La favola di Biancaneve (racconto)
“Nonno, mi racconti la fiaba di Biancaneve?” Il nonno, che era intento a spolverare il piccolo altare dove aveva sistemato la foto di sua madre, si voltò stupito verso la nipotina. “Biancaneve? E perché proprio quella fiaba?” “Perché l’ho sentita solo una volta, mentre ero a scuola. In famiglia invece nessuno vuole raccontarla mai. Né la mamma, né il papà, nemmeno gli zii.” “Uff… Diciamo solo che è una fiaba che non ci piace molto, come viene raccontata…” il nonno si concentrò sul piccolo cerbiatto d’argento che faceva parte degli oggetti presenti vicino al ritratto fotografico in bianco e nero. Lucidare bene l’argento era sempre difficile. “Ma perché nonno? È una storia così bella!” protestò la nipotina. Il nonno non rispose. Finito il cerbiatto era passato alle spille con le rose d’oro laccata di smalto rosso. Si ricordava di quando sua madre, ogni mattina, l’appuntava sulle maniche, come fossero gemelli, in modo da lavorare più agevolmente, mentre lavava e cucinava. “Ma almeno la conosci la fiaba nonno?” “Certo che la conosco. Ma visto che a te piace tanto, perché non me la racconti tu?” Il nonno non la guardava, ma la sua voce era calma e dolce. La richiesta stupì la bimba che però si sentì anche eccitata, convinta che era l’unica bambina al mondo a cui un adulto avesse chiesto una fiaba. “Allora! C’è la regina no, la mamma di Biancaneve, che un giorno si punge e vede il sangue nella neve e pensa che le piacerebbe avere una figlia con i capelli come l’ebano e le guance rosse come il sangue…. Anche se ancora non ho capito cos’è l’ebano.” “Oh è un tipo di legno, molto bello, che è scuro da sembrare nero.” “Ah sì? Ah ho capito! Ecco perché stava vicino a una finestra, perché le finestre sono fatte di legno, giusto?” “Sì.” “Ma l’avevo detto che si era punta vicino alla finestra?” “No in realtà. Ma questo dettaglio lo sapevo anch’io.” Il nonno si era seduto e osservava intensamente la foto di sua madre; gli sembrava che il vetro si stesse rovinando. “Comunque, la bambina nasce, la regina muore e il re, il babbo, si risposa. Non ho capito perché i genitori nelle fiabe muoiono sempre!” “Un tempo, non c’era la cura di oggi.” Spiegò calmo il nonno. “E poi non ho neanche capito perché ogni volta che si risposano si scelgono sempre delle persone così cattive! Perché la nuova mamma di Biancaneve è molto cattiva! Tanto che la vuole uccidere! Ma l’uomo che la deve uccidere, un cacciatore, ha pietà per lei e la lascia andare! E da alla regina qualcosa di diverso… Non mi ricordo bene questa parte…” “La regina, in realtà, era la mamma.” Disse il nonno a voce alta mentre rimetteva a posto la foto. La nipote sgranò gli occhi. “Cosa?” “Nella versione che conosco io, è la stessa mamma a voler uccidere Biancaneve.” Mormorò l’uomo andando a sedersi sulla sedia a dondolo vicino al letto della nipotina “E il cacciatore ha ucciso un cerbiatto per salvarla: ha fatto a pezzi la bestiola e ha portato alcuni organi facendoli credere di Biancaneve. Che non era una giovane fanciulla, ma ancora una bambina, poco più grande di te.” La nipote fissò il nonno in cerca di qualche indizio che le dicesse che stava scherzando: un lampo negli occhi, una smorfia sul viso rugoso… Ma non trovò nulla. Il vecchio era serio e calmo mentre continuava a dondolarsi sulla sedia. “Questo rende la fiaba molto triste. Ma sei sicuro che ti hanno raccontato la fiaba giusta nonno?” “Vai avanti a raccontare, vediamo quanta differenza c’è tra la mia versione e la tua.” La nipote si rianimò subito: “Dopo essere scappata nel bosco, Biancaneve finisce a casa di sette nani che lavorano in miniera! E loro la ospitano e la…. Ah mi sono dimenticata perché la mamma… la matrigna la vuole uccidere. È perché uno specchio magico le ha detto che Biancaneve è più bella di lei! E lei è molto