Oliviabenson2

Spero di lasciarvi, nonostante tutto, un buon ricordo

Romics Inside (Aneddoto Personale)

Voglio iniziare questo blog avvisando chi legge di prendere queste parole come un bel racconto personale. Reale, ma aneddotico. Un'esperienza che può non essere uguale per tutti. Sono entrata nel mondo dell'editoria da pochissimo e passando attraverso una finestra (quella degli adattamenti) che a scuola veniva in molti casi anche snobbata, tanto da due dei miei professori, quanto dal lato “favorito” della classe. Tuttavia, ho deciso di raccontare ugualmente il mio legame con questa manifestazione e spero che quanto racconterò possa offrire un'ispirazione o anche solo un margine di riflessione a chi leggerà.

Romics è attivo a Roma dal 2001, ma ho iniziato a frequentarlo solo a partire dalla seconda metà degli anni dieci del 2000 (2015 circa). Da subito mi è stato presentato in modo negativo da chiunque lo frequentasse: nato come fiera dei fumetti, l'aumento del merchandising e cosplayers nel corso degli anni ha fatto fuggire molte case editrici di fumetti, favorendo al loro posto altri tipi di attività commerciali. Dalla scherma delle spade laser, ai venditori di katane e parrucche, Romics ha visto scappare negli anni moltissimi editori grandi e piccoli. I grandi assenti di quest'anno sono stati: Bao, Shockdom, Bonelli e la Scuola Internazionale di Comics.

Eppure è stato proprio al primo Romics dopo la pandemia che ho trovato il mio primo vero lavoro da sceneggiatrice: conoscevo già l'editore al quale provai a presentare un progetto, ma era la prima volta anche per lui nel mondo dei fumetti. Aveva iniziato da poco una collana dedicata agli adattamenti dei suoi romanzi/racconti e stava tastando il terreno nelle varie fiere. Romics non gli piacque e decise di non tornarci più. Neanche il mio progetto gli piacque (le sue critiche sono state molto preziose e mi hanno spinto a una riscrittura totale, ma questa è un'altra storia), ma vedendo che comunque avevo con me molte tavole di prova sceneggiate, mi chiese se volevo cimentarmi in un adattamento. Accettai immediatamente e così nacque “Il cervo di Horn Creek”, seguito da altri tre contratti su cui i disegnatori stanno attualmente lavorando. Tutti pagati. Dopo ciò, non potei non legarmi a questa fiera. Poco meno di un anno dopo (la fiera ha sempre due date: una autunnale e una primaverile) incontrai un altro editore a Romics (Prankster Comics) e strinsi un buon rapporto con uno dei suoi sceneggiatori/editor: avevamo in comune la passione dei lupi mannari. Acquistai i suoi volumi, più altri di genere comico. Tra un commento e l'altro finii per proporre una storia breve mia, che venne accettata e pagata. La pubblicazione, prevista nella primavera di quest'anno, saltò. Insieme alla stessa, mi era stata proposta la partecipazione allo stand, che io avevo accettato. Ma con la mancata pubblicazione del volume e il ritardo di altri materiali, cancellò completamente la partecipazione della casa editrice. Quest'autunno, il volume antologico in cui ho partecipato è ancora sospeso, a causa di una storia non ancora finita. L'editore ha però deciso che potevo ugualmente partecipare con loro. Anche se l'ho saputo solo all'ultimo momento, alla fine anch'io sono risultata tra gli ospiti di quest'anno.

L'esperienza allo stand è stata molto piacevole: anche se tutti si conoscevano da prima di me, mi hanno fatta subito sentire a casa. L'ambiente era tranquillo, scherzoso, casareccio. Si lavorava, ma divertendosi, scherzando, chiacchierando e confrontandosi. Ho scoperto molte cose del “backstage” di tante case editrici: da persone che si sono bruciate a causa di un uso sbagliato dei social, alle decisioni di alcune case editrici che se da fuori risultano incomprensibili una volta nell'ambiente acquistano un altro senso. Nessun commento è stato mai denigratorio o insultante. La prima regola, mi ha spiegato l'editore, è essere gentile e comprensivi con tutti, dal disegnatore in erba all'editore con più esperienza: siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo aiutarci e non farci la guerra. Mai insultare chi arriva più in alto per quanto ci sembri immeritevole il suo traguardo, mai snobbare chi è indie o indipendente; meglio creare una rete costruttiva in cui c'è spazio per ognuno di noi. Anche se non c'era il mio volume, ho fatto del mio meglio per descrivere a chiunque si fermasse gli altri volumi che erano esposti (ne avevo letti molti). Anche se temo di non aver fatto abbastanza, l'editore era comunque contento di vedermi interagire con chi si fermava. Non sapendo disegnare non potevo fare molto, così ho pensato di aiutare in quel modo. Avevo molta libertà di movimento e dunque ho potuto visitare parte della fiera con facilità. Ho ignorato i padiglioni che erano per cinema e videogiochi (cosa che faccio ormai sempre, da che ho iniziato a frequentare le fiere con lo scopo “lavoro”) e ho visitato solo i padiglioni dedicati al fumetto. Ho già parlato dei grandi assenti, ma non sono la sola cosa che ho notato: ho visto che lo spazio per gli artisti (Artist Ally e Self Area) erano molto più piccoli del solito. E così l'area dedicata ai “talk”. La “Scuola Romana del Fumetto” era presente e ho avuto modo di consigliarla a un paio di persone che allo stand avevano commentato il loro desiderio di imparare a disegnare. Mi ha sorpreso non vedere “L'Internazionale di Comis”. E non so cosa possa significare la sua assenza. L'unico contatto interno che avevo si è licenziato tempo fa. Dunque non posso scoprire nulla. Ma alla fine, la cosa veramente importante erano le presenze: la quantità di merchandising in vendita e il suo aumento dei prezzi (molto più alti degli altri anni) mi ha decisamente intimorito. Tutti quelli che erano presenti compravano soprattutto oggetti relativi a prodotti come fumetti e libri... ma non fumetti o libri. Era anche chiaro che in molti casi non era un merchandising “regolare”: la percentuale delle vendite non sarebbe finita in tasca agli autori coinvolti. Un'altra cosa, notata anche allo stand, era che la presenza era minore degli anni precedenti. Parentesi cosplay: Naruto resiste, meno One Pice di quelli che aspettavo, un Trinità e un Tex selvatici sono apparsi, discreto numero di personaggi Disney. Il cosplay più bello è stato quello che non ho visto ma che mi è stato raccontato da un disegnatore dello Stand: un tale con una colomba ammaestrata sulla spalla (non ricordo il nome del personaggio, ma era di One Pice). Alla fine ho salutato tutti, ho preso tanti contatti e me ne sono andata felice. L'editore ha detto che potrò partecipare anche in primavera quando l'antologia uscirà.

