Una riflessione alla decima
Il decimo log, chi ci avrebbe mai pensato? Dieci riflessioni sulla realtà che mi circonda, che ci circonda, in un modo o nell’altro. Non è una lacrimuccia quella che macchia questo foglio, anche perché come tutti abbiamo sperimentato almeno una volta, le lacrime non passano attraverso gli schermi (e meno male).
Sono trascorsi ben due mesi e mezzo in cui, settimana per settimana, ho espresso pensieri e tribolazioni riguardo varie tematiche. Il tempo e la memoria sono capitati più spesso devo dire all’interno dei log, due dimensioni molto vicine tra loro che nidificano in un rapporto di parentela unidirezionale: non c’è memoria senza il tempo. Spero che i momenti che hai trascorso su questi testi ti abbiano aiutato a guardare le cose con un punto di vista differente. Chiudo questo preambolo ringraziando tutti quelli che hanno letto fino a ora i Log, dovrei fare una lista di coloro che conosco ma sono sicuro che sappiano già quanto li ringrazi ogni volta.
Qualche giorno fa ho fatto un aperitivo con un paio di amici qui nella capitale e mi è capitato di riflettere sullo Spritz in quanto cocktail più amato al mondo nonostante il dubbio gusto. Guardavo sto coso arancione, amaro e frizzantino e mi chiedevo: “ma perché piace?”.
Questa ricetta, che potremmo anche considerare un ritrovamento archeologico del brand Aperol, ha subito talmente tante campagne di promozione che l’IBA è stata costretta a certificarene gli ingredienti. Lo Spritz è diventato in qualche anno il soft drink più bevuto degli ultimi due decenni. Ovviamente della ricetta originale dell’800 non è rimasto niente (per fortuna): c’è da dire, però, che la ricetta contemporanea ha componenti più economici e reperibili rispetto alla controparte antica e, nonostante questo, un aperitivo costa mille miliardi, sarà colpa dell’inflazione?
Il flusso riflessivo non è però nato dall’origine storica dello Spritz ma dalla sua amarezza. Da ricetta andrebbe bevuto con abbondante ghiaccio, con l’ausilio di stuzzichini salati e in buona compagnia. Riflettendo sulla pratica sociale, quasi tribale, ho notato un fenomeno interessante:
Più discussione c’è, meno lo Spritz è amaro.
Potrei tranquillamente metterla sul piano concettuale per cui ogni momento felice in compagnia stempera l’amarezza di un sapore. Invece voglio proprio entrare nel pragmatismo spicciolo e denunciare questa cosa secondo me molto importante: se lo Spritz si annacqua per via del ghiaccio, significa che l'incontro è riuscito.
Due o più persone che parlano in una discussione accesa hanno scambi continui e ogni botta e risposta evita all’uno o all’altro di bere dal proprio drink che inevitabilmente si annacqua man mano che il tempo passa. Facendo un rapido calcolo sensoriale, all’inizio dell’incontro il drink sarà terribilmente amaro (soprattutto se il barista usa un prosecco molto secco e poco pro) ma circa al ventesimo o trentesimo minuto il cocktail sarà più dolce.
Ci sono poi degli incontri che diventano lunghi monologhi, in cui una persona parla a raffica fino allo snocciolamento della questione in triplice copia protocollata. Questo significa che colui che ascolta sarà propenso a fare qualcosa di più tangibile mentre macina le informazioni che sta ricevendo. Beve, beve prima che il cocktail sia diluito abbastanza da essere meno amaro e mangia salatini che lo spingeranno a bere ancora di più formando così un circolo vizioso di amarezza infinita.
Eri giunto a quell’aperitivo brillante come una Super Nova ma sei esploso al primo sorso divenendo un buco nero che non può fare altro che assorbire informazioni e mangiare salatini: il fallimento cronico di un incontro che diviene un’esperienza da non ripetere in futuro. Ti è successo? Personalmente molte volte ma, come avrai capito dai nove log precedenti, mi piace ascoltare le storie delle persone che mi circondano. Forse è per questo che dopo tanti tentennamenti ho iniziato ad ascoltare gli audiolibri.
