Quella neve

Sulla neve mi piacerebbe tornare. Le “cavallette” di neve si formavano quando soffiava anche la tramontana. Allora sì che era bello andare a caccia di pettirossi o scriccioli nascosti, in cerca di caldo, tra le siepi. Era anche grandioso saperli catturare a mani nude. Io ci riuscivo, non ricordo dove posso aver imparato, ora provo orrore. Da ragazzo sapevo fare tutte le le “cose” che si facevano in campagna. Quando nevicava, mi pare nevicasse ogni anno, era normale, si andava a comperare qualche trappola per catturare merli e passerotti. Tutti lo facevano, tutti si dedicavano a questo passatempo crudele. Gli uccellini venivano poi mangiati. Non é facile ripensare oggi a quei passatempi così naturali, usuali per ogni famiglia. Catturare una ventina di “seeghete” (passerotti) oltre che divertente diventava anche un buon pasto, cotti in forno questi cibi hanno reso famosi piatti come “poenta e osei”, confesso anche che erano buonissimi. Buonissimo era il sugo che si sprigionava dai tocchetti di pancetta che arrostiva nel forno della cucina economica. Non abbiamo mai patito la fame noi, mai. Non ho ricordi di tali sofferenze diffuse in molte famiglie di quell'epoca. La caccia in autunno e inverno, la pesca in primavera ed estate fornivano qualche prelibatezza, patto che la pietanza non fosse distrutta dal sale che la nonna usava in abbondanza, anche questo simbolo di una agiatezza non usuale. Quando, di notte, cadeva la neve, ed era abbondante, si accatastava sui davanzali delle finestre ed ogni volta che uno scuro veniva aperto cadeva nel cortile, con un tonfo ovattato che permetteva, ad un orecchio esperto, di calcolare i centimetri caduti. Poi c'era solo festa di palle di neve, occasionalmente, il nonno faceva “el pajasso” col carbone al posto degli occhi, la scopa di saggina in mano ed un ghigno divertito.

Il nonno fumava la pipa.

Luigi