Anche se può sembrare una sciocchezza, è stato bello partecipare a questa fiera stando dall'altro lato degli stand. E' una fiera che sta “morendo”, ma a cui resterò comunque legata per la vita solo per avermi concesso queste prime occasioni di lavoro. Sarebbe però bello e auspicabile un suo ritorno al passato, un periodo legato più agli editori e meno alle cianfrusaglie. Purtroppo al momento sembra che molte fiere stiano lentamente prendendo la piega del Romics e non il contrario.

Una cosa però è sicura: le fiere stanno tornando e con loro la possibilità per tanti, esordienti e professionisti, di incontrarsi tra loro e con il pubblico. E questa è una buona notizia.

“Il cervo di Horn Creek”: https://www.amazon.it/cervo-Horn-Creek-9/dp/8832077655

Prnakster edizioni: http://www.prankstercomics.it/

La pagina wikipedia di Romics: https://it.wikipedia.org/wiki/Romics

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo

Aneddoto personale = Storia reale ma con il punto di vista esclusivo della sottoscritta

Storia vera = storia vera esterna alla sottoscritta, che si limita a illustrare i fatti e le fonti

Autopromozione = Blogpost dedicato all'autopromozione di qualcosa di mio

Pubblicità ricordate ma perdute: il mondo straordinario di “Lost advertising and interstitial material” (Storia Vera)

Un potenziale che nessuno si era aspettato del web era la sua capacità archivistica. O forse, si era intuito tale potenziale, ma lo stesso ha iniziato a svilupparsi solo col passare del tempo, con l'arrivo di più utenti, con l'ingrandimento dei server. Più persone entravano, più il materiale condiviso cresceva. Sia quello prodotto dagli stessi utenti, sia quello che producevano altri. E nell'arco di poco tempo, si formò una community di persone che vedeva in internet una speranza non indifferente: quella di ritrovarvi al suo interno elementi dell'intrattenimento del passato. Di quando esisteva solo la televisione e, escludendo le repliche (“re-run”), se perdevi il programma lo perdevi per sempre. Questa community di cercatori dei denominati “Lost Media” (letteralmente “Media perduti”) ha solidificato la sua esistenza in rete nel 2012, quando un suo membro molto attivo di nome “dycaite” fondò la “Lost Media Wiki”, oggi ancora esistente e visitabile, ospitata su un server indipendente, che conta al suo interno migliaia di voci inerenti materiali andati perduti nel corso degli anni, che le persone cercano di ritrovare per poterle archiviare online e tenerle così vive non più solo nella memoria di pochi. Siano essi libri, film, videogiochi... o pubblicità.

Sulla comunità dedicata ai “Lost media”, sul loro lavoro di ricerca continuo e persistente, si potrebbero scrivere saggi di pagine e pagine. La loro presenza online va oltre la wiki, e include forum, reddit, blog, youtube, l'internet archive e qualsiasi altro mezzo online che permetta ricerca o comunicazione tra i membri. Ogni cosa ritrovata, ogni libro, film o corto animato, è protagonista di una storia collettiva che ha portato al suo essere ritrovato. Consiglio, a questo proposito, la storia dedicata al ritrovamento del corto “Cracks”, che ha in alcune sue parti i tratti di un thriller di spionaggio: https://youtu.be/PSFY4k7KeQI Ma c'è un lato di questa community che mi ha sempre affascinato: quello dedicato alla pubblicità.

Oggi la pubblicità è considerata una scocciatura. La cosa bella è che lo pensano anche le nuove generazioni, quelle che si sono risparmiate (almeno parzialmente) la televisione, che è stato uno dei primi mezzi di diffusione dello spot come oggi lo conosciamo. Già in passato la pubblicità risultava scocciante per gli spettatori televisivi, tanto da essere presa in giro perfino nei vecchi cartoni animati di Picchiarello e dei Looney Tunes. Eppure, nonostante ciò, la sezione della wiki di “Lost Media” dedicata alle pubblicità conta centinaia di sezioni: in ogni pagina sono annotati indizi temporali, visivi e geografici di dove quella pubblicità è stata vista la prima volta.

