Una brava bambina generosa (racconto)

Si era messa un grazioso pigiama rosa. Una specie di camicia da notte sotto cui però teneva anche dei pantaloncini corti, per via del freddo. Sua madre, sulla soglia, sembrava una regina nel suo vestito da sera. Gloria la guardava con gli occhi sgranati. “Sei bellissima…” mormorò stringendo il suo orsacchiotto. Vide la donna sorridere: “Grazie pulcina. Ma tu dovresti essere a letto.” “Ma il bacio della buonanotte?” La mamma scosse la testa, ma poi si chinò e le baciò la fronte. Poco dopo, il papà, che agli occhi di Gloria sembrava un divo di quei vecchi film in bianco e nero che ogni tanto le permettevano di vedere con loro alla tv, uscì dal bagno, la prese in braccio e la fece roteare in aria ridendo. “Eccola la mia bella principessa! Perché non siete a letto maestà!? C’è forse un pisello sotto il materasso?” Gloria scoppiò a ridere. “No papà, ma volevo il bacio della buonanotte!” “Oh, non è un vero bacio della buonanotte se non si è nel proprio lettino.” Tenendo in braccio sia lei che l’orsacchiotto, l’uomo andò nella stanzetta di gloria. La stese e le rimboccò le coperte. Poi anche lui le stampò un bacio sulla fronte. “Allora principessa mia, cosa ne dici di ripassare un attimo le regole?” Gloria annuì, stringendo forte la mano dell’orsetto: “Non devo giocare o vedere la tv di nascosto, non devo aprire la porta a nessuno e se c’è qualche problema posso usare il telefono, ma solo per premere il tasto che chiama il numero della polizia.” Il papà annuì. “E cosa devi dire alla polizia?” “Il mio indirizzo prima e poi chi sono e cosa c’è che non va.” “Bravissima tesoro. Ora ascolta, la cena di stasera non durerà molto. Io e mamma torneremo presto. Ma vogliamo trovarti a dormire, mi raccomando.” “Sarò brava papà, promesso.” “Non ho dubbi.” Le diede un altro bacio e le augurò la buonanotte. Quando scese, sua moglie era nervosa. “Proprio stasera Nancy doveva ammalarsi…” “Non preoccuparti, conosci Gloria: è obbediente e tranquilla, probabilmente sta già dormendo. E noi comunque faremo presto.” La donna annuì. Prese per mano il marito e insieme chiusero la porta di casa. “E comunque, anche volendo, non può aprire la porta.” “Giusto.” Salirono in macchina e partirono tranquilli.

