Piangere per Mexico 86 (il videogioco)


Del calcio me ne importa il giusto (nulla), non avrei mai versato lacrime per un mondiale o per qualsiasi altra competizione, a qualsiasi livello. Ai videogiochi di calcio, però, ci ho giocato e ci gioco ancora: gioco ancora a Mexico 86 (Kick and Run), SuperSidekick 2 e 3, Euro League (Tecmo World Cup). Le parentesi racchiudono i nomi dei giochi originali, ma da noi ne esistevano praticamente solo i bootleg. Ho giocato tantissimo pure a Sensible Soccer, ma ora non ci riesco proprio più: troppo difficile controllare i giocatori, col pallone che sguscia ovunque. All'epoca riuscivo a controllarlo benissimo, ma quanti anni sono passati?

Tornando a Mexico 86, erano gli anni in cui potevo disporre di 200 lire al giorno; quella singola possibilità doveva durarmi il più possibile, dovevo sconfiggere il gioco di turno. E a Mexico 86 ci riuscivo benissimo: sceglievo la Germania, probabilmente la più bilanciata e dal tiro potentissimo, secondo solo a quello dell'Inghilterra nelle mani della CPU: sì, solo quando a gestirla era il computer partivano dei tiri degni di Mark Lenders. Prendevo la Germania, annientavo quelle poche squadre e chiudevo il campionato con una quarantina buona di gol, questo quasi sempre.

Quasi, perché una volta fui sconfitto inspiegabilmente, impossibilmente alla prima o seconda squadra. Avevo terminato la mia dose quotidiana di videogioco, i miei occhi di bambino si riempirono di lacrime e tornai a casa, in quel periodo la mia casa e quella sala distavano di un solo numero civico.

Mia mamma preoccupata, credeva fosse successo chissà cosa, per me era chissà cosa davvero. Mi spiegai, probabilmente la 200 lire supplementare fu figlia proprio di quelle lacrime. Tornai giù, al civico successivo, a ripristinare l'ordine delle cose nel mondo del calcio. Con pieno successo, perché esistono anche, poche, storie a lieto fine.