https://lostmediawiki.com/Category:Lost_advertising_and_interstitial_material

Spesso, della pubblicità si ricorda tutto, tranne il prodotto che pubblicizzava (sì, questo è l'incubo di qualsiasi addetto del marketing), il che rende difficile la ricerca. Le pubblicità cercate sono sia di tipo commerciale, che di tipo sociale. Possono anche essere trailer di cartoni, special televisivi, telefilm o film. E tutte hanno una cosa in comune: sono ricordate perchè hanno lasciato nella persona che le ha viste un'impronta emotiva, a volte negativa (perchè molto inquietanti o grottesche) altre volte positiva (una musica allegra, una battuta o una scenetta divertente). E' strano pensare che, qualcosa che attualmente è riconosciuto come un segno negativo dei nostri tempi, è comunque entrato talmente tanto nel nostro inconscio collettivo da diventare materiale di “archeologia” online. E tutto lascia pensare che il futuro non sarà differente: magari tra quarant'anni ci saranno dei ragazzi su reddit che chiederanno se da qualche parte è archiviata la pubblicità che in questo periodo gira su twitch dove Cydonia fa uno spot per una società simil-bancaria. Io per conto mio ho inserito nella mia tesi il link alla sponsorizzazione di Diego Fusaro a Clash Royal, e ho fatto vedere in streaming quella che secondo me è stata la miglior campagna di spot contro gli incidenti stradali mai fatta in Italia e che ad oggi mi fà ancora venire i brividi: https://www.youtube.com/watch?v=QAfDL9tRZ-E&list=PL340693420092D2EE&index=1

Gli ultimi anni hanno concesso a tutti noi di essere testimoni di campagne pubblicitarie piuttosto disastrose: il Parmigiano Reggiano, Open to meraviglia e (recentemente) Esselunga sono solo alcuni dei protagonisti delle controversie più importanti scatenatesi dentro e fuori dal web. Si è ormai consapevoli che se si mette male un piede si può cadere molto in basso, trasformandosi in cattivi esempi o meme di cui la gente ride. Alcuni sono riusciti a fare delle campagne che connubiano bene ironia e polemica (Buondì) o che sono delle vere e proprie opere di storytelling (Amazon). E credo che in un futuro lontano saranno quest'ultimi ad essere cercati. Un universitario seduto a studiare i disastri di “Open to meraviglia” per l'esame di marketing, scriverà su reddit di una vecchia pubblicità di quando era bambino dove un meteorite pioveva in testa a una donna e di un'altra dove un agente di polizia imparava a cucinare e diventava un cuoco...

Ovviamente i tempi sono cambiati, e trovare queste pubblicità sarà più semplice. Rimane però affascinante pensare che, anche tra anni e anni, la “Lost Media Wiki” avrà qualcosa su cui lavorare.

Perchè ho voluto raccontare questa storia? In realtà non ho un motivo particolare. Sul fediverso si parla molto di pubblicità, nonostante la sua mancanza, e volevo aggiungere questo tassello, quello delle pubblicità perdute ma non dimenticate. Magari non hanno aiutato a vendere il prodotto, ma si sono comunque rese, in qualche modo, immortali. La pubblicità è uno strumento, come tale può essere abusato e alla fine ritorcersi contro l'utilizzatore. Oppure può essere talmente particolare da distaccarsi dal suo ruolo e diventare un'opera a se stante (in fondo, era quello che faceva a modo suo “Carosello”). Al momento, siamo nella fase che si trova tra “l'abuso” e la “ritorsione” (Twitch ad esempio sta perdendo moltissimo per le sue scelte inerenti alla pubblicità) e l'evoluzione successiva è ancora ignota. Ma questo strumento è destinato a restare con noi ancora per molto tempo. E' giusto parlarne e cercare di capire se esiste un modo per esercitarlo al meglio, combinando funzionalità, eticità e bellezza. La presenza di questa wiki e l'amore che certi utenti mostrano per gli spot in questione è la prova che tale connubio non è impossibile.

Per concludere, un messaggio per tutti quelli del fediverso che conoscono il Giappone: sappiate che è in corso da quasi un decennio la caccia ad un vecchio spot sociale dedicato agli incidenti ferroviari. Per maggiori dettagli e per sapere a chi rivolgersi nel caso aveste delle informazioni, eccovi un video esplicativo: https://www.youtube.com/watch?v=6gNK9QhWQ9Q

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo

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Storia vera = storia vera esterna alla sottoscritta, che si limita a illustrare i fatti e le fonti

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La favola di Biancaneve (racconto)

