Il calderone di Gabratta

Ciarlo di cose di cui non parlo generalmente: videogiochi, wrestling, sumo in primis.

Ispirato dalle ultime story su Instagram del buon Kenobit, e anche da un paio di pensieri che mi frullano in testa da settimane, mi sono detto “massì, facciamo un servizio alla comunità scrivendo due righe a proposito della situazione Linux e gaming”.

Preciso una cosa: è vero, all'inizio l'idea di mandare a quel paese Windows (o, Winzozz, il vezzeggiativo che spesso si usa nell'ambiente) può far paura a tantissimi. Ci sono passato anch'io quando ai tempi provai l'ormai vetusto Ubuntu 9.10 su un vecchio laptop Toshiba che non ce la faceva a reggere l'allora nuovo Windows 7...eppure, nonostante qualche difficoltà iniziale, ho riscoperto quella gioia informatica che provavo quando smanettavo su MS-DOS sul 486 di papà nell'agenzia di viaggi di mio nonno, il tutto per avviare l'originale Prince of Persia e Arkanoid.

Da allora l'informatica si è evoluta, noi siamo cresciuti, e sono cresciuti pure Windows e Linux: peccato che il primo abbia intrapreso una strada che non mi piace per niente; quella del bloatware, delle telemetrie, dell'IA e degli spyware spacciati per “funzioni innovative” (sì, Recall, sto parlando di te).

In questo momento sto scrivendo da un Thinkpad T460p ricondizionato che ho preso circa 3 anni fa su eBay da un'azienda di settore: pagato esattamente 368€, un'ottima cifra per un laptop aziendale del 2016 con un buon processore (un Intel Core i5-6440HQ). Le uniche spese aggiuntive sono state una batteria più capiente e il secondo banco aggiuntivo di RAM da 8gb, portando così il totale a 16gb.

Ora veniamo al sodo: com'è Linux nell'uso giornaliero? ci puoi giocare? Risposte: molto più comodo di Windows, e sì, ci gioco.

Il mio Neofetch

Come avete visto dall'immagine qua sopra, dopo un annetto e mezzo di Windows 10 su questo laptop ho deciso di passare a Linux e, dopo un periodo di cosiddetto “distro hopping” tra EndeavourOS e MX Linux alla fine mi sono accasato su Manjaro. Vi posso dire che funziona tutto out of the box tranne una cosa...il sensore di impronte digitali. Solo perché ho avuto la sfiga di beccare l'unico con i driver bloccati: se vi interessa la questione potete controllare su fprint

Sicuramente uno degli elefanti della stanza per i neofiti Linux è la frammentazione del mercato: al contrario di Windows e OSX, Linux è solo una “base” su cui poggiare, per il resto i gusti da scegliere nell'immensa gelateria delle distribuzioni (da qui in poi distro) sono tanti (anche troppi, onestamente) e posso capire che il discorso risulti complicato. Nella mia discreta esperienza con il mondo Linux però posso suggerire qualche distro tra le più gettonate:

  • Se venite da Windows e siete dei completi neofiti del mondo Linux, allora la mia scelta ricade su Linux Mint: è una delle distro più stabili in assoluto, il suo desktop environment, Cinnamon, è il più simile a Windows e non ha particolari problemi con i driver delle schede video Nvidia...che detto inter nos, Linus Torvalds ha ragione: Nvidia, fuck you!
  • Se venite da Mac potreste trovarvi più a vostro agio su ElementaryOS, anche se per i miei gusti è fin “troppo elementare”. Non ho avuto esperienze lato gaming su questa distro, ma se avete un vecchio hardware da resuscitare (e sotto questo punto di vista Linux è PERFETTO) e/o volete usarlo per del semplice browsing di base, Elementary OS è eccezionale.
  • Se, come me, siete degli utenti non dico esperti, ma già un filo più preparati a livello informatico, allora I use Arch, btw Attenzione: non parlo necessariamente di Arch Linux liscio (che consiglio solo ed esclusivamente se siete esperti e se volete una personalizzazione totale del vostro sistema operativo), ma soprattutto di varie distro basate su Arch, come si vede in primis su Steam Deck, se ne avete uno. Ebbene sì: quel gioiello di console portatile fatta dalla Valve di “Lord Gaben” è una console Linux! Ed è principalmente grazie a Steam Deck se Linux è il secondo sistema operativo più usato su Steam, subito dopo dietro Windows...e i numeri continuano ad aumentare Digressioni a parte, le mie scelte ricadono essenzialmente su tre SO: EndeavourOS se volete una distro più “terminale-centrica”, Manjaro se volete qualcosa di più semplice da usare, e Garuda se volete puntare principalmente al gaming: fra l'altro, al 99% sceglierò proprio Garuda per il mio pc fisso quando scadrà il supporto ufficiale a Windows 10. Sottinteso: lato gaming, un'altra distro (però basata su Fedora) del quale ho sentito parlare molto bene è Bazzite, ma non ho ancora avuto il modo di provarla se non su macchina virtuale. Stesso discorso per Nobara, anch'essa basata su Fedora, ma meno “consolizzata” di Bazzite.

Fra l'altro, ultimo inciso, una delle cose più belle di Linux è che potete provare la distro di vostra scelta senza formattare tutto: basta semplicemente flashare una chiavetta USB (mio consiglio spassionato: usate chiavette da tagli che vanno dagli 8gb fino ai 32gb massimo. Dai 64gb in poi se usate tool come Ventoy) con il programma di vostra scelta (io preferisco Balena Etcher, ma anche altri come Ventoy appunto o Rufus sono scelte validissime!) e poi avviando il vostro pc dal bios selezionate quella chiavetta USB e godetevi Linux in modalità LIVE. È super super consigliato soprattutto per vedere in primis se la distro vi piace, e poi per vedere se funziona tutto out of the box. Personalmente non ho mai avuto problemi su tutte le macchine che ho usato, a parte una volta su un vecchio laptop della mia fidanzata dove non funzionava il Wi-Fi, ma quello purtroppo è un problema delle schede di rete Mediatek, se non erro...

Ok: avete scelto la vostra distro Linux. Ora, come ci gioco?

Niente di più semplice: Steam, addirittura in alcune distro è pure installato di base! In caso contrario, basta aprire il vostro software manager di riferimento (nel mio caso su Manjaro uso Pamac), cercare Steam, mettere una spunta e poi dare l'ok. È semplicissimo e al massimo vi chiede di inserire la password che avete scelto per il vostro sistema. Niente di diverso da quello che succede su Mac o sui vostri smartphone. Al primo avvio Steam è praticamente identico alla versione su Windows, l'unica differenza che troverete nella vostra libreria è quella di vedere meno giochi pronti al lancio, visto che di base vengono selezionati i giochi Steam Play (ovvero quelli compatibili con i tre sistemi operativi desktop). E adesso? Si evoca Proton!

E che diavolo è Proton? Per farla in breve, Proton è un layer di compatibilità: vedetelo come una sorta di “traduttore” che opera traducendo un gioco nativo Windows come nativo Linux, permettendovi di giocare senza problemi! E vi dirò di più, esiste un sito meraviglioso chiamato ProtonDB dove potete vedere come girano i vari giochi tramite Proton, sulla base di vari punteggi: da un minimo di “bronzo” al massimo di “platino”. Escludendo ovviamente i punteggi “nativo” e “rotto” che penso non abbiano bisogno di spiegazioni. Come dicevo poco più su, non ho un pc da gaming o abbastanza recente, però gioco senza problemi ad un titolo in early access come Drill Core proprio grazie a Proton.

