Il Taccuino

(Venuta la superbia viene anche l'infamia / ma la saggezza è con gli umili)

Avrei tanto voluto guardare il mondo dalla vostra altezza, senza dover chinar lo sguardo, reclinare il collo, e accontentarmi dell'orizzonte che disegna i confini della terra, segna il limite delle colline verdi e quotidiane, il biancogrigio delle pietre e l'azzurro quasi timido del cielo. Meglio sarebbe stato strisciare sulle foglie e in mezzo ai sassi come i vermi, accontentarmi dell'odore del terriccio, del rinvigorente muschio, e non aspirare ad altro, se non all'eterno ritorno di tutto ciò che è eterno. Tuttavia non scorre brezza nel mio sangue, ma tempesta. Nessuna mia parola può giungere a voi che m'ascoltate, ché essa si leva in alto, superba sopra le montagne, custodi immoti del giorno e della notte, e rigonfia il cielo di nembi di burrasca, rovescia su di voi le ardenti piogge di quest'ira sconfinata che mi distrugge e mi consuma. Se vi guardo mi apparite come comiche formiche e solo basterebbe un passo per schiacciarvi, ridendo in cuore di questa tremenda mia albagìa che mi condanna a esser ripa, roccia, scogliera, tormentata dalle onde, ma sempre fiera con lo sguardo fisso a sfidare l'orizzonte. Eppure m'atterrisce la notte che m'aspetta, quest'oscurità che mi abbraccia come un manto, questo infinito, terribile silenzio. Nessuno potrà mai trovarsi insieme a me quando questa pur odiata terra sotto di me spalancherà le crepe delle rocce. Mi vedrete forse accasciarmi, come un elefante vinto dalle lance e cosa sarà di me se non la carcassa di un gigante, una maestosa solitudine senza vita?


agostinoarrivabene_hybris (A. Arrivabene, Hybris, 2021, olio su lino 150 x 120 cm)

Ho accumulato i miei giorni come fossero documenti impilati. Mi fermo a rileggerli spesso: pieni di quisquilie, farneticazioni, cavilli. Su ogni foglio imprimo col timbro: “SPRECATO” Ne arrivano spesso di nuovi ma nel contenuto son sempre gli stessi. A cosa serve rileggerli ancora? Eppure avrei tanto voluto esser poeta, oppure un artista, col cuore tremante e ispirato. Tuttavia il cielo non volle. Pazienza. Starò qui a sbrogliare scartoffie con la sterile passione dell'impiegato.

Presenze

Presenze, foto digitale. Licensed under CC BY-NC-ND vedi su Pixelfed


Aspetterò un altro inverno per amarti quando meno ferma la mia mano scorrerà sulla parete e la memoria delle cose a me più care, già sbiadite, offuscherà ogni mio risveglio. Con gli occhi cercherò il tuo sguardo e il tuo respiro, come un fresco alito sul volto, il tuo nome chiamerò tra le consunte cose ma la mia voce, come di fantasma risuonerà dalla terra, un bisbiglio tra la polvere. Attenderò ogni giorno quell'inverno, dovessi pure consumare la mia vita e il tempo, quest'inganno, che ci separa.

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(A. Arrivabene, ecce-homo, olio su tavola. 41 x 37 cm, 2019)


Nella compassione ho intuito il seme dell'infelicità -

soffrire è volervi amare al di sopra delle mie possibilità.

Trinità di Andrej Rublev A. Rublev, Trinità


Per tutti i miei giorni ho vagato cercando il tuo amore. Ovunque ho guardato: sui fili d'erba e dietro le stelle, nel muto contegno dei sassi, e mai l'ho trovato. Solo starò sulla terra fino all'ultimo giorno, solo sarò trafitto dai raggi dell'ultimo bagliore del sole. Tante volte ho cercato il tuo amore. Forse è nella solitudine eterna di ogni uomo che muore.

Joan Semmel, Study for Night Light 1978, oil crayon on gray paper J. Semmel, Study for Night Light, 1978, pastello a olio su carta grigia.


Tu non sei una statua d'alabastro né di marmo levigato ma i minuscoli solchi dei tuoi anni porti come lastra d'acquaforte, essi sul tuo corpo disegnano ogni forma: ecco una driade, una ninfa, un'odalisca, la Maddalena ai piedi della croce.

Potessi baciare invece i tuoi, le caviglie, le ginocchia, sfiorare con le dita quasi fossero pennelli l'interno molle delle cosce, e discoprire il fiore che tante volte dischiudesti, l'acre odore che m'inebria, assaporare il tuo mistero, prosciugarti goccia a goccia.