“Nonno, mi racconti la fiaba di Biancaneve?” Il nonno, che era intento a spolverare il piccolo altare dove aveva sistemato la foto di sua madre, si voltò stupito verso la nipotina. “Biancaneve? E perché proprio quella fiaba?” “Perché l’ho sentita solo una volta, mentre ero a scuola. In famiglia invece nessuno vuole raccontarla mai. Né la mamma, né il papà, nemmeno gli zii.” “Uff… Diciamo solo che è una fiaba che non ci piace molto, come viene raccontata…” il nonno si concentrò sul piccolo cerbiatto d’argento che faceva parte degli oggetti presenti vicino al ritratto fotografico in bianco e nero. Lucidare bene l’argento era sempre difficile. “Ma perché nonno? È una storia così bella!” protestò la nipotina. Il nonno non rispose. Finito il cerbiatto era passato alle spille con le rose d’oro laccata di smalto rosso. Si ricordava di quando sua madre, ogni mattina, l’appuntava sulle maniche, come fossero gemelli, in modo da lavorare più agevolmente, mentre lavava e cucinava. “Ma almeno la conosci la fiaba nonno?” “Certo che la conosco. Ma visto che a te piace tanto, perché non me la racconti tu?” Il nonno non la guardava, ma la sua voce era calma e dolce. La richiesta stupì la bimba che però si sentì anche eccitata, convinta che era l’unica bambina al mondo a cui un adulto avesse chiesto una fiaba. “Allora! C’è la regina no, la mamma di Biancaneve, che un giorno si punge e vede il sangue nella neve e pensa che le piacerebbe avere una figlia con i capelli come l’ebano e le guance rosse come il sangue…. Anche se ancora non ho capito cos’è l’ebano.” “Oh è un tipo di legno, molto bello, che è scuro da sembrare nero.” “Ah sì? Ah ho capito! Ecco perché stava vicino a una finestra, perché le finestre sono fatte di legno, giusto?” “Sì.” “Ma l’avevo detto che si era punta vicino alla finestra?” “No in realtà. Ma questo dettaglio lo sapevo anch’io.” Il nonno si era seduto e osservava intensamente la foto di sua madre; gli sembrava che il vetro si stesse rovinando. “Comunque, la bambina nasce, la regina muore e il re, il babbo, si risposa. Non ho capito perché i genitori nelle fiabe muoiono sempre!” “Un tempo, non c’era la cura di oggi.” Spiegò calmo il nonno. “E poi non ho neanche capito perché ogni volta che si risposano si scelgono sempre delle persone così cattive! Perché la nuova mamma di Biancaneve è molto cattiva! Tanto che la vuole uccidere! Ma l’uomo che la deve uccidere, un cacciatore, ha pietà per lei e la lascia andare! E da alla regina qualcosa di diverso… Non mi ricordo bene questa parte…” “La regina, in realtà, era la mamma.” Disse il nonno a voce alta mentre rimetteva a posto la foto. La nipote sgranò gli occhi. “Cosa?” “Nella versione che conosco io, è la stessa mamma a voler uccidere Biancaneve.” Mormorò l’uomo andando a sedersi sulla sedia a dondolo vicino al letto della nipotina “E il cacciatore ha ucciso un cerbiatto per salvarla: ha fatto a pezzi la bestiola e ha portato alcuni organi facendoli credere di Biancaneve. Che non era una giovane fanciulla, ma ancora una bambina, poco più grande di te.” La nipote fissò il nonno in cerca di qualche indizio che le dicesse che stava scherzando: un lampo negli occhi, una smorfia sul viso rugoso… Ma non trovò nulla. Il vecchio era serio e calmo mentre continuava a dondolarsi sulla sedia. “Questo rende la fiaba molto triste. Ma sei sicuro che ti hanno raccontato la fiaba giusta nonno?” “Vai avanti a raccontare, vediamo quanta differenza c’è tra la mia versione e la tua.” La nipote si rianimò subito: “Dopo essere scappata nel bosco, Biancaneve finisce a casa di sette nani che lavorano in miniera! E loro la ospitano e la…. Ah mi sono dimenticata perché la mamma… la matrigna la vuole uccidere. È perché uno specchio magico le ha detto che Biancaneve è più bella di lei! E lei è molto gelosa!” “Invidiosa.” La corresse il nonno. La bimba rimase qualche minuto in silenzio. Poi chiese: “Cosa vuol dire?” “Invidiosa, che prova invidia. La gelosia sembra simile ma non lo è. Nella gelosia c’è la paura di essere messi da parte da qualcuno per qualcun altro. È una di quelle che io amo chiamare ‘emozioni sociali’, cioè emozioni che coinvolgono il rapporto con gli altri. L’invidia invece parte sempre da sé stessi, e si prova quando si sente di non avere, o di avere in quantità ridotta, una capacità, una qualità, o anche degli oggetti, come il denaro, per esempio. Parte dal sentirsi inferiori. A quel punto si possono fare due cose: si fa pace con se stessi, guardando al buono che si ha o studiando una strategia per cercare di ottenere quanto ci manca; oppure si cerca di distruggere la persona che ha tale cosa. E la regina della fiaba sceglie questa strada. Per conto mio, con i miei fratelli, ero molto invidioso quando vedevo altri bambini che non erano orfani. Tuttavia, mai mi sarei permesso di uccidere i loro genitori, perché sapevo quanto era doloroso. In compenso, quando mia madre, la tua bisnonna” indicò la foto “ci adottò, ho fatto sempre in modo di essere un figlio di cui potesse andare orgogliosa. Io come i miei fratelli.” La nipote aveva ascoltato attenta le parole del nonno, con gli occhi sgranati e contenti, orgogliosi; le piaceva sentir parlare della bisnonna perché era stata l’unica tra i