Ok, con Steam siamo a posto. E con gli altri launcher tipo Epic o Amazon? Nessunissimo problema: esiste Heroic Games Launcher, un programma di terze parti che applica il layer Proton anche alle vostre librerie Epic, Amazon e GOG. Per esempio gioco giornalmente a Football Manager 2024 (regalato qualche mesetto fa su Epic Store) dal mio portatile usando Heroic: ha le stesse prestazioni che avrei su Windows, l'unica cosa è che ha solo un leggerissimo bug sulla tastiera che non va se fai “alt+tab”, ma è una roba super risolvibile cliccando sulla barra centrale di ricerca nel gioco e poi funziona tutto. E se volete di più esiste anche Lutris che fa la stessa cosa anche per EA, Ubisoft e...udite udite, anche alcuni wrapper di emulatori console come Dolphin e Retroarch!

Fra l'altro, se siete dei retrogamer Linux è praticamente il paradiso tra emulatori e soprattutto ottima compatibilità con i titoli vecchi di 20-30 anni fa, cosa che su Windows vi porta il più delle volte a scervellarvi a mai finire. Per l'emulazione Windows il mio consiglio è usare uno tra Wine e Bottles: fanno la stessa cosa, ma dipende dai programmi installati ho avuto prestazioni ed uso diversi. C'è chi funziona meglio su Wine, chi su Bottles...insomma, c'è da provare.

Va bene, per i titoli single player ci siamo, ma a me piace giocare online: su Linux va tutto liscio come l'olio? Ecco, questo è l'unico punto dolente. Di base l'unico vero problema del gaming su Linux è rappresentato dai sistemi di anticheat, che il più delle volte o non sono compatibili con il kernel di Linux o proprio lo schifano apertamente come Vanguard: quindi scordatevi di giocare a League of Legends o Valorant su Linux. Ma non tutto è perduto: in nostro soccorso arriva Are We Anti-Cheat Yet? un comodissimo sito con vari aggiornamenti riguardo a tantissimi giochi online. Certo, non va proprio tutto tutto, visto che i “broken” sono più dei “supported” e dei “running” messi insieme, diciamo che bisogna dare una controllatina sia su questo sito che su ProtonDB ed eventualmente testare sul campo.

Va bene, per il gaming ci siamo: e per il resto? Dipende dall'uso che volete fare della vostra macchina: l'elefante nella stanza è, ahinoi, la suite Adobe. Tabella alternative Adobe

Diciamo che va a vostro gusto personale: personalmente tra le varie alternative a Photoshop preferisco Photopea (o GIMP se sono offline), e per il resto ho avuto esperienze solo con l'audio (Audacity, che uso da anni anche su Windows), video (per DaVinci Resolve stesso discorso di prima, anche se so che su Linux non gira bene come su Win. Ho sentito parlar bene di Olive e Kdenlive, ma non li ho ancora provati), e DAW (LMMS è letteralmente I-D-E-N-T-I-C-O a FL Studio). Il resto è tutto nativo o quasi, dove quel “quasi” magari sono dei programmi tipo Onlyoffice che trovo solo su AUR (il motivo per il quale amo le distro basate su Arch Linux, ma è un discorso troppo lungo...), ma davvero, su questo portatile uso praticamente gli stessi programmi che ho su Windows: dall'instant messaging (Telegram e Discord sono nativi Linux, per Whatsapp invece uso WasIstLos che si trova su AUR, ma ci sono programmi alternativi oppure basta usare la versione web) passando per la registrazione desktop (OBS è nativo), la riproduzione video (VLC è nativo e nella stragrande maggioranza delle distro anche preinstallato!), browser (Firefox nel mio caso, anch'esso preinstallato in tante distro)...e vi dirò di più, il mio workflow su Linux è pure migliore rispetto a W10: su quest'ultimo per avere un'esperienza simile a quella che ho su Manjaro ho dovuto installare un programma chiamato TaskbarX che si bugga spessissimo: invece su KDE Plasma (il desktop environment che uso su Manjaro) ho dovuto letteralmente mettere una spunta nelle impostazioni della taskbar e nulla più, risparmiando tempo e rotture di scatole.