gelosa!” “Invidiosa.” La corresse il nonno. La bimba rimase qualche minuto in silenzio. Poi chiese: “Cosa vuol dire?” “Invidiosa, che prova invidia. La gelosia sembra simile ma non lo è. Nella gelosia c’è la paura di essere messi da parte da qualcuno per qualcun altro. È una di quelle che io amo chiamare ‘emozioni sociali’, cioè emozioni che coinvolgono il rapporto con gli altri. L’invidia invece parte sempre da sé stessi, e si prova quando si sente di non avere, o di avere in quantità ridotta, una capacità, una qualità, o anche degli oggetti, come il denaro, per esempio. Parte dal sentirsi inferiori. A quel punto si possono fare due cose: si fa pace con se stessi, guardando al buono che si ha o studiando una strategia per cercare di ottenere quanto ci manca; oppure si cerca di distruggere la persona che ha tale cosa. E la regina della fiaba sceglie questa strada. Per conto mio, con i miei fratelli, ero molto invidioso quando vedevo altri bambini che non erano orfani. Tuttavia, mai mi sarei permesso di uccidere i loro genitori, perché sapevo quanto era doloroso. In compenso, quando mia madre, la tua bisnonna” indicò la foto “ci adottò, ho fatto sempre in modo di essere un figlio di cui potesse andare orgogliosa. Io come i miei fratelli.” La nipote aveva ascoltato attenta le parole del nonno, con gli occhi sgranati e contenti, orgogliosi; le piaceva sentir parlare della bisnonna perché era stata l’unica tra i pronipoti a non averla conosciuta, e da come ne parlavano gli zii, i prozii e i suoi stessi genitori, era stata una figura quasi mitica all’interno della famiglia. “E nella mia versione i nani erano dei bambini.” Proseguì il nonno “perché sai, una volta, e ancora oggi succede in molti posti nel mondo, non era anomalo che i bambini lavorassero in miniera.” La nipote non proseguì la storia. Non si divertiva più a raccontare una fiaba che era così diversa da quella che il nonno ricordava (anche se sapere che i nani erano dei bambini e non dei veri nani le fece quasi piacere, perché pensò che almeno così anche Biancaneve in quanto bambina non si sarebbe sentita così sola). “Senti nonno, nella tua storia il pettine, la cinta e la mela avvelenata ci sono?” “Sì. La mamma di Biancaneve cercò di ucciderla per tre volte e solo alla terza sembrò riuscirci.” “E poi i nani… cioè, i bambini, la misero in una bara di cristallo?” “Erano troppo poveri per poterlo fare. La misero e la vegliarono in una bara aperta in attesa della sepoltura.” “E un principe passò e vedendola bella le diede un bacio e la svegliò?” “No. Un principe, vedendola bella, diede ai bambini tanti soldi per portarla via con la bara.” Seguì una lunga pausa. “Voleva portarla via ancora morta?” “Sì.” “Per farci cosa?” Il nonno non rispose subito. All’improvviso corrugò la fronte, come se fosse preoccupato. Con gentilezza mise una mano sulla spalla della nipote e disse: “Purtroppo alcune cose sono molto difficili da spiegare anche per me. Ti posso solo dire che i bambini lo fecero giurare che non le avrebbe fatto del male, e mai avrebbero accettato quei soldi se non ne avessero avuto bisogno. In più avevano paura che rifiutandola al principe, la loro vita sarebbe stata in pericolo.” “Ma allora Biancaneve come si è svegliata?” “Uno dei servi del principe inciampò e lei rigurgitò la mela avvelenata.” “Nel senso che l’ha vomitata?” “Diciamo… di sì.” La nipote scoppiò a ridere: una principessa che vomitava! Questa sì che era una cosa divertente! “E lo sai che alla fine il principe non lo ha sposato?” La bambina smise di ridere. “No?” “Certo che no! Era talmente arrabbiata del fatto che l’avesse voluta portare via da morta costringendo i bambini a venderla, che lo cacciò via in malo modo. Il principe non voleva fargliela passare liscia, e tornò notte tempo per vendicarsi, non trovandola. Questo perché Biancaneve aveva fatto i bagagli