Una riflessione allegra
Da qualche giorno è iniziato il crowdfunding di Ratatan, un gioco musicale che mi ha riportato indietro di qualche anno a quando giocavo Patapon sulla PSP (diciamo molto tempo fa, tipo quasi 20). Amarcord immediato sotto vari aspetti: 1. RIP PSP best console portable 2. Patapon best gioco gioioso 3. Ero giovane.
Nei ricordi le cose sono sempre molto migliori di quanto non lo siano realmente. Anche Patapon non sfugge a questa dura legge della memoria umana. Nel mio immaginario era sicuramente bello graficamente, le linee vettoriali e i gradienti si prestavano ad invecchiare molto bene. Di sicuro aveva meno bug e complessità nel tenere il ritmo (quello però magari sono io che invecchiando ho perso il golden touch). Quella che però è rimasta intatta e di grande attualità è la storia che racconta:
In Patapon vesti i panni di un Dio che decide di prendere in affido il popolo dei Patapon. Lo fai attraverso un contratto iniziale che firmi di tua spontanea volontà in cui prometti di condurre i tuoi fedeli fino a Fineterra (dove c’è quella COSA). Per farlo bisognerà combattere contro boss giganteschi, tribú nemiche e le avversità ambientali.
Il racconto di un popolo e il suo viaggio per raggiungere la COSA alla fine del mondo… Ti ricorda qualcosa? Sicuramente. Il viaggio in cerca della terra promessa è uno dei temi più diffusi dai tempi dell’antica Grecia. Ad oggi si è evoluto e raffinato divenendo quello che chiamiamo “il viaggio dell’eroe” che vede un* sol* tizi* insieme ad altri tiz* fare cose rischiose per la sua vita. Ecco, trovare la COSA alla fine del mondo è lo stesso solo con un numero spropositato di comparse (che in ogni caso ti tradiscono per un vitello d’oro alla prima occasione). Non voglio sforare nel pippotto religioso e nemmeno inserirmi in una lunga ed estenuante comparazione tra miti narrativi. Quello di cui voglio parlare è l’allegria, quella che mi è rimasta fissa nella testa come una targhetta stampata a fuoco nel cervello. Per me Patapon è la gioia in musica.
Coadiuvato dallo stile grafico semplice e dalle voci bianche di gioiosi infanti, si è reso indimenticabile per me e un manipolo di persone parimenti mentecatte. Il kickstarter infatti ha raggiunto il suo obiettivo in meno di un'ora dal lancio e, al momento della stesura di questo testo, conta 8439 backer. Roba folle per un videogame di questo tipo, nemmeno Hatsune Miku fa questi numeri.* Però ao, mai prendere sottogamba la forza del Marketing nostalgico.
Ma Ink, se volevi parlarci di Patapon, perché non chiamare questo log “una riflessione su Patapon” invece di illuderci di fare un discorso pregnante sulla gioia e la felicità?
Ao, famme parla’
Dicevo, Patapon nel suo stile unico e riconoscibile porta gioia e allegria in un qualcosa di terribile come: la guerra, la caccia, l’annichilimento coatto dell’altro e dell’io, le crociate religiose (o Jihad) e, a volte, la distruzione degli spiriti della natura. Ora, non sembra più così gioioso e allegro, no? Questione di POV.
In Patapon la frenesia è la chiave di tutto. L’adorazione della divinità porta i patapon in una sorta di stato febbrile (chiamato Fever in inglese e Follia in italiano) che li rende efficienti e letali negli attacchi e nelle fughe. Il resto del mondo non balla, non canta le canzoni, agisce fuori dai beat e cerca di fermare la violenza con altra violenza (a volte prova anche con la diplomazia ma vaglielo a dire tu ad un esercito di indemoniati che ballano e cantano armati di asce e lance) venendo macellati dai Patapon come gli scatoli di Amazon poco dopo l’apertura. Anche questo non è allegro, ricorda un po’ Warhammer 40k con i meme sull’imperatore:
i meme sono allegri però
Succede che allora si può prendere un tema terribile e da quel tema riuscire a inquadrare una narrazione allegra che ci farà soprassedere sulla crudeltà degli eventi narrati. Questo perché se una cosa è gioiosa e allegra istintivamente ci sembrerà buona. Proprio per questo esistono personaggi dal grande spessore che si ritagliano degli spazi nella memoria culturale delle persone, tipo Joker e Kefka Palazzo. Personaggi di immensa cattiveria ma che hanno aspetti o connotazioni gioiose.
Ma quindi si puó rendere tutto allegro, si può rendere tutto divertente? In via teorica Si. Molto in via teorica. Pragmaticamente riuscire a rendere allegro qualcosa di terribile è un lavoro enorme che non tutti possono fare. Serve sensibilità, serve capire a chi quell’argomento ha fatto più male, mettersi nei loro panni e così decidere di lasciare stare e prendere la via delle barzellette sconce.