pronipoti a non averla conosciuta, e da come ne parlavano gli zii, i prozii e i suoi stessi genitori, era stata una figura quasi mitica all’interno della famiglia. “E nella mia versione i nani erano dei bambini.” Proseguì il nonno “perché sai, una volta, e ancora oggi succede in molti posti nel mondo, non era anomalo che i bambini lavorassero in miniera.” La nipote non proseguì la storia. Non si divertiva più a raccontare una fiaba che era così diversa da quella che il nonno ricordava (anche se sapere che i nani erano dei bambini e non dei veri nani le fece quasi piacere, perché pensò che almeno così anche Biancaneve in quanto bambina non si sarebbe sentita così sola). “Senti nonno, nella tua storia il pettine, la cinta e la mela avvelenata ci sono?” “Sì. La mamma di Biancaneve cercò di ucciderla per tre volte e solo alla terza sembrò riuscirci.” “E poi i nani… cioè, i bambini, la misero in una bara di cristallo?” “Erano troppo poveri per poterlo fare. La misero e la vegliarono in una bara aperta in attesa della sepoltura.” “E un principe passò e vedendola bella le diede un bacio e la svegliò?” “No. Un principe, vedendola bella, diede ai bambini tanti soldi per portarla via con la bara.” Seguì una lunga pausa. “Voleva portarla via ancora morta?” “Sì.” “Per farci cosa?” Il nonno non rispose subito. All’improvviso corrugò la fronte, come se fosse preoccupato. Con gentilezza mise una mano sulla spalla della nipote e disse: “Purtroppo alcune cose sono molto difficili da spiegare anche per me. Ti posso solo dire che i bambini lo fecero giurare che non le avrebbe fatto del male, e mai avrebbero accettato quei soldi se non ne avessero avuto bisogno. In più avevano paura che rifiutandola al principe, la loro vita sarebbe stata in pericolo.” “Ma allora Biancaneve come si è svegliata?” “Uno dei servi del principe inciampò e lei rigurgitò la mela avvelenata.” “Nel senso che l’ha vomitata?” “Diciamo… di sì.” La nipote scoppiò a ridere: una principessa che vomitava! Questa sì che era una cosa divertente! “E lo sai che alla fine il principe non lo ha sposato?” La bambina smise di ridere. “No?” “Certo che no! Era talmente arrabbiata del fatto che l’avesse voluta portare via da morta costringendo i bambini a venderla, che lo cacciò via in malo modo. Il principe non voleva fargliela passare liscia, e tornò notte tempo per vendicarsi, non trovandola. Questo perché Biancaneve aveva fatto i bagagli e aveva raggiunto il castello di sua madre, che per anni l’aveva fatta credere al popolo morta per un incidente. Quando la regina, che stava per prendere le complete redini del regno dopo la morte del marito, vide Biancaneve marciare con altri sette bambini verso il palazzo, capì che non solo il suo piano era fallito, ma che probabilmente il popolo avrebbe saputo la verità. Ora qui ho sempre avuto due versioni: la prima è che morì gettandosi direttamente dalla torre, consapevole di essere in trappola; la seconda che prese un arco e si sporse per cercare di mirare a Biancaneve, così facendo cadde giù.” “A noi a scuola hanno detto che al matrimonio di Biancaneve le fecero indossare delle scarpe di ferro incandescenti e così danzò fino alla morte.” Il nonno fissò la bimba: “Ti hanno raccontato tutte le parti edulcorate della fiaba… tranne questa?” “Cosa vuol dire ‘edulcorate’ nonno?” “Ammorbidite, riadattate rendendole meno paurose magari.” “In realtà a me piace di più la tua versione. Tranne che per questa storia della mamma e non matrigna. Ma è bello pensare che Biancaneve sia stata insieme a tanti bambini, e che abbia fatto prendere un bello spavento a quella cattiva! Però poi i bambini li ha adottati?” “Sì, ha preso le redini del regno e ha costretto il principe che la voleva prendere da morta a fare le pubbliche scuse davanti a tutti i regnanti. Da allora ha regnato con tanta saggezza e la sua terra è una delle più belle e avanzate tecnologicamente nel mondo delle fiabe. E lei e i suoi sette figlioli hanno vissuto per sempre felici e contenti.” La bambina sbadigliò, ma era felice. “Nonno perché non volete raccontarla questa fiaba? È così bella! Se questa è la versione che hanno raccontato a voi, è ancora più bella di quella che raccontano a me!” “Non tutte le fiabe fanno piacere, perché in quanto metafore alcune raccontano cose troppo vicine alla realtà, per chi sa leggere tra le righe.” “Cosa significa nonno?” “Non pensi di essere un po’ troppo stanca per stasera? Anche la testa si deve riposare.” La piccola sbuffò e mise sotto le coperte. “Comunque forse ho capito cosa voleva fare il principe con Biancaneve morta.” Il nonno, che le stava rimboccando le coperte, si fermò. Il suo viso rugoso si tese in una espressione preoccupata. “Voleva mangiarla!” esclamò poi la bimba “Voleva metterla in un pentolone e mangiarla, proprio come l’orco di Pollicino.” Il nonno scoppiò in una risata fragorosa e le carezzò la testa. “Questa è una possibilità in effetti. Sì… la si potrebbe anche raccontare così.” “Ha fatto bene a non sposarlo! Perché secondo me era proprio un principe orco!” “Può darsi, piccola mia, può darsi…” “Buonanotte nonno.” Il nonno si chinò e le diede un bacio sulla fronte. “Buonanotte a te, Bianca.” Sussurrò l’anziano mentre lasciava la stanza.

