Femme fatale

musica jazz di sottofondo

Bentornati, mascalzoni e sicofanti, il vostro Danny Catenaccio è ancora vivo e vegeto, anche se la mancanza di sonno sta riducendo il suo cervello a un colabrodo. Sapete cosa vi succede quando non dormite per troppo tempo? Il cervello, per la mancanza di zuccheri, comincia a digerire se stesso, formando grossi buchi nella materia grigia, delle ferite che non si rimarginano più. O almeno così mi ha detto una volta il mio socio in affari Johnny Rumble. Che posso dirvi? Mi sono sempre fidato di lui come di un fratello, ma non credo che abbia la benché minima idea di come funzioni davvero un cervello umano.

Passiamo alle cose serie. Vi starete chiedendo se ho mai trovato il detective Biancaneve e se sono riuscito a restituire la valigetta col contante che ho rubato per errore al convegno elettorale del sindaco Carter. Beh, se ci fossi riuscito, non sarei rimasto tutta la notte in piedi, non vi pare? In compenso l'indirizzo che mi era stato generosamente offerto da quella canaglia di Martin King in cambio di cento sudate corazze si è rivelato autentico.

Distretto undici, Commodore's Way, civico trentuno.

Un palazzo che cadeva letteralmente a pezzi, lasciatemelo dire. In passato era stato dipinto di azzurro, ma ormai lo smog l'aveva trasformato in un disgustoso verde acqua. Acqua torbida, di palude. Poco male, visto che l'intonaco di scarsa qualità cominciava già a staccarsi dalle pareti, aprendo dei grossi buchi sulla facciata. Presto di quell'orrendo color palude non sarebbe rimasto che qualche ricciolo sbiadito dal sole.

Una sola cosa aveva di buono quel palazzo fatiscente: il portone. Visto che l'intero pannello del citofono era stato annerito da un denso strato di vernice spray, le mie probabilità di azzeccare al primo tentativo il campanello del detective Biancaneve erano davvero scarse: una su cinquantaquattro, per la precisione. Sempre più alte delle probabilità di trovare un milione di corazze in una stupida valigetta per liquori, ma non era il caso di tentare la sorte. Il distretto undici era tutt'altro che rispettabile, e suonare al campanello di un probabile criminale con una valigetta stracolma di denaro era un'esperienza che avrei preferito evitare, perciò non mi rimaneva altra scelta che appostarmi e sperare che qualche incauto inquilino uscisse senza darsi troppo pensiero di chiudersi la porta dietro alle spalle.

Dopo una buona mezz'ora sotto al sole cocente, cominciavo a dubitare che il mio socio in affari avesse ragione: il mio cervello si stava riducendo a un colabrodo, perché da quel palazzo in rovina avevo appena visto uscire la donna più bella dell'universo, con un elegante tailleur color grigio perla e dei lunghi capelli rossi. E per di più sembrava proprio che mi stesse sorridendo. La regina di tutte le allucinazioni.

“Ha da accendere?” Mi domanda la donna, fermandosi sul portone per ripararsi dal sole ed estraendo una sigaretta lunga e sottile dalla tasca interna della giacca. “Ma certo,” faccio io con un sorriso, attivando il sistema antifurto della mia PodeRossa e sentendomi già un po' in colpa per quello che sto per fare. Sgancio la valigetta dal comparto dei bagagli e avanzo verso di lei a lunghi passi, galleggiando su una nuvola di ormoni, ma il mio cervello-scolapasta adesso sta girando a tutta velocità, continuando a ripetere sempre la stessa cosa: Entra in quel dannato palazzo, Catenaccio. Tiro fuori dal taschino un accendino a gas con un teschio dalle cui orbite fuoriescono due serpenti di madreperla. Mi avvicino alla sua bocca. Il suo alito caldo sembra bruciarmi la pelle. “Resisti, Danny,” mi dico, mentre lei aspira leggermente e la punta della sua sigaretta lunga e sottile prende fuoco. I suoi occhi sono due diamanti grezzi, grigio-argento come quel dannato tailleur. Penso che continuerò a sognarla per il resto della mia vita. Ho una sola chance di abbordarla, di dire qualcosa di spiritoso, di restare a parlare con lei mentre la accompagno verso qualsiasi veicolo abbia usato per arrivare in questa fogna di quartiere. Ma invece la saluto con un cenno del capo e scivolo all'interno del portone.

Addio, bellezza. So che non ci vedremo mai più.