Gloria nella sua stanzetta, si era davvero addormentata. Ma qualche minuto dopo si svegliò, senza sapere perché. Aveva sete e si avviò verso la cucina, accompagnata dalla sua torcia elettrica. L’aveva scelta lei: a forma di ranocchio, si premeva un pulsante e dalla bocca usciva un bel fascio di luce gialla. Nella mano destra, invece, stringeva il suo amatissimo orsetto. Un regalo di un compleanno che non ricordava più. In cucina si riempì la sua tazza rosa con l’acqua e bevve di corsa. Non voleva far arrabbiare o intristire i suoi genitori e quindi sentiva che era meglio tornare al più presto a dormire. Ma mentre nel buio correva verso la sua stanza, un rumore attirò la sua attenzione. Qualcuno che bussava contro la finestra. Gloria si tese sorpresa: che motivo poteva esserci per qualcuno di bussare a una finestra, quando poteva bussare alla porta? E poi un’altra domanda ancora: come avrebbe dovuto comportarsi? I suoi genitori erano stati chiari: la porta doveva restare chiusa, non poteva aprire a nessuno, che bussasse o suonasse il campanello. Ma la finestra? Il suono si ripetè e Gloria lo ascoltò immobile nel buio. Si ricordò di un libro che il suo papà le leggeva a volte, e che l’aveva aiutata a non avere paura del buio. Il libro raccontava di un bambino e del suo orsacchiotto e di come insieme scoprivano che il buio poteva trasformare una tenda in un fantasma e un ramo che batte alla finestra nella mano ossuta di uno scheletro. “Forse c’è vento fuori e un ramo della siepe che sbatte.” Pensò allora la piccola Gloria stringendo il suo orsetto. “Se vado a toglierlo, non ci sarà rumore.” Così si avvicinò alla finestra e guardò oltre il vetro. Ma non c’erano rami: la siepe che circondava la sua casa era potata perfettamente. Però c’era dell’altro: in uno spazio scuro, tra i rami e le foglie, due grandi occhi erano ben visibili e ricambiavano il suo sguardo. Gloria sobbalzò: cosa ci faceva qualcuno nella sua siepe? Fu tentata di scappare, ma qualcosa di quegli occhi la tratteneva. Gli occhi nel buio erano chiaramente umani e sembravano molto tristi. Erano anche belli: grandi e blu, come due pietre preziose, come quelle che aveva nella tiara che usava per vestirsi da principessa a carnevale. Non sembravano occhi cattivi. Anzi, quella vena malinconica che avevano li rendeva ancora più belli. “È la finestra, non la porta…” pensò. C’erano diversi telefoni nella casa e uno era proprio vicino alla finestra. Se le cose fossero andate male, avrebbe spinto il pulsante per chiamare la polizia. Così, aprì la finestra, solo un pochino. “Oh… ti ringrazio…” dalla siepe proveniva una voce femminile molto bassa, quasi un sussurro. “Non ci speravo più, credevo non mi avresti sentito, cara Gloria.” “Come sai il mio nome?” domandò la bambina. Le sembrava così strano che quegli occhi fossero così visibili immersi nel buio. Voleva puntare la torcia contro di loro, ma una volta aveva provato a guardare la luce dritta e sapeva che faceva molto male. Non le andava di fare male a quella signora. Avrebbe potuto dirlo ai suoi genitori e farli arrabbiare. “Oh cara Gloria, conosco molte cose di te. Io sono amica di mamma e papà sai?” “Mamma e papà non ci sono. Devi tornare un altro giorno.” Immediatamente Gloria si pentì di averlo detto, senza capire perché. Qualcosa nella testa le diceva che aveva fatto una mossa sbagliata. Ma la sconosciuta nella siepe le disse subito: “Lo so, li ho visti andare via. Ma vedi, non sono qui per parlare con loro. Volevo parlare con te.” “Mia mamma mi ha detto che non devo parlare con gli sconosciuti.” “E ha fatto bene! Non si deve mai parlare con gli estranei. Ma io non sono un’estranea in realtà. Mi chiamo Lilly e sono tanto, tanto amica dei tuoi genitori, ti hanno sicuramente parlato di me come loro parlano di te!” Gloria non rispose subito. Ripensò a tutti quegli adulti che ogni tanto si vedevano in casa sua. Alcuni avevano dei bambini della sua età con cui giocava in giardino. Altri no, ma lei li salutava ugualmente. I genitori le avevano insegnato che era buona educazione salutare un ospite. Però quegli occhi non li ricordava. E pensandoci, nemmeno il nome. “Ascolta, hai presente quell’orologio a forma di giraffa che tieni in camera?” disse allora la sconosciuta della siepe. “Come fai a sapere dell’orologio?” domandò Gloria, che teneva ormai un dito pronto sul telefono. “Lo so, perché te l’ho regalato io. Quando tua mamma ti aspettava, le ho portato quello apposta per la tua stanza.” Gloria rifletté: c’erano tanti oggetti che aveva in camera sua che venivano da prima che lei