Papà Non ho mai capito nulla di papà, ma ciò è durato moltissimo nel tempo. Anche da adulto pensavo che lui non mi volesse bene o mi considerasse un po' debole, insignificante. Che errore: mi apprezzava, mi stimava, andava fiero di me. Penso di aver iniziato a comprenderlo solo dopo i 50 anni. Era contento di ciò che via via stavo realizzando: gli piaceva il mio lavoro, gli piaceva vantarsi di me, andava fiero che avessi studiato.

Con l'andare degli anni ha iniziato ad essere meno irascibile, ad essere più vicino a mia madre, a sopportarla e non scontrarsi con le sue ansie e le sue piccole nevrosi, tutte dettate da una depressione che la divorava.

Ricordo che andava a farle la spesa: prosciutto, pane, mele, verdura, carne... Non indovinava mai niente per quanto fosse estremamente ligio al compito: il prosciutto era troppo grasso o troppo magro, la carne dura e così via.

Era la mamma che ormai era stanca, di tutto un po', meno che della vita.

Ammalato, tutto ha iniziato a capovolgersi, anche -soprattutto- in me. Volevo vederlo quasi ogni giorno, un attimo, una frazione di minuto, ma volevo vederlo. Ed ho capito quanto gli volessi bene, ho capito quanto lui contasse per me, quanto mi abbia sempre sostenuto

solo adesso riesco ad averlo chiaro.

Luigi