Spero di esser stato abbastanza chiaro e spero anche di avervi acceso un po' di curiosità riguardo al gaming su Linux: ormai i tempi sono maturi. Fatevi un giro su Distrowatch, guardate qualche video (a tal proposito consiglio i canali Youtube di Morrolinux, The Linux Experiment e ETA Prime che ultimamente prova spesso dei miniPC con Bazzite) e poi provate in prima persona la distro che avete scelto, sia tramite macchina virtuale che, ancora meglio, tramite chiavetta USB in modalità live...l'importante è che non andate mai su r/Unixporn, rischiate di cadere in un rabbit hole pericolosissimo.

Pro Wrestling is Art

“Pagliacciata”, “americanata”, “tanto è tutto finto”. Di solito sono questi i commenti che l’utente medio pronuncia di solito quando viene nominato il wrestling. Ma esattamente cos’è il wrestling? O meglio, cos’è per me il wrestling? Partiamo dal principio: mi ritengo un fan di lunga data, vado verso i 36 anni e ho cominciato ad appassionarmi alla disciplina quando di anni ne avevo 10 e guardavo ogni sabato pomeriggio le puntate di WCW Nitro su Italia Uno commentate da Cavallone e Sironi, due DJ radiofonici che di wrestling non ne sapevano effettivamente una mazza, ma figurati cosa ne potevo sapere ai tempi.

Da lì ho cominciato a registrare VHS su VHS, alimentare amicizie prima dal vivo e poi sui forum, la scoperta della pirateria (non guardatemi male, per molte cose è ancora l’unico modo per guardare certe cose) e soprattutto di altre compagnie, o promotion per usare il linguaggio della disciplina. La allora WWF (ora WWE), la ECW (una delle 5 promotion che più ho amato), il sottobosco delle indie americane della prima metà degli anni 2000 dominata da ROH, CZW e CHIKARA, la scena giapponese (o puroresu), la lucha libre messicana, la scena europea (Italia compresa). Insomma, si nota che sono una persona curiosa? E lo ero pure quando, per decenni, ho scritto sui forum e sui siti italiani. In un mondo di appassionati che guardano principalmente la WWE, la promotion più famosa nel mondo del wrestling, io ero lo “stronzo” che si esaltava nel vedere Jon Moxley (il fu Dean Ambrose in WWE, ora in AEW con il nome che lo ha reso famoso nelle indies) ridursi ad una pozza di sangue al Tournament of Death della CZW.

Già, perché per fortuna, e sottolineo per fortuna, il wrestling non è solamente quello che vedete in tv.

Ho sempre ritenuto questa disciplina, un’arte. Pensiero che un wrestler come Ricochet (ora in WWE) ha ribadito più e più volte in interviste e con una maglietta, dopo le polemiche scaturite su internet dopo il chiacchieratissimo match contro l’inglese Will Ospreay durante il torneo Best of Super Junior in NJPW. A discapito della visione comune, il wrestling non è solamente quello che proviene dagli Stati Uniti e che guardate ogni settimana su DMAX (WWE) o su Sky (AEW). Certo, quella è una delle tante sfaccettature della disciplina, la più conosciuta dai fan e dai suoi detrattori: dove le storie, in gergo storyline, vengono raccontate allo spettatore con interviste o avvenimenti che accadono fuori dal ring (sempre in gergo si parla di angle) per poi avere il match vero e proprio. Quello che è noto ai più come “sport-entertainment”, di solito l’idea a cui tutti pensiamo quando si parla di pro wrestling. Ecco, specifico “pro wrestling” per differenziarlo dall’amateur wrestling, quella che in Italia conosciamo come “lotta libera” e che di solito vediamo durante le olimpiadi estive…nonostante il comitato olimpico faccia di tutto per liberarsene in quanto è una delle discipline “meno televisive” e poco seguite, pur essendo la disciplina più antica della kermesse, ma questo è un altro discorso.