NOTE: Dopo un dialogo avvenuto su livello segreto causato da un mio post sull’adattamento di Biancaneve che voglio fare senza principe e senza nani, ho pensato di scrivere questa storia, nella quale sono racchiuse tante diverse versioni della fiaba, inclusa la mia. Ora è brutto fare a gara a chi è più rivoluzionario, ma se invece di toglierli i personaggi venissero semplicemente risaltati in modo diverso, pensò che una riscrittura di Biancaneve migliore della fiaba originale (che non ho mai realmente sopportato) sia possibile e quasi doverosa. Spero che la mia nel suo piccolo vi sia piaciuta.

Larga la foglia, stretta la via Riscrivetela voi meglio della mia

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

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Una brava bambina generosa (racconto)

Si era messa un grazioso pigiama rosa. Una specie di camicia da notte sotto cui però teneva anche dei pantaloncini corti, per via del freddo. Sua madre, sulla soglia, sembrava una regina nel suo vestito da sera. Gloria la guardava con gli occhi sgranati. “Sei bellissima…” mormorò stringendo il suo orsacchiotto. Vide la donna sorridere: “Grazie pulcina. Ma tu dovresti essere a letto.” “Ma il bacio della buonanotte?” La mamma scosse la testa, ma poi si chinò e le baciò la fronte. Poco dopo, il papà, che agli occhi di Gloria sembrava un divo di quei vecchi film in bianco e nero che ogni tanto le permettevano di vedere con loro alla tv, uscì dal bagno, la prese in braccio e la fece roteare in aria ridendo. “Eccola la mia bella principessa! Perché non siete a letto maestà!? C’è forse un pisello sotto il materasso?” Gloria scoppiò a ridere. “No papà, ma volevo il bacio della buonanotte!” “Oh, non è un vero bacio della buonanotte se non si è nel proprio lettino.” Tenendo in braccio sia lei che l’orsacchiotto, l’uomo andò nella stanzetta di gloria. La stese e le rimboccò le coperte. Poi anche lui le stampò un bacio sulla fronte. “Allora principessa mia, cosa ne dici di ripassare un attimo le regole?” Gloria annuì, stringendo forte la mano dell’orsetto: “Non devo giocare o vedere la tv di nascosto, non devo aprire la porta a nessuno e se c’è qualche problema posso usare il telefono, ma solo per premere il tasto che chiama il numero della polizia.” Il papà annuì. “E cosa devi dire alla polizia?” “Il mio indirizzo prima e poi chi sono e cosa c’è che non va.” “Bravissima tesoro. Ora ascolta, la cena di stasera non durerà molto. Io e mamma torneremo presto. Ma vogliamo trovarti a dormire, mi raccomando.” “Sarò brava papà, promesso.” “Non ho dubbi.” Le diede un altro bacio e le augurò la buonanotte. Quando scese, sua moglie era nervosa. “Proprio stasera Nancy doveva ammalarsi…” “Non preoccuparti, conosci Gloria: è obbediente e tranquilla, probabilmente sta già dormendo. E noi comunque faremo presto.” La donna annuì. Prese per mano il marito e insieme chiusero la porta di casa. “E comunque, anche volendo, non può aprire la porta.” “Giusto.” Salirono in macchina e partirono tranquilli.

