Annihilator

«Annihilator è ciò che succede quando lasci un pazzo visionario solo in una stanza libero di creare a briglia sciolta»

non ci sono parole migliori di quelle di Christopher Meloni nell'edizione Saldapress per introdurre Annihilator.

Grant Morrison ci racconta di uno sceneggiatore, Ray Spass, che vive di pane ed eccessi e che si ritrova con una malattia terminale e un'ultima storia fantascientifica da raccontare.

Solo che quella storia si scopre essere reale: il protagonista della sceneggiatura, il criminale interstellare Mad Nomax, piomba in casa di Ray e lo costringe a portare a termine il lavoro per poter recuperare la memoria.

Inizia così un racconto che mescola una critica al sistema Hollywoodiano con un'epopea fantascientifica, che cerca di far convivere un'anima intimista, parlandoci di rapporti umani ed elaborazione del lutto imminente, mescolandola ad un'anima invece eziologica, proponendosi come un racconto dell'origine del nostro universo e dell'umanità stessa.

Un intreccio, come emerge anche solo da queste poche parole, a tratti inutilmente complesso e quasi pretenzioso, con sporadici cali di ritmo e passaggi confusi. Ho avvertito la pretesa di Morrison di forzare alcune reazioni di shock e di senso di maestosità, ma, ad essere sincero, il fumetto mi è sembrato riuscito solo a metà, giocando su tematiche e linguaggi che a volte prendono spunto da Neil Gaiman e dal suo Sandman, che, in virtù anche di un numero di pagine estremamente più alto, continua ad essere il punto di riferimento per i fumetti che vogliono veramente parlare di Tutto.

Ottimo il comparto visivo: anche qui l'impostazione di certe tavole ricorda quella delle vicende di Morfeo, ma ho trovato Frazer Irving davvero ispirato, con una regia fuori dagli schemi e a tratti volutamente schizoide, perfettamente in linea con la sceneggiatura proposta.