E voi, ci credete ai fantasmi?


E, in genere, al paranormale? Per tutto quel che non si vede e non si tocca, sono tendenzialmente agnostico; l'idea che cose, fenomeni e esseri vari possano esistere su piani diversi dai nostri, però, mi affascina e un poco ci spero.

I settantenni, almeno, di oggi avranno di sicuro qualche storia del genere da raccontare: erano tempi più ingenui, in un certo senso, certi racconti giravano di paese in paese, mutando nel viaggio. La tradizione orale coinvolgeva e riuniva gente più semplice (nel senso puro del concetto), più disposta a risuonare con queste storie. Ne ho ascoltate alcune dai parenti e una, strana, l'ho vissuta.

Stavamo nel soggiorno, io e mio padre, brandivo una spada di Zorro, sopravvissuta al Carnevale da poco trascorso. Mio padre stava riponendo qualcosa in qualche mobile, io stavo per i fatti miei, vicino alla finestra, agli antipodi dell’unico interruttore della stanza, quello del lampadario. Mio padre mi dava le spalle, senza dimenticarsi di darmi un'occhiata ogni dozzina di secondi circa. Clack!, così, all’improvviso: l’interruttore scatta, fisicamente, il lampadario si accende.

Non essendoci spiegazioni sensate da trovare al volo, mio padre mi dice “gli hai lanciato la spada contro?”, forse la domanda più stupida perché ancora la impugnavo; ancora oggi, non so cos'altro avrei chiesto io, in quella stessa situazione. “Sì”, rispondo io, e pure rabbrividendo, perché avevo visto proprio l'interruttore attivarsi in tutta la sua corsa, cos'altro avrei potuto rispondere?

Ok, ma i fantasmi? Ora un racconto di mia mamma. Le elementari le ha frequentate in una scuola di costruzione fascista. I fatti si svolgono nei primi anni Cinquanta e, premettp, a casa di mia mamma, si faceva la fame. Questa informazione potrebbe essere rilevante.

Questo grande edificio suddiviso, come di consueto per l'epoca, in due ali (maschile e femminile), si affacciava sul parco pubblico, la cosiddetta “pineta”, per i caratteristici alberi. Quando ancora c'erano, perché sono stati quasi tutti abbattuti di recente, per “criticità dovute al forte vento”, non particolarmente approfondite e verificate: nel dubbio, tagliamo tutto.

Gli scolari, in attesa della campanella dell'entrata, vi si attardavano in giochi e celie, in gruppo o da soli; quasi sola era mia mamma, una di queste mattine, lei che usciva sempre e inutilmente molto presto da casa, quando le sue urla catturarono l'attenzione dei pochi presenti, tra i quali una maestra: aveva visto un uomo adulto, un anziano, in maglia e mutandoni lunghi di lana, probabilmente quell'intimo beige che si usava una volta, che forse ancora si usa e che ho indossato anche io, da piccolo. Mi davano molto fastidio.

Lei continuava a gridare, fissando un punto nel vuoto, gli altri la guardavano senza capire, fin quando la maestra non è intervenuta a calmarla e chiedere spiegazioni.

Questa storia, mia mamma ancora la raccontava fino a qualche anno fa, ancora la racconterebbe se qualcuno gliela chiedesse. Era un fantasma, così ha stabilito. Era la fame, direi io. Le sere senza cena o quasi, nessuna colazione, poi si vedono i vecchi in calzamaglia, all'ingresso della scuola.

Ho qualche altro episodio simile, ne scriverò in futuro, magari vi farà piacere leggerne; io, intanto, li lascerò da queste parti, poi fate voi.