Tornando a noi, e partendo dalla base dello sport-entertainment che dicevo prima: collegandola ad un’altra arte che adoro, ovvero la musica, questa è solo una delle tante sfaccettature in cui si può esprimere il concetto del pro wrestling. D’altronde sappiamo che la musica è fatta di milioni di generi, sottogeneri e sfumature. Insomma, possiamo concordare che ridurre la musica alla sola hit parade è una boiata, no? Ecco, col wrestling succede la stessa identica cosa. E guai paragonare lo sport-entertainment di major americane come WWE o AEW alla lucha libre messicana di AAA o CMLL (la più antica promotion di wrestling ancora attiva, fondata nel 1933!), o al puroresu giapponese di promotion come NJPW, AJPW o NOAH. Tre mondi diversi e tre scuole di pensiero completamente diverse. Laddove negli Stati Uniti si punta all’appariscenza e a personaggi “larger than life”, in Messico la lucha libre è qualcosa di puramente folkloristico, dove molto spesso si sente il retaggio del passato azteco e dove i luchador diventano eroi popolari (basti pensare a El Santo). E in Giappone? per quanto la disciplina sia arrivata in terra nipponica dagli “odiati” americani dopo la seconda guerra mondiale, non è servito poi molto per imprimere il proprio background culturale: il puroresu, ovvero il termine con cui i giapponesi pronunciano “pro wrestling”, è uno sport duro e puro(resu. Concedetemi la battuta). Pochissimi fronzoli e un ring per dimostrare che io sono più forte del mio avversario e che darò tutto me stesso pur di schienarlo per il conto di 3 finale. Fateci caso, non è lo stesso pensiero che sta dietro ad un manga o un anime shonen? Credetemi, ci sono poche differenze tra il vedere uno scontro tra Goku e Vegeta e uno tra Kazuchika Okada e Tetsuya Naito, per citare la recente finale del G1 Climax di quest’anno. E ci sarebbe da parlare anche del joshi, il wrestling femminile giapponese, uno stile (guai a chiamarla scena o divisione femminile!) che negli anni ‘80 divenne famosissimo in terra natia grazie a team come le Crush Gals e le terribili Gokuaku Domei guidate da Dump Matsumoto. Fun fact, la mia promotion preferita degli ultimi anni è la STARDOM, tutta al femminile. Ah e ovviamente non si può parlare di puroresu senza citare l’Uomo Tigre che chi è cresciuto a cavallo tra gli anni ‘80 e i ‘90 conosce molto bene. E se siete più grandi di me, sappiate che se negli anni ‘80 guardavate il catch commentato da Tony Fusaro nelle reti regionali…in realtà stavate guardando il meglio che offriva il wrestling giapponese di quei tempi, tra un Antonio Inoki (pace all’anima sua) e una Jaguar Yokota.

Potrei anche parlare dei vari sti li di wrestling adottate da varie promotion in giro per il mondo: dall’hardcore della ECW, passando per il deathmatch/garbage/ultraviolent di FMW, CZW e GCW, il comedy proposto spesso e volentieri dalla DDT o dalla CHIKARA (una delle mie promotion preferite in assoluto, che straconsiglio a tutti i fan dei fumetti Marvel), ma verrebbe qualcosa di troppo grande e dispersivo per chi non è avvezzo, e questo mio scritto vuole essere solo d’introduzione al pro wrestling in generale. Però permettemi di darvi un consiglio.

Ritengo il wrestling un’arte perché, come tutte le arti, usa il suo linguaggio per raccontare delle storie. Cercate di non alzare un muro e di provare quantomeno a capire questo linguaggio, senza alcun pregiudizio. Cercate la promotion, il wrestler, lo stile del prodotto che più rispecchia i vostri gusti. Perché di questo si parla: gusti personali. Ci sono promotion e stili che possono piacere, e non piacere (personalmente non apprezzo più la stragrande maggioranza di ciò che viene dagli Stati Uniti per una serie di motivi), ma diamine, almeno provateci. Non mancherò di consigliarvi qualcosa, cosa che spero di fare su questo blog dove, quando avrò l’ispirazione giusta, parlerò di alcuni match storici e attuali che più mi hanno colpito.

E nel frattempo vi saluto con la catchphrase di Giulia, wrestler italo-giapponese della STARDOM: “Arrivederci! MATA-NA!”