nascesse. La mamma le ha fatto vedere le foto di quando la teneva ancora nella pancia e la sua stanza era già pronta e c’era anche l’orologio. Non le aveva mai spiegato come mai i bambini sono nella pancia delle mamme, né come potevano entrarci. “Se farai la brava, quando sarai più grande, ti spiegherò tutto.” Le aveva detto. E anche per quello Gloria ci teneva a fare bella figura con quella signora: così anche lei avrebbe detto a sua madre che era brava, proprio come facevano le maestre di scuola. Rimosse la mano dal telefono. Se la signora sapeva dell’orologio allora non mentiva. “Ti piace quell’orologio?” chiese la sconosciuta. “Sì! Mi piace tanto!” si affrettò a dire Gloria “Infatti un po' di tempo fa si era rotto ma io e papà lo abbiamo portato a riparare!” “Bravissima! Avete fatto molto bene, le cose vanno riparate e non buttate! I tuoi genitori mi avevano detto che eri una brava bambina, ma non immaginavo che fossi così brava!” Per quanto bassa, la voce della sconosciuta sembrava molto entusiasta. Gloria si sentì felice per quei complimenti, ma qualcosa la spinse a stringere l’orsetto a sé. Era molto strano riceverne così tanti da un adulto che incontrava per la prima volta. “Sai Gloria, in realtà non ho bisogno di molto. Ma vedi, la verità è che mi sono fatta male. Stavo passeggiando per strada e sono caduta e ora ho la caviglia che mi fa molto male…” La sconosciuta non aveva finito di parlare che Gloria era corsa in cucina ed era andata a prendere del ghiaccio dal congelatore. Una volta anche lei era caduta male e glielo avevano messo sul ginocchio. Tornò alla finestra e dalla fessura che aveva aperto provò a passarlo alla signora Lily. “Che brava che sei! Sporgiti un po' di più perché non c’arrivo!” disse la voce, all’improvviso una spanna più alta. Gloria stava per aprire la finestra, ma di nuovo quella strana sensazione che qualcosa non andava la colse. Allora decise che era meglio far passare solo il braccio. Mentre lo allungava verso la siepe, il ghiaccio le sfuggì dalle mani e cadde per terra. Non poteva vedere dove era cascato, ma le foglie della siepe si mossero e la sconosciuta disse: “Grazie Gloria, hai avuto un bel pensiero. Aaah… che bel fresco… Ma ho paura che non basterà.” Gloria allora fissò il telefono. “Io posso chiamare la polizia.” Disse allora la bambina. “E perché dovresti, mia cara Gloria?” “Per te, per far venire un’ambulanza a prenderti.” “Oh cara, io ho solo una caviglia slogata. Non serve l’ambulanza. E se avessi potuto, l’avrei chiamata io stessa. Ma vedi, volevo camminare tranquilla e così ho lasciato il mio telefono a casa. Non voglio che tu chiami nessuno. Però poter stare seduta su qualcosa di comodo per tenere su la gamba non sarebbe male.” Gloria non capì subito. Rimase in silenzio a fissare gli occhi blu e tristi. Più li guardava e più le piacevano. Però c’era anche qualcosa di curioso in quegli occhi, che non riusciva ad identificare. “Mi stai chiedendo…” disse dopo un po' la bambina “di lasciarti entrare in casa.” “Sì Gloria, giusto il tempo per vedere che cosa ho alla gamba. Giorni fa, quando ha piovuto, ho visto tua madre uscire con un bellissimo ombrello rosso. Potrei usare quello come bastone per tornare a casa, dopo che mi avrai aiutato a fasciare il ghiaccio sulla gamba.” Gloria scosse la testa. “Non posso aprire a nessuno. Mi dispiace.” Gli occhi si mossero nell’oscurità, come se la sconosciuta avesse annuito: “Lo so. Non puoi aprire a nessuno che sia estraneo. E devi fare così. Anch’io che sono grande non aprirei mai a un estraneo. Ma io non sono un’estranea. Sono già stata a casa tua, anche se forse non te lo ricordi o mamma non te l’ha raccontato.” Gloria non disse nulla. Non era convinta. “Posso provartelo.” Disse allora la sconosciuta. “Se proverai ad aprire la porta noterai che è chiusa. Ebbene, io so che tua mamma tiene le chiavi di riserva dentro all’ultimo cassetto della cassettiera vicino alla finestra in cucina.” Gloria sgranò gli occhi. La porta chiusa? Per quale motivo i suoi genitori dovevano aver chiuso la porta quando avevano detto a lei di non aprire? “Un momento.” Si allontanò dalla finestra e provò a girare la maniglia. Che non si mosse. La sconosciuta non aveva mentito! Gloria allora corse in cucina e guardò nell’ultimo cassetto della cassettiera sotto la finestra. Trovò il mazzo di chiavi identico a quello che i suoi genitori si mettevano in tasca ogni volta che uscivano. Tornò in salone. “Hai trovato il mazzo di chiave?” Chiese la voce. Gloria lo soppesò tra le mani. “Ah eccolo! Brava piccina! Adesso apri la