Gloria nella sua stanzetta, si era davvero addormentata. Ma qualche minuto dopo si svegliò, senza sapere perché. Aveva sete e si avviò verso la cucina, accompagnata dalla sua torcia elettrica. L’aveva scelta lei: a forma di ranocchio, si premeva un pulsante e dalla bocca usciva un bel fascio di luce gialla. Nella mano destra, invece, stringeva il suo amatissimo orsetto. Un regalo di un compleanno che non ricordava più. In cucina si riempì la sua tazza rosa con l’acqua e bevve di corsa. Non voleva far arrabbiare o intristire i suoi genitori e quindi sentiva che era meglio tornare al più presto a dormire. Ma mentre nel buio correva verso la sua stanza, un rumore attirò la sua attenzione. Qualcuno che bussava contro la finestra. Gloria si tese sorpresa: che motivo poteva esserci per qualcuno di bussare a una finestra, quando poteva bussare alla porta? E poi un’altra domanda ancora: come avrebbe dovuto comportarsi? I suoi genitori erano stati chiari: la porta doveva restare chiusa, non poteva aprire a nessuno, che bussasse o suonasse il campanello. Ma la finestra? Il suono si ripetè e Gloria lo ascoltò immobile nel buio. Si ricordò di un libro che il suo papà le leggeva a volte, e che l’aveva aiutata a non avere paura del buio. Il libro raccontava di un bambino e del suo orsacchiotto e di come insieme scoprivano che il buio poteva trasformare una tenda in un fantasma e un ramo che batte alla finestra nella mano ossuta di uno scheletro. “Forse c’è vento fuori e un ramo della siepe che sbatte.” Pensò allora la piccola Gloria stringendo il suo orsetto. “Se vado a toglierlo, non ci sarà rumore.” Così si avvicinò alla finestra e guardò oltre il vetro. Ma non c’erano rami: la siepe che circondava la sua casa era potata perfettamente. Però c’era dell’altro: in uno spazio scuro, tra i rami e le foglie, due grandi occhi erano ben visibili e ricambiavano il suo sguardo. Gloria sobbalzò: cosa ci faceva qualcuno nella sua siepe? Fu tentata di scappare, ma qualcosa di quegli occhi la tratteneva. Gli occhi nel buio erano chiaramente umani e sembravano molto tristi. Erano anche belli: grandi e blu, come due pietre preziose, come quelle che aveva nella tiara che usava per vestirsi da principessa a carnevale. Non sembravano occhi cattivi. Anzi, quella vena malinconica che avevano li rendeva ancora più belli. “È la finestra, non la porta…” pensò. C’erano diversi telefoni nella casa e uno era proprio vicino alla finestra. Se le cose fossero andate male, avrebbe spinto il pulsante per chiamare la polizia. Così, aprì la finestra, solo un pochino. “Oh… ti ringrazio…” dalla siepe proveniva una voce femminile molto bassa, quasi un sussurro. “Non ci speravo più, credevo non mi avresti sentito, cara Gloria.” “Come sai il mio nome?” domandò la bambina. Le sembrava così strano che quegli occhi fossero così visibili immersi nel buio. Voleva puntare la torcia contro di loro, ma una volta aveva provato a guardare la luce dritta e sapeva che faceva molto male. Non le andava di fare male a quella signora. Avrebbe potuto dirlo ai suoi genitori e farli arrabbiare. “Oh cara Gloria, conosco molte cose di te. Io sono amica di mamma e papà sai?” “Mamma e papà non ci sono. Devi tornare un altro giorno.” Immediatamente Gloria si pentì di averlo detto, senza capire perché. Qualcosa nella testa le diceva che aveva fatto una mossa sbagliata. Ma la sconosciuta nella siepe le disse subito: “Lo so, li ho visti andare via. Ma vedi, non sono qui per parlare con loro. Volevo parlare con te.” “Mia mamma mi ha detto che non devo parlare con gli sconosciuti.” “E ha fatto bene! Non si deve mai parlare con gli estranei. Ma io non sono un’estranea in realtà. Mi chiamo Lilly e sono tanto, tanto amica dei tuoi genitori, ti hanno sicuramente parlato di me come loro parlano di te!” Gloria non rispose subito. Ripensò a tutti quegli adulti che ogni tanto si vedevano in casa sua. Alcuni avevano dei bambini della sua età con cui giocava in giardino. Altri no, ma lei li salutava ugualmente. I genitori le avevano insegnato che era buona educazione salutare un ospite. Però quegli occhi non li ricordava. E pensandoci, nemmeno il nome. “Ascolta, hai presente quell’orologio a forma di giraffa che tieni in camera?” disse allora la sconosciuta della siepe. “Come fai a sapere dell’orologio?” domandò Gloria, che teneva ormai un dito pronto sul telefono. “Lo so, perché te l’ho regalato io. Quando tua mamma ti aspettava, le ho portato quello apposta per la tua stanza.” Gloria rifletté: c’erano tanti oggetti che aveva in camera sua che venivano da prima che lei nascesse. La mamma le ha fatto vedere le foto di quando la teneva ancora nella pancia e la sua stanza era già pronta e c’era anche l’orologio. Non le aveva mai spiegato come mai i bambini sono nella pancia delle mamme, né come potevano entrarci. “Se farai la brava, quando sarai più grande, ti spiegherò tutto.” Le aveva detto. E anche per quello Gloria ci teneva a fare bella figura con quella signora: così anche lei avrebbe detto a sua madre che era brava, proprio come facevano le maestre di scuola. Rimosse la mano dal telefono. Se la signora sapeva dell’orologio allora non mentiva. “Ti piace quell’orologio?” chiese la sconosciuta. “Sì! Mi piace tanto!” si affrettò a dire Gloria “Infatti un po' di tempo fa si era rotto ma io e papà lo abbiamo portato a riparare!” “Bravissima! Avete fatto molto bene, le cose vanno riparate e non buttate! I tuoi genitori mi avevano detto che eri una brava bambina, ma non immaginavo che fossi così brava!” Per quanto bassa, la voce della sconosciuta sembrava molto entusiasta. Gloria si sentì felice per quei complimenti, ma qualcosa la spinse a stringere l’orsetto a sé. Era molto strano riceverne così tanti da un adulto che incontrava per la prima volta. “Sai Gloria, in realtà non ho bisogno di molto. Ma vedi, la verità è che mi sono fatta male. Stavo passeggiando per strada e sono caduta e ora ho la caviglia che mi fa molto male…” La sconosciuta non aveva finito di parlare che Gloria era corsa in cucina ed era andata a prendere del ghiaccio dal congelatore. Una volta anche lei era caduta male e glielo avevano messo sul ginocchio. Tornò alla finestra e dalla fessura che aveva aperto provò a passarlo alla signora Lily. “Che brava che sei! Sporgiti un po' di più perché non c’arrivo!” disse la voce, all’improvviso una spanna più alta. Gloria stava per aprire la finestra, ma di nuovo quella strana sensazione che qualcosa non andava la colse. Allora decise che era meglio far passare solo il braccio. Mentre lo allungava verso la siepe, il ghiaccio le sfuggì dalle mani e cadde per terra. Non poteva vedere dove era cascato, ma le foglie della siepe si mossero e la sconosciuta disse: “Grazie Gloria, hai avuto un bel pensiero. Aaah… che bel fresco… Ma