Silenzi

Capitolo precedente: Necessità

Il caffè era bollente, riempiva la tazza quasi completamente. Onde minuscole se ne andavano dal centro verso l'esterno mentre Maria si accomodava al tavolo sedendosi difronte a me. Le erano cresciuti i capelli. “Ti sono cresciuti i capelli”, le avevo detto. “Mi stanno male?”, aveva risposto. “Mai, staresti benissimo anche senza, lo sai”, sorridevo e la guardavo negli occhi grigio piombo. Anche lei sorrideva, come sempre, come ha sempre fatto. “Allora vado a rasarmi e poi mi dici”. Mentre ridevamo era comparsa la cameriera, aveva chiesto cosa volessimo e se n'era andata con due hamburger da far preparare al cuoco. “Mangi dopo aver preso il caffè? Non sai che fa male?” “Sei tu che mi hai invitato a prendere un caffè, io ho preso un caffè” Mi guardava. Come sempre. Poi mi aveva chiesto come stessi. Se avessi mentito lo avrebbe capito. “Se menti lo capisco” Appunto. “Sto incasinato” “Non è cambiato molto. Ragazze? O ragazzi?” “Ti ricordi Roberta?” “No, dovrei?” “Stessa scuola” “Ma anni diversi” “Beh, sì” “Forse... La fotografa?” “Amatoriale” “Forse. Che ti ha fatto?” “Ci siamo incontrati ad un funerale” “Mmh... E?” “E mi ha offerto l'ombrello perché pioveva, poi non l'ho riaccompagnata a casa e due giorni dopo l'ho incontrata dopo essermi svegliato in macchina davanti una chiesa. La sera prima ho incontrato Sofia e abbiamo bevuto tantissimo” “Sofia?! E che avete fatto dopo? Si può dire anche se siamo in fascia protetta?” “A quanto pare ha vomitato tantissimo per colpa mia e l'ho accompagnata a casa in macchina nonostante fossi ubriaco quanto lei” “Non ci credo” “Neanche io ci credevo quando me l'ha detto” Nel frattempo erano arrivati i panini accompagnati da due montagne di patate fritte. Stava addentanto il suo mentre i miei occhi cadevano sull'anello che portava al dito della mano sinistra. “E poi?” Mi ero distratto, “E poi cosa?” “Roberta?” “Ah già, parte per la Francia, per lavoro” “No! Quindi non vi sentite più?” “Cosa la sento a fare? Ehi ciao, sono Francesco, il coglione senza ombrello mentre pioveva, ricordi? Perché non ci sentiamo mentre tu sei in un altro stato con tanta gente attorno molto più interessante di me?” “Magari funziona” “Come no” Silenzio. L'unica cosa che penso è... “Tu invece?” “Cosa?” “Come va? Cosa fai? Trovato marito? Moglie?” “Io sto bene, lavoro a Milano per una rivista di cucina” “Beh era quello che volevi, no?” “Sì... Certo se lavorassi per qualche rivista più famosa non mi dispiacerebbe” “Si accorgeranno di te, è difficile che passi inosservata” “Mi sono fidanzata” “Lo so” Aveva smesso di masticare e aveva strabuzzato gli occhi. “Lo sai?” “L'anello al dito” Aveva abbassato lo sguardo su di esso e aveva preso a giocarci. “Chi è il fortunato? O la fortunata?” “Fortunato... È il mio capo redattore” “Ah, complimenti!” “Prima che lo chiedi: sì, è più vecchio di me” “Non ti giudico, ti ricordo cosa ho fatto in passato” Mentre mi sorrideva vedevo tutta la mia gioia uscire dal mio corpo sbattendo la porta. Se ne sarebbe accorta, così ero andato al bagno. Lo specchio mostrava una figura sformata, i capelli erano in disordine e l'acqua scendeva fino al mento, sgocciolando per terra. Lei mi stava aspettando al tavolo, le avrei detto la scusa preparata in bagno e me ne sarei andato. “Devo andare che domani mattina lavoro presto” “Certo, me ne ero dimenticata. Ma va tutto bene?” Ecco. Lo sa, lo sa benissimo. Mi sento come alle superiori, quando la professoressa sapeva che non avevo studiato, lo sapeva, ma mi lasciava mentire. “Sono solo stanco dalla giornata” Dopo avermi baciato su entrambe le guance se ne era andata salutando e sorridendo, ringraziandomi per aver accettato l'invito. La macchina era fredda e buia, la luce proveniva dai lampioni del parcheggio della tavola calda. Avevo spento il cellulare, basta persone per oggi.

Capitolo successivo: Portoni che si aprono

Originally wrote in 2017-12-28T23:27:00.000+01:00