Una riflessione statica
C’è un’immagine che lentamente si sta perdendo nel tempo. Quando è in TV significa che si è inevitabilmente perso qualcosa per strada: un segnale, una trasmissione, un’epoca. A volte mi ha accompagnato quando capitava di addormentarmi sul divano dopo uno dei Bellissimi. Ora è sostituita da un frame nero e se hai fortuna la frase: “nessun segnale”. Questo perché oggi, quando si perde qualcosa, tutto diventa più buio.
Stavo parlando con un amico a cena qualche giorno addietro: un ragazzo tutto d'un pezzo, sempre pronto a dare una mano. Rivangavamo i vecchi fasti universitari, i memini che si sono persi nel tempo, i memini nuovi, facevamo il sunto delle nostre vite cercando di distillare con attenzione gli eventi da S Tier. A un certo punto sospira, alza gli occhi dal piatto e mi dice:
“Da’, sento di essere fermo, di non andare più avanti nella vita, forse sono arrivato al capolinea.”
Non ti nascondo che sentire da lui quelle parole mi ha un po’ spiazzato. Il fatto è che ho sentito quelle parole tante volte, dette in modo tremendamente superficiale e in un certo qual senso spesso le ho prese un po’ alla leggera rispondendo con qualcosa tipo "maddai, c'hai 'na vita davanti XD" (NB: "XD" e non emoji o hahaha). Forse sentirle proprio da lui che lavora, ha degli obiettivi e dei frangenti ancora inesplorati, ha solleticato una ferita non ancora cicatrizzata del tutto.
Essere una persona riflessiva crea un substrato di pensieri continui che macinano concetti in continuazione: un cubetto di ghiaccio che si scioglie all'infinito facendo alzare il livello dell'acqua proprio come l'effetto del riscaldamento globale sui ghiacciai. Quel pensiero mi aveva toccato già in precedenza, il sentirmi al capolinea, fermo, impietrito come sotto attacco perpetuo di un basilisco che non ha digerito la cena di Natale 1452 e allora ti tiene come una bella statuina a oltranza che prima o poi la fame verrà. È una sensazione sgradevole di olio bruciato e polvere.
Sentire quelle parole mi aveva riportato a quel giorno. Ho avvertito in quel momento il vociare di Imralith avvicinarsi e non potevo restare con le mani in mano. In primis perchè aveva avuto il coraggio di dirlo e già questo era meritevole di aiuto (come se non ci fossero persone meritevoli di aiuto), in secundis perchè avevo avuto anche io quella sensazione in passato, avevo vissuto quel sentimento e sapevo come ci si sentiva. Sapevo che era uno scalino che portava verso il basso e che scendere il primo, senza la dovuta attenzione, avrebbe scatenato un effetto valanga.
Quando risolsero involontariamente il problema del rumore bianco alla TV promisero che ci sarebbero stati talmente tanti canali che mai più ci saremmo trovati senza qualcosa da vedere, tutto grazie al potere dell'internet. Ovviamente non c’è bisogno di dire che essendo in Italia i canali saltano ogni due per tre e che l’unico potere dell’internet è quello dello streaming on-demand. Però sai che c'è, ai tempi della TV analogica, quando un canale saltava, il rumore bianco riempiva lo schermo, c’è perfino un SCP sul white noise! Quell’immagine era *qualcosa*, come ripartire da tre (bianco/nero e rumore). Ora c'è solo un vuoto che spesso fa paura.
Come quelle immagini andate ormai perse nel tempo, quella sensazione di essere fermi in un punto si è trasformata in una mancanza inconcepibile, qualcosa che, non solo ti mette in una condizione di ansia dovuta dal non fare abbastanza, ma che fa mettere in discussione quello che hai fatto prima. Un buco nero che risucchia non solo il presente ma anche il passato.
Nelle narrazioni cinematografiche di oggi è molto difficile trovare storie che inneggino all’immobilità, soprattutto in quelle Hollywoodiane. Un personaggio che non agisce mai, che non prende posizione o non fa esplodere un paio di macchine, risulta noioso e atipico.
Questo perché il cinema americano si affida allo schema classico (quello aristotelico già citato nei precedenti Log) che prevede molta più azione scenica e un cambiamento molto marcato nel protagonista poco prima della fine, che sia esso positivo (Commedia/Epica) o negativo (Tragedia).
Nel vecchio continente invece siamo dei pesantoni e, soprattutto in alcune narrazioni del _cinema d'essai_, esistono personaggi granitici che affrontano orde di eventi (o pochi ma buoni) restando fermi nel loro credo o ideologia… O almeno ci provano.
Potremmo immaginare un no man che vince a una lotteria a cui non ha partecipato. Sarebbe carino! Molto ottimistico. Molto hollywoodiano. Nell'avanguardia non c'è spazio per questo ottimismo e infatti, questo tipo di narrazioni, vedono molto più spesso un* pover* crist* cercare di arrivare a fine mese tra stenti e sacrifici e, nel cercare di sopravvivere già alla realtà, succedono cose terribili per mandare avanti la narrazione.
Il climax della storia arriverà quando il personaggio riceve il massimo della sofferenza a cui opporrà il massimo della resistenza. il personaggio non cederà, resterà granitico e tornerà precisamente al punto di partenza. Come una quercia che sopravvive all’apocalisse nucleare, zombie, virale e TikTok senza diventare un Ent e spaccare tutto (debellando ipso facto anche l’apocalisse arborea).
Quando stai fermo per molto tempo in una routine mentale e fisica, ti sembra di essere confinato in un distretto con mura alte quanto il Wall Marie. Non solo è dispendioso cercare di uscire ma le mura sono così alte che censurano il mondo esterno a quella routine. Questa sensazione però non si presenta solo quando ci si accorge di vivere in una routine ma anche quando si è concluso un percorso che ha portato lunga sofferenza e sforzo, un progetto in cui si è dato sempre il Plus Ultra, la laurea, la consegna del bilancio a fine anno… In quel momento ci si sente stanchi e incapaci di vedere oltre il proprio palmo che sicuro sarà spalmato sul materasso (è stanco pure lui ao). Ci si sente sfiniti, al capolinea, soprattutto quando si è raggiunto un obiettivo da lasciarsi alle spalle e non se ne ha un altro davanti.
Il capolinea un luogo di passaggio: un punto di fine e di inizio dove ci si ferma per capire qual è la prossima meta. Aiuta a fare una sintesi di ciò che si è seminato e raccolto e serve agli spettatori per capire cosa è successo nella stagione precedente. Camminare guardando diritto davanti a sé, magari attraverso un portale per un nuova avventura, è una scelta proprio come quella di tirar su una casa e decidere di difendersi dai giganti. L'importante è avere un obiettivo, ricordarsi di essere vivi e di non essere mai soli.
Sei tu il pilota delle tue gambe e dei tuoi pensieri e fermarti a godere il paesaggio fa parte del viaggio.
Che poi per me le immagini di statico sono come le nuvole, ci vedi un po’ quello che ti pare.
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Mi raccomando, be gentle, siamo pianeti in una galassia lontana lontana.