Una riflessione sul divertimento

Ci sono delle storie che mettono il sorriso, a prescindere dall’obiettivo demografico o dal genere. Ricordo di averne parlato nel log dedicato a Patapon ma mi si è ripresentata la stessa sensazione alcuni giorni fa giocando a Kid Dracula.

Kid Dracula è un gioco scemo, forse anche più di Patapon perché i disegni dei personaggi assomigliano a quelli visti in Carletto principe dei mostri. Pensare che quel cosetto protagonista è Alucard da bambino fa un po’ specie. Ecco la sinossi: chibi Alucard lancia palle di fuoco dalla bocca per eliminare dei simpatici chibi mostri presi dai cliché della letteratura orrorifica e di fantascienza.

Nel livello della città (che poi è New York) combatti contro Spider-man, King Kong, gli alieni di Point Blank e Jason Voorhees.

Credo che il team di sviluppo abbia avuto molta libertà riguardo il percorso di questo videogioco. Si vede dalle scelte umoristiche, lontane dal filone originale e quasi parodiali: riferimenti, onomatopee, biomi differenti rispetto ai soliti Castlevania e poteri acquisiti con semplicità. É evidente per colori e stile che è un gioco per bambini ma questi non capirebbero mai perché una chibi scimmia lancia aeroplani.

Mi chiedo se divertirsi durante una produzione artistica (o meno) non sia esso stesso generatore di divertimento. Approcciando la produzione con leggerezza, nel senso gioioso del termine, probabilmente questa si riverserà all’interno dell’opera per poi essere assorbita dal fruitore. Immagino sti 6 tizi alle scrivanie che si passano la palla per parlare e a turno dicono la prima idea stupida (ma attinente) da inserire nel gioco: - “A un certo punto salgono degli Spider-man sul palazzo.” - “Hahaha ma lol, la Marvel ci denuncia.” - “Ma che ci frega siamo nel 1990 non lo scopriranno mai!” Fun fact: ancora oggi non l’hanno scoperto.

Kid  Dracula contro la statua della libertà
Niente, fa ridere giá così

In questo ragionamento mi si genera un cortocircuito improvviso. Se divertendosi passa un’emozione positiva, perché la gamification ha floppato nei suoi sistemi educativi? Imparare non dovrebbe essere più semplice se collegato alla gioia? D'altronde le emozioni positive aiutano a saldare le nozioni all’interno dell’apparato mnemonico! Ci pensavo questa notte e la prima risposta che mi è venuta in mente è che dai sistemi gioco-divertimento, il capitalismo ha estratto solo alcuni tratti rendendoli “commerciali”:la sfida contro gli altri e quella contro se stessi. Ormai è tutto un salire di livello, prendere medaglie, migliorare le skills, ampliare i rami delle proprie conoscenze… Si è perso il concetto principale del gioco: divertirsi.

Allora non posso che pensare che il divertimento sia per pochi. Che produrre divertendosi è punitivo perché, ao, il lavoro è sofferenza come ti permetti a divertirti. Spezzarsi la schiena e attendere il giorno della pensione per poi guardare la cenere dei propri anni sfibrare le dita. Con questo mood non mi meraviglio che molte produzioni artistiche non siano un inno alla gioia. Ma vabbè, l’importante è superare il boss di fine corso per aprire un nuovo capitolo della nostra avventura.

Screen di Storyteller con il puzzle di Edgar rifiutato da tutti
Povero Edgar

Forse è anche per questo che alcuni distributori come Devolver e Annapurna hanno fatto il botto. Entrambi sovvenzionano piccole case di produzione (nel caso di Annapurna anche di cinema) per creare dei titoli fuori dai canoni popolari. Titoli che, per l’appunto, risultano molto divertenti o deliziosi. Penso a Anger foot o Cult of the Lamb (Devolver) o Stray o Artful Escape (Annapurna Interactive). Ammetto di preferire Devolver per la punkyness del brand, Annapurna si affida a storie profonde e innovative utilizzando un livello più alto. Apprezzabilissimo ma a volte pesantuccio.

Molto spesso mi sta capitando di sentire dai professori del master le frasi: “divertitevi ora che potete”, “liberatevi dal giogo e godetevi la creazione” che fanno sempre un po’ guru un po’ capitan ovvio. Tipo le persone che ti vengono vicino quando sei incazzato e ti dicono: “ma suvvia, che ci vuole!”, allo stesso modo rispondi un po’ contrito “SEH” carico di intenti omicidi. Che poi in un certo qual senso è giusto, loro hanno già passato quella fase e ti guardano con quello sguardo tra il malinconico e il nostalgico in cui rivedono il proprio io giovane. Quando avevano loro le crisi psicotiche nel capire cosa inventarsi per risolvere una situazione spinosa o una richiesta lontana anni luce dalle proprie abitudini. Magari loro non hanno avuto una persona che gli ha detto di chillare o suggerito un percorso rispetto a un altro. Quindi boh, mi sa che…

Bisognerebbe sempre ringraziare per la conoscenza che si riceve.

Un’altra cosa che posso capire è che il divertimento è soggettivo. Ci sono persone che trovano divertente Darkest Dungeon, la seconda stagione di Death Note o, che so, Apocalypse now. Personalmente ho difficoltà a digerirli come fosse una peperonata con patate, intrisa di olio e cipolla ma immagino che a qualcuno possa divertire l’odore del napalm al mattino. Il bello della soggettività alla fine sta proprio in questo, trovare bellezza in ogni cosa.

Se si può provare divertimento in ogni cosa solo se si è abbastanza morbidi da farsi piacere tutto, quanto si perde di se stessi in questo compromesso perpetuo? Amare tutto è una livella, come fai a distinguere cosa ami davvero se è tutto ugualmente preferito? Se è tutto senza opposizioni, senza oscillazioni nel flusso… Alla fine l’elettrocardiogramma ci mostra la vita andando in alto e in basso quindi perché non riproporre il battito del cuore come metro per il divertimento?

un elettrocardiogramma con su scritto: forse lo fanno già
Ne sono quasi sicuro.

Il nostro cuore reagisce a molti stimoli con il rilassamento o la tachicardia. Un film pauroso non è detto che sia divertente e allo stesso modo l’incontro con una persona per cui si prova affetto non è detto che sia un momento gioioso. Insomma, è una buona idea ma va sviluppata meglio. Qualcosa che però è divertente come può esserlo Kid Dracula, Patapon o Super Mario Wonder lascia qualcosa di diverso oltre un battito accelerato: un sorriso.

Un momento divertente lascia di solito in un mood positivo simile al buon umore per essere riuscito a fare qualcosa di terribilmente difficile dopo giorni o settimane di tentativi¹. I giochi elencati prima sono opere semplici, dritte nei loro messaggi principali ma ricche su livelli di profondità. Mi verrebbe da dire che sono un po’ come il piccolo principe ma dato che non tutti lo gradiscono come esempio dirò che è come Alice nel paese delle meraviglie.

Sarà la gioia del fanciullino che portiamo dentro che quando ride ci rasserena, sarà che nelle cose semplici, in età adulta, troviamo la calma. Sarà come hanno rappresentato Alucard che mi fa mori’ dalle risate.

¹ Sulla dipendenza dovuta a questa sensazione, alcune case di sviluppo hanno lucrato ampiamente dedicandosi anima e corpo a far compiere grandi gesta ai propri giocatori.

La colonna sonora di questo Log è stata offerta dai The Kooks


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