Abitare l’infinito
[mi appunto questo articolo perchè trovo molto interessante il nesso tra l'abitare, la casa, la città e… l'abito (con la provocazione di trovare nessi tra la consuetudine, il modo di essere, di rapportarsi al mondo e l'abito come vestizione… che presumo abbia molto a che fare anche lui con il rapportarsi aL mondo… vedi l'anarcodandismo)]… “C’è una parola che dice molto bene che cosa sia e che cosa significhi “abitare” ed è οἰκείω “abito”; οἰκεῖν, “abitare”, è una parola da intendersi sia nel suo valore transitivo sia nel suo valore intransitivo, ma soprattutto transitivo: oἰκείω τήν οἰκία, “abito la casa”… Proprio perché c’è questo nesso primario, originario, tra l’abitare e la casa, lo stare in casa ha acquisito quel senso di protezione, quel sentirsi al sicuro, quel sentirsi garantito nei beni materiali che uno possiede, ma anche nelle abitudini, nelle consuetudini, nell’ethos che lo caratterizza. Proprio perché c’è questo nesso tra οἰκέω e οἰκία è stato possibile, come forse non poteva non avvenire, che questo abitare diventasse, come hanno detto i latini, habitare, habitus, “assumere un abito” che è qualcosa di più di una consuetudine, è una virtù, è un modo di essere, di rapportarsi al mondo…“