Costernati, le guardie fecero ritorno al palazzo, con l'ultima revisione della corona, che ormai aveva subito così tante modifiche, apportate da mani sempre più stanche e martoriate, da sembrare tutto fuorché un simbolo di autorità e prestigio.

Il giorno dell'incoronazione, tuttavia, il Principe Andrea non ebbe scelta. Dopo tutti i discorsi di rito, venne calata sul suo capo quel circolo di metallo, segno di testardaggine, ignoranza, e mancanza di rispetto. Il popolo si chiese se avesse imparato qualcosa da quest'episodio, ma i padroni in fondo sono spesso proprio come diceva il povero Mario, e alla fine a forza di chiedere e pretendere ottengono proprio ciò che si meritano.