Mentre ne scrivo, capisco quanto sia importante riuscire a creare sistemi di discussione capaci di mettere persone in contatto e non far sentire nessuno un buco nero che assorbe le informazioni intorno a lui. Forse fare dei blog post va contro questa direzione in quanto, alla fine, sono dei lunghi monologhi in cui parlo per lo più da solo. Ammetto però che quando da questi post si generano discussioni formanti sui vari canali sono abbastanza contento. Mi fa sentire come se non fosse solo il mio lo Spritz meno amaro ma anche quello del mio interlocutore.
Intanto, grazie a un allineamento di pianeti che capita una volta ogni svariati eoni, questo decimo log cade circa il 10 settembre che è anche il giorno del mio genetliaco. Sarebbe stato carinissimo fosse anche il mio decimo compleanno così da chiudere il cerchio ma invece no, sono 36 e questo vuol dire solo una cosa. Non mi arriveranno più notifiche per le promo fasulle della carta giovani. Ora sono adulto e quindi non ci cascherei.
Che vuol dire essere adulti? Forse è stare lì a pensare che uno Spritz sia qualcosa di più di una bevanda o accettare che ci sia più bellezza nei cantieri che nella Venere di Botticelli (questo però ammetto è un ribaltamento statistico, tipo un terrapiattista che afferma la propria teoria come universale).
In realtà erano cose che facevo anche prima (riflettere sulle cose), forse non le dicevo o scrivevo ma credo fosse per il timore di dire qualcosa di “strano” o “cringe” (anche se al tempo non si usava la parola cringe ma awkward o disagiante) perché, al contrario dei terrapiattisti che parlano con convinzione, temevo di venir screditato in pubblica teca. Che poi pensavo, la paura dell’umiliazione non è quella cosa che ferma buona parte delle persone dal dire qualcosa?
Ricordo, numerosi anni fa, qualcuno che notò questo atteggiamento. Il mio voler dire qualcosa ma fermarmi prima di farlo, perdere l’attimo o il treno per paura di dire una castroneria. Quella stessa persona, durante degli incontri in cui bisognava decidere qualcosa di rilevante tipo “dove andiamo a pasquetta” o “che regaliamo a Jeanclaudino” (spero si scriva così), mi guardava, fermava tutto e mi chiedeva espressamente cosa ne pensassi riguardo questo o quello. Da allora ho manifestato più spesso quello che mi saltava in mente soprattutto quando si trattava di idee che reputavo particolarmente brillanti.
Inutile dire che in ogni caso era devastante essere lanciato tra i lupi e avere la sensazione che non ne sarei uscito come capobranco
Che poi, a me, essere capobranco è sempre stato stretto, leggi da rispettare e far rispettare, decidere della vita degli altri... Naaa, non fa per me. Da quando ho memoria, ho sempre trattato quasi tutti al mio stesso livello e questo va decisamente contro l’archetipo del leader sforando in quello del tovarisc. Tornando al tema principale dopo questa lunghissima digressione, lo Spritz è buono quanto la compagnia con cui lo si beve.
Poi ci sono quelle persone che lo tracannano a shot, come me che bevo il caffè amaro perché solo con uno shock narrativo ci si sveglia dal torpore. Questi temerari meritano tutto il mio rispetto anche solo per il fatto che dopo aver finito il primo giro calato come una tequila bum bum, si faranno un altro Spritz. Forse per acciuccarsi e rendere la vita più commestibile? Non lo so, in caso tu sia un* dei temerari, fammi sapere che ne pensi.
Che sia uno Spritz con qualcuno che parla a macchinetta come Elliot Reid o un gruppo per decidere che si fa a capodanno, avere paura di parlare rinchiude le persone in fortezze della solitudine le cui mura si ispessiscono a ogni occasione. Una volta segregato, però, non resta che l’amaro di un’occasione persa.
Grazie per essere arrivato fino alla fine di questo blog post. Se ti va possiamo discutere di questo log su Mastodon @MrInk, su Ig o sul canale Telegram
Mi raccomando, be gentle, siamo pianeti in una galassia lontana lontana.