porta e lascia che entri un momento per riprendermi.” Gloria non si mosse. “Qualcosa non va cara? Non ti fidi ancora?” “Perché hanno chiuso la porta? E perché mi hanno detto che non dovevo aprirla?” La voce non risposte subito. A Gloria sembrò che i due grandi occhi blu immersi nel buio brillassero per un attimo. “Beh… forse i tuoi genitori… non si fidano di te…” Gloria sentì il cuore farle un balzo nel petto. “N-Non mi vogliono più bene?” “Oh no! No cara, assolutamente! Non direi mai una cosa del genere! Ho parlato di fiducia, non di amore! Sai cos’è la fiducia?” Gloria tentò: “È… la fede? Come quella di cui parlano a catechismo?” “Diciamo… di sì. Come le persone si fidano di Dio, e sanno che se si comporteranno bene andranno in paradiso, i tuoi genitori si sono fidati abbastanza di te da insegnarti a non aprire la porta…. Ma forse è successo qualcosa che ha fatto diminuire la loro fiducia verso di te… forse non credono che tu possa comportarti veramente bene.” Gloria sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Le venne in mente di quella volta che, mentre facevano catechismo un signore era arrivato nell’oratorio senza preavviso e aveva iniziato a dire un sacco di brutte parole contro Gesù. Mentre il prete lo portava via, la catechista aveva spiegato che “questo è quello che accade quando si perde la fede”. Poi, più tardi, aveva sentito sua madre e suo padre parlare tra di loro e chiamare quell’uomo “veterano” e parlare del fatto che aveva perduto il figlio e scuotere la testa sconsolati. E per un attimo si immaginò che quando erano usciti avevano scosso la testa e avevano chiuso la porta. Non si erano fidati di lei perché lei era scesa giù a chiedere il bacio della buonanotte invece di aspettarli? Era stato perché aveva preso i fumetti in bianco e nero di suo padre e aveva iniziato a colorarli? Oppure per quella volta che mentre sparecchiava aveva fatto cadere i piatti? “Ascolta Gloria.” La voce della siepe la tolse dai suoi pensieri “Non so cosa è capitato con i tuoi genitori che li ha portati a non fidarsi di te e a pensare a te come una bambina cattiva, tanto da volerti chiudere in casa. Ma posso dirti quello che vedo io: io vedo una bambina brava e generosa, che tiene alle sue cose tanto da volerle riparare e che appena sente che qualcuno è stato male va subito a prendere qualcosa per farlo stare bene. Sei educata e dolce e sei stata anche attenta e obbediente. Ora, se mi fai entrare in casa e mi aiuti, prova a immaginare quanto saranno felici i tuoi genitori! Capiranno che non solo sei buona, ma anche responsabile! Sai aprire la porta a chi ne ha bisogno e sai tenerla chiusa per gli estranei! E ci sarò io a dirlo a mamma e papà insieme a te! E vedrai che non solo loro non chiuderanno mai più la porta, ma magari ti daranno proprio quel mazzo di chiavi! Così che sarai tu a decidere quando chiudere e quando aprire! Facciamo questo patto! Tu mi lasci entrare e io parlerò con i tuoi genitori! Loro avranno di nuovo fiducia in te! Che ne dici?” Gloria si asciugò una delle lacrime che le colavano lungo la guancia. Finora quella signora aveva sempre detto la verità. Non aveva motivo di non fidarsi. “Devo dimostrare ai miei genitori che sono brava!” pensò. E così, anche se una parte di lei era ancora indecisa, si allontanò dalla finestra e inserì la chiave nella porta.

Quando i genitori tornarono, trovarono il corpo della bambina ad attenderli sulla soglia. La sua testa, invece, non fu mai ritrovata.

NOTA FINALE: Questa storia è nata da un’immagine che ho visto su livello segreto postata da @maraichux e che potete trovare voi qui: https://livellosegreto.it/@maraichux/109264848170078214 Originariamente volevo inserire un momento di descrizione del mostro in questione (che nell’immagine è un vampiro ma avevo immaginato in modo diverso, molto meno chiaro), ma poi ho sentito che lo stacco tra le chiavi nella serratura e il ritrovamento del corpo era abbastanza pesante e non aveva bisogno d’altro. Non so se si possa definire davvero un horror ma spero che abbia lasciato in voi almeno un brivido. Se vi state chiedendo come faccia il mostro a sapere così tante cose della casa della protagonista, rileggete il racconto. Ci sono dei piccoli indizi che aiutano a capire.

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo

Aneddoto personale = Storia reale ma con il punto di vista esclusivo della sottoscritta

Storia vera = storia vera esterna alla sottoscritta, che si limita a illustrare i fatti e le fonti

Autopromozione = Blogpost dedicato all'autopromozione di qualcosa di mio