e aveva raggiunto il castello di sua madre, che per anni l’aveva fatta credere al popolo morta per un incidente. Quando la regina, che stava per prendere le complete redini del regno dopo la morte del marito, vide Biancaneve marciare con altri sette bambini verso il palazzo, capì che non solo il suo piano era fallito, ma che probabilmente il popolo avrebbe saputo la verità. Ora qui ho sempre avuto due versioni: la prima è che morì gettandosi direttamente dalla torre, consapevole di essere in trappola; la seconda che prese un arco e si sporse per cercare di mirare a Biancaneve, così facendo cadde giù.” “A noi a scuola hanno detto che al matrimonio di Biancaneve le fecero indossare delle scarpe di ferro incandescenti e così danzò fino alla morte.” Il nonno fissò la bimba: “Ti hanno raccontato tutte le parti edulcorate della fiaba… tranne questa?” “Cosa vuol dire ‘edulcorate’ nonno?” “Ammorbidite, riadattate rendendole meno paurose magari.” “In realtà a me piace di più la tua versione. Tranne che per questa storia della mamma e non matrigna. Ma è bello pensare che Biancaneve sia stata insieme a tanti bambini, e che abbia fatto prendere un bello spavento a quella cattiva! Però poi i bambini li ha adottati?” “Sì, ha preso le redini del regno e ha costretto il principe che la voleva prendere da morta a fare le pubbliche scuse davanti a tutti i regnanti. Da allora ha regnato con tanta saggezza e la sua terra è una delle più belle e avanzate tecnologicamente nel mondo delle fiabe. E lei e i suoi sette figlioli hanno vissuto per sempre felici e contenti.” La bambina sbadigliò, ma era felice. “Nonno perché non volete raccontarla questa fiaba? È così bella! Se questa è la versione che hanno raccontato a voi, è ancora più bella di quella che raccontano a me!” “Non tutte le fiabe fanno piacere, perché in quanto metafore alcune raccontano cose troppo vicine alla realtà, per chi sa leggere tra le righe.” “Cosa significa nonno?” “Non pensi di essere un po’ troppo stanca per stasera? Anche la testa si deve riposare.” La piccola sbuffò e mise sotto le coperte. “Comunque forse ho capito cosa voleva fare il principe con Biancaneve morta.” Il nonno, che le stava rimboccando le coperte, si fermò. Il suo viso rugoso si tese in una espressione preoccupata. “Voleva mangiarla!” esclamò poi la bimba “Voleva metterla in un pentolone e mangiarla, proprio come l’orco di Pollicino.” Il nonno scoppiò in una risata fragorosa e le carezzò la testa. “Questa è una possibilità in effetti. Sì… la si potrebbe anche raccontare così.” “Ha fatto bene a non sposarlo! Perché secondo me era proprio un principe orco!” “Può darsi, piccola mia, può darsi…” “Buonanotte nonno.” Il nonno si chinò e le diede un bacio sulla fronte. “Buonanotte a te, Bianca.” Sussurrò l’anziano mentre lasciava la stanza.
NOTE: Dopo un dialogo avvenuto su livello segreto causato da un mio post sull’adattamento di Biancaneve che voglio fare senza principe e senza nani, ho pensato di scrivere questa storia, nella quale sono racchiuse tante diverse versioni della fiaba, inclusa la mia. Ora è brutto fare a gara a chi è più rivoluzionario, ma se invece di toglierli i personaggi venissero semplicemente risaltati in modo diverso, pensò che una riscrittura di Biancaneve migliore della fiaba originale (che non ho mai realmente sopportato) sia possibile e quasi doverosa. Spero che la mia nel suo piccolo vi sia piaciuta.
Larga la foglia, stretta la via Riscrivetela voi meglio della mia
Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)
Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo
Aneddoto personale = Storia reale ma con il punto di vista esclusivo della sottoscritta
Storia vera = storia vera esterna alla sottoscritta, che si limita a illustrare i fatti e le fonti
Autopromozione = Blogpost dedicato all'autopromozione di qualcosa di mio