Una riflessione fugace
L'estate è quella stagione di pace e lentezza in cui ti ritrovi a guardare fuori e pensare: “e mo’?” Mesi passati sotto la pressione sociale/accademica/lavorativa a rincorrere le scadenze portano al bisogno di fare qualcosa di diverso dallo stare alla scrivania o su ruote.
Il calore eccessivo poi costringe alla lentezza, al riposo, al climatizzatore e, molto spesso, si finisce a sentire il movimento delle foglie mosse dal vento, scrollare compulsivamente i social per ore o avvicinarsi timorosi ai propri backlog per recuperare roba rimandata eoni fa.
L’estate non rientra nella mia top 2 stagioni preferite, sono uno di quelli che quando sentiva “Winter’s coming” era piuttosto contento. Sarà colpa della pressione bassa? Molto probabile. In ogni caso in estate si ferma quasi tutto e questo la rende l’unica stagione per viaggiare, dedicarsi un po’ a sé e fare nuove mirabolanti esperienze. Tipo intraprendere quel viaggio a Copenaghen per visitare i luoghi preferiti di Refn e capire se è l’ambiente che è al neon o sono i funghetti che assume.
L’estate, proprio per il suo calore, si presta allo stiramento delle pieghe del tempo. I secondi diventano minuti, i minuti ore e tutto rallenta al punto da divenire un unico, infinito, attimo di pace (o di noia). Questi attimi sono molto conosciuti nella narrazione: le prolisse descrizioni di paesaggi lunghe 6 pagine e mezzo in cui non scorre che qualche secondo o i monologhi mentali del Detective Conan che poi se ne esce dal nulla con “ho capito tuttoh”*.
Ti lascio un momento per smaltire la sigla (ooooh ooooooh ooooo Detective Conan) che inevitabilmente ti sarà venuta in mente. Inevitabile come la narcolessia dell’ispettore… Ci sei? Ok, continuiamo.
Esistono persone che, conducendo una vita frenetica, hanno difficoltà ad avvertire ciò che le circonda. Non è così terribile eh, ognuno è preso dai propri pensieri ed è difficile svuotare la mente a comando.
E ci sono invece altre persone che viaggiano in coda al treno e per loro ogni momento è un’epifania trascendentale. Vorrei potermi sedere anche io nella parte “hippie” della vita, sono sicuro che sperimentino dei momenti di particolare purezza emotiva, invece mi ritrovo a sedermi poco più avanti, dove mi posso godere il paesaggio nella quiete.
Cosa unisce l’estate e questo strano fenomeno di presenza temporale? Beh, non so se per via della pressione bassa o delle ore ad aspettare i mezzi di trasporto, ma restare a osservare ciò che mi circonda e godermi quell’attimo mi capita più spesso.
A volte è il pulviscolo, gli spazi tra le parole, la forma di una nuvola o le buste che danzano in aria: “attimi di infinita bellezza”. Penso che la vita sia fatta di tanti momenti che si susseguono: alcuni sono naturalmente più pregnanti come la prima volta davanti alla Primavera di Botticelli, altri sono lenti e noiosi come un'attesa dal medico di base. Al giorno d'oggi gli attimi noiosi sono quasi del tutto obliterati da video di gattini e pandini o da lunghi testi che tieni conservati proprio per questo tipo di momenti.
Forse è per questo che si è sempre alla ricerca dell'esperienza, dell’ambiente da fotografare, del posto cool, dell’epifania in cartamodello da poter replicare a casa. Non sembra però una caccia al tesoro artificiale? Come aspettare una golden hour a mezzogiorno da inserire nella collezione di Magic.
Eppure la bellezza ci circonda in ogni momento.
Abbandoniamo un attimo il vagone affumicato degli hippie e torniamo con i piedi nella SCIENCE. Tra i tanti, innumerevoli narratologi/autori/terrapiattisti che hanno trattato la tematica del tempo mi vengono in mente due esempi sviluppati da un tipaccio, tale Samuel Beckett.
Oltre ad aver redatto millemila testi (alcuni dei quali ho studiato, ‘tacci sua) ha scritto due opere che sono l’apice del teatro dell’assurdo: Aspettando Godot e Finale di partita. In queste opere il tempo non sembra scorrere, i personaggi sono bloccati in uno spazio narrativo in attesa di qualcosa che forse non arriverà. La cosa interessante, stupenda a tratti, è che nonostante il tempo non esista nella narrazione, i personaggi maturano, soffrono, ridono, evolvono e muoiono ugualmente.
Becky ci dice che non serve il tempo per andare avanti, a volte serve lo spazio, a volte nemmeno quello. **
Potrei continuare e citare altri super tipacci che sono rimasti appesi alle lancette del tempo come Eco con Sylvie e Genette, ma a quale scopo? Ritorneremmo sempre al punto di origine, come un loop, dove la fine di un attimo infinito non è che l’inizio del successivo: una giornata d’estate in cui, guardando fuori, ti sei chiesto cosa fare e hai scorto per un attimo la bellezza del tempo.
*in realtà grazie ad internet si è scoperto che gli episodi di Detective Conan duravano il doppio ma la buona Mediaset li tagliava a morte per farli durare 25 minuti. In pratica, originariamente, durava quanto La signora in giallo. **in Finale di partita i due protagonisti, Clov e Hamm, hanno problemi di mobilità mentre i genitori di Hamm, Nagg e Nell, sono posizionati in due bidoni della spazzatura, senza gambe.
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Mi raccomando, be gentle, siamo pianeti in una galassia lontana lontana.