Se ti confessassi ciò adesso fuggiresti, terrò dunque solo mio questo segreto. Animo mio inquieto, va da lei stanotte, non svegliarla, adagiati tra i seni, sia per lei questa passione che non si consuma. Per questa unica notte sola. L'unico amore possibile è quello che non esiste ancora.

Lago di pergusa


Non chiedete più della fanciulla che abitava queste terre forse altrove è andata a cercare i fiori d'asfodelo. Non interrogate i pini, il vento, non importunate la poiana.

La folaga ha lasciato queste rive, l'airone ha rivolto le sue ali al di là della città.

Perché cercate tra i vivi ciò che è morto? Mai nessuno vi risponderà.

Degas, photography nude study (E. Degas, Studio di nudo femminile, fotografia)


Sul marmo liscio quasi ghiaccio che si incrina i tuoi piedi scivolavano, ti libravi come una falena notturna e con gli occhi chiusi ti lasciavi trasportare. Le tue labbra rosse appena socchiuse lasciavano intravedere i denti bianchi e il volto era rapito dall'orgasmo musicale. Le gambe si rincorrevano tra sacadas, ganchos e paradas quasi giocavano a un gioco scandaloso nella luce soffusa della notte. Bianche, le tue cosce, si stringevano a quelle del tuo hombre mentre il bandoneon sospirava nel suo gergo sessuale.

Non ho mai osato incrociare i tuoi occhi e forse nessuno quella sera ha inteso il tuo mistero. Gli uomini che ti stringevano e sentivano la tua pelle che tremava calda quasi come un animale addormentato che sussulta, sapevano forse di tenere tra le braccia Ecate che quella sera ritornava tra i mortali? In cuor mio lo sentivo e quando di sfuggita mi guardasti capii che era vana ogni speranza che nei tuoi occhi scuri e fondi era scritta, incancellabile, ogni mia condanna.

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Dalla finestra aperta sei entrata stamattina piccola mosca, e mi ronzavi intorno. Ogni tanto ti sentivo sulle gambe o sulla testa camminare con le tue leggerissime zampette e quasi picchiettavi sui miei pensieri gravi. Oh, piccola mosca, perché hai deciso di farmi compagnia? Sarebbe stato meglio per te ronzare sui tetti e sui balconi, visitare i davanzali delle finestre che già odoravano di cibo buono. Eppure sei venuta da me e la mia malinconia non ti ha potuto perdonare. Con un vecchio giornale arrotolato ti ho colpito, ma non era abbastanza ferma la mia mano, ancora ti agitavi e sentivo disperato il tuo “bzzzz” mentre tentavi invano di volare. Come un lampo è sceso il secondo colpo, e non ti sei più mossa. Ho raccolto il tuo corpicino e con un peso sul cuore al di là del balcone l'ho gettato sulla strada. “Ho fatto ciò che andava fatto” Ma non mi davo pace.

Quando qualche ora più tardi ho visto un corpo senza vita che giaceva nella bara ho pensato a te, piccola mosca. “Come siamo simili io e te” avrei voluto dirti, e avrei voluto chiamarti sorella, assieme a tutte le creature che passano su questa terra. Eppure, forse, la tua fine fu più bella. Non verrai sigillata in una scatola per essere inghiottita dalla terra, ma ti ha accolto il giorno che risplende portata via dal vento, e senza nome, né fotografia sei adesso indistinguibile tra tutte le cose che sono e che saranno. Potessi raggiungerti così, piccola mosca, amica, sorella mia, potessi anche io smarrire il nome e le sembianze, quando sarà l'ora.

Tramonto sul mare (solitudine) Tramonto sul mare (solitudine), foto digitale. Licensed under CC BY-NC-ND vedi su Pixelfed


Se stasera fossi insieme a me, amore mio, mi sembrerebbe forse meno triste l'incedere scarlatto della sera d'estate. Ma non è solo per me che t'invoco, ignoto amore, né è gran cosa la mia malinconia, ma è per ogni pietra, per ogni ramo, che chiamo il tuo nome, e la dura terra, senza di te, non potrebbe germogliare.

Ché insieme potremmo risanare le piaghe degli alberi, tornare a far rinverdire i deserti, discoprire le ombre scure della notte, potremmo consolare i sogni inquieti degli uomini affannati, cogliere il manto grandioso delle stelle per portarlo in ogni casa, in ogni stanza afflitta dal dolore

Così sarebbe il nostro amore il riscatto di ogni tristezza, e tutto abbraccerebbe, si stenderebbe oltre i confini della terra per sanare ogni disperazione, ogni ingiustizia che si consuma sotto il sole.

Eppure non ci sei, e sembra frantumarsi il cielo adesso che sento incombere la notte, mentre in me riposano le solitudini di tutti gli uomini.