C’è un gruppo di persone che dice sui social/giornali/TV: “Si può fare satira su tuttoh!!1!”. io rispondo: “Si, ma tu sai farlo?“. Dire e fare sono due cose decisamente distanti quando si tratta di emozioni positive. Patapon riesce a rendere gioiosa una crociata religiosa incorniciando la narrazione con l’ausilio di strumenti comunicativi dalla precisione chirurgica come la musica, l’aspetto visivo e il gameplay. Ogni elemento è in funzione di quel tipo di narrazione, nulla è lasciato al caso o richiama la violenza degli atti che vengono perpetrati.
Fino a Fineterra a trovare quella COSA però intanto cantiamo e suoniamo
Riguardo la difficoltà del far ridere ho un aneddoto succoso. Potrei intitolarlo: “quanto la superbia danneggia la comicità, l’allegria e quanto è seriamente difficile fare un framing su qualcosa di molto serio” (titolo semi ufficiale). Una sera, decisi di trascinare alcune persone a un evento di stand-up comedy amatoriale. In questi posti di solito vanno i comici a provare le proprie battute, si segnano quelle che fanno ridere, quelle che fanno sorridere e depennano quelle che fanno sbadigliare. Chi ha visto The marvelous Ms Maisel sa di cosa sto parlando.
In quella serata ci sono stati alcuni comici davvero terribili, non so come le persone riuscissero a ridere a quelle battute! Sembravano tratte dai film dei Vanzina ma senza quel velo di commedia all’italiana che dici: vabbè Pierino ha fatto storia. Ma fino a qui dai, a volte anche al Zelig le battute non fanno ridere, magari io e altre 100 persone non siamo il target di quei monologhi visto che la tizia in quarta fila continuava a ridere di gusto. In ogni caso, arriva un ragazzo entusiasta, giovane, rampante, si riusciva a intravedere nei suoi occhi il genius loci e nelle sue espressioni la sicurezza di ciò che stava per dire: “La svastica è bella”.
I concetti espressi erano storicamente accurati eh, aveva ragione riguardo la significazione del simbolo antecedente alla seconda guerra mondiale ma, seriamente, non puoi esordire con “La svastica è bella” in una piazza al centro di un quartiere chiaramente di sinistra, in un evento gratuito e in una città metropolitana dove sono presenti molte comunità ebraiche. Cioè io penso che sia una di quelle cose che in realtà non si può dire da nessuna parte, forse pure nei circoli Nazi ti guardano un po’ straniti. Quel tizio aveva pisciato fuori dal vaso e anche fuori dal bagno.**
Nel cercare di fare un framing su di un argomento che definire ostico è dire poco, è stato violentemente percosso dal potere di quel simbolo che lo ha condotto ad una disfatta inevitabile. Sono sicuro che anche alcune persone del pubblico anelassero alla stessa violenza (sicuramente meno metaforica) ma non sono rimasto fino alla fine a vedere se il comico tornasse sulle proprie gambe a casa.
Far ridere è un potere enorme. Essere capaci di smuovere qualcuno da uno stato di inedia o tristezza a uno propositivo ha salvato regni e le teste di molti giullari. Rendere felice qualcuno significa fissarsi nella sua mente come qualcosa di bello, qualcosa di memorabile, un posto in cui tornare.
Mistero Buffo di Dario Fo parla di questo, vedetelo a piccoli pezzi, godetevi la maestria e la storia del far ridere
Non dovrebbe mai essere sottovalutato questo potere e nonostante sia complicato riuscire a smuovere gli animi il più delle volte, sono sicuro che le emozioni positive sono quelle che ci salveranno dalla pesantezza del tempo.
Far ridere è difficile ma essere allegri nella vita di tutti i giorni è forse una delle sfide più complicate del nostro tempo. Non ci sono Elder Beast che tengono, riuscire a provare gioia in questo mondo è come giocare al gioco del capitalismo: inizi a metà gioco, non potrai mai vincere e a ogni round speri che l'ultra miliardario di turno non decida di dichiarare guerra proprio a te.
Secondo me non è impossibile però, bisogna essere capaci di sentire i momenti che scorrono e gioire di quei tratti felici sia personali che delle persone che ci sono vicine. Forse è un’illusione, non lo so, ma vedo gioia tra i ruderi di alcune esistenze e non posso che rimboccarmi le maniche e cercare di vincere questa partita per me e chi mi sta intorno.
PS: Spero che quel ragazzo si avveda dei suoi errori e cerchi di migliorare il suo monologo come tutti gli altri che hanno fatto pietà.
*Solo perché non fa crowdfunding. **Una mia amica infatti è ebrea e sentire quel monologo mi ha fatto personalmente sentire una merda per averle chiesto di venire. Ovviamente il suo mood è cambiato da “Wow carino il posto!” a “Non ci verrò mai più, andiamocene”.
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Mi raccomando, be gentle, siamo pianeti in una galassia lontana lontana.