ho paura che non basterà.” Gloria allora fissò il telefono. “Io posso chiamare la polizia.” Disse allora la bambina. “E perché dovresti, mia cara Gloria?” “Per te, per far venire un’ambulanza a prenderti.” “Oh cara, io ho solo una caviglia slogata. Non serve l’ambulanza. E se avessi potuto, l’avrei chiamata io stessa. Ma vedi, volevo camminare tranquilla e così ho lasciato il mio telefono a casa. Non voglio che tu chiami nessuno. Però poter stare seduta su qualcosa di comodo per tenere su la gamba non sarebbe male.” Gloria non capì subito. Rimase in silenzio a fissare gli occhi blu e tristi. Più li guardava e più le piacevano. Però c’era anche qualcosa di curioso in quegli occhi, che non riusciva ad identificare. “Mi stai chiedendo…” disse dopo un po' la bambina “di lasciarti entrare in casa.” “Sì Gloria, giusto il tempo per vedere che cosa ho alla gamba. Giorni fa, quando ha piovuto, ho visto tua madre uscire con un bellissimo ombrello rosso. Potrei usare quello come bastone per tornare a casa, dopo che mi avrai aiutato a fasciare il ghiaccio sulla gamba.” Gloria scosse la testa. “Non posso aprire a nessuno. Mi dispiace.” Gli occhi si mossero nell’oscurità, come se la sconosciuta avesse annuito: “Lo so. Non puoi aprire a nessuno che sia estraneo. E devi fare così. Anch’io che sono grande non aprirei mai a un estraneo. Ma io non sono un’estranea. Sono già stata a casa tua, anche se forse non te lo ricordi o mamma non te l’ha raccontato.” Gloria non disse nulla. Non era convinta. “Posso provartelo.” Disse allora la sconosciuta. “Se proverai ad aprire la porta noterai che è chiusa. Ebbene, io so che tua mamma tiene le chiavi di riserva dentro all’ultimo cassetto della cassettiera vicino alla finestra in cucina.” Gloria sgranò gli occhi. La porta chiusa? Per quale motivo i suoi genitori dovevano aver chiuso la porta quando avevano detto a lei di non aprire? “Un momento.” Si allontanò dalla finestra e provò a girare la maniglia. Che non si mosse. La sconosciuta non aveva mentito! Gloria allora corse in cucina e guardò nell’ultimo cassetto della cassettiera sotto la finestra. Trovò il mazzo di chiavi identico a quello che i suoi genitori si mettevano in tasca ogni volta che uscivano. Tornò in salone. “Hai trovato il mazzo di chiave?” Chiese la voce. Gloria lo soppesò tra le mani. “Ah eccolo! Brava piccina! Adesso apri la porta e lascia che entri un momento per riprendermi.” Gloria non si mosse. “Qualcosa non va cara? Non ti fidi ancora?” “Perché hanno chiuso la porta? E perché mi hanno detto che non dovevo aprirla?” La voce non risposte subito. A Gloria sembrò che i due grandi occhi blu immersi nel buio brillassero per un attimo. “Beh… forse i tuoi genitori… non si fidano di te…” Gloria sentì il cuore farle un balzo nel petto. “N-Non mi vogliono più bene?” “Oh no! No cara, assolutamente! Non direi mai una cosa del genere! Ho parlato di fiducia, non di amore! Sai cos’è la fiducia?” Gloria tentò: “È… la fede? Come quella di cui parlano a catechismo?” “Diciamo… di sì. Come le persone si fidano di Dio, e sanno che se si comporteranno bene andranno in paradiso, i tuoi genitori si sono fidati abbastanza di te da insegnarti a non aprire la porta…. Ma forse è successo qualcosa che ha fatto diminuire la loro fiducia verso di te… forse non credono che tu possa comportarti veramente bene.” Gloria sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Le venne in mente di quella volta che, mentre facevano catechismo un signore era arrivato nell’oratorio senza preavviso e aveva iniziato a dire un sacco di brutte parole contro Gesù. Mentre il prete lo portava via, la catechista aveva spiegato che “questo è quello che accade quando si perde la fede”. Poi, più tardi, aveva sentito sua madre e suo padre parlare tra di loro e chiamare quell’uomo “veterano” e parlare del fatto che aveva perduto il figlio e scuotere la testa sconsolati. E per un attimo si immaginò che quando erano usciti avevano scosso la testa e avevano chiuso la porta. Non si erano fidati di lei perché lei era scesa giù a chiedere il bacio della buonanotte invece di aspettarli? Era stato perché aveva preso i fumetti in bianco e nero di suo padre e aveva iniziato a colorarli? Oppure per quella volta che mentre sparecchiava aveva fatto cadere i piatti? “Ascolta Gloria.” La voce della siepe la tolse dai suoi pensieri “Non so cosa è capitato con i tuoi genitori che li ha portati a non fidarsi di te e a pensare a te come una bambina cattiva, tanto da volerti chiudere in casa. Ma posso dirti quello che vedo io: io vedo una bambina brava e generosa, che tiene alle sue cose tanto da volerle riparare e che appena sente che qualcuno è stato male va subito a prendere qualcosa per farlo stare bene. Sei educata e dolce e sei stata anche attenta e obbediente. Ora, se mi fai entrare in casa e mi aiuti, prova a immaginare quanto saranno felici i tuoi genitori! Capiranno che non solo sei buona, ma anche responsabile! Sai aprire la porta a chi ne ha bisogno e sai tenerla chiusa per gli estranei! E ci sarò io a dirlo a mamma e papà insieme a te! E vedrai che non solo loro non chiuderanno mai più la porta, ma magari ti daranno proprio quel mazzo di chiavi! Così che sarai tu a decidere quando chiudere e quando aprire! Facciamo questo patto! Tu mi lasci entrare e io parlerò con i tuoi genitori! Loro avranno di nuovo fiducia in te! Che ne dici?” Gloria si asciugò una delle lacrime che le colavano lungo la guancia. Finora quella signora aveva sempre detto la verità. Non aveva motivo di non fidarsi. “Devo dimostrare ai miei genitori che sono brava!” pensò. E così, anche se una parte di lei era ancora indecisa, si allontanò dalla finestra e inserì la chiave nella porta.

Quando i genitori tornarono, trovarono il corpo della bambina ad attenderli sulla soglia. La sua testa, invece, non fu mai ritrovata.

NOTA FINALE: Questa storia è nata da un’immagine che ho visto su livello segreto postata da @maraichux e che potete trovare voi qui: https://livellosegreto.it/@maraichux/109264848170078214 Originariamente volevo inserire un momento di descrizione del mostro in questione (che nell’immagine è un vampiro ma avevo immaginato in modo diverso, molto meno chiaro), ma poi ho sentito che lo stacco tra le chiavi nella serratura e il ritrovamento del corpo era abbastanza pesante e non aveva bisogno d’altro. Non so se si possa definire davvero un horror ma spero che abbia lasciato in voi almeno un brivido. Se vi state chiedendo come faccia il mostro a sapere così tante cose della casa della protagonista, rileggete il racconto. Ci sono dei piccoli indizi che aiutano a capire.

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo

Aneddoto personale = Storia reale ma con il punto di vista esclusivo della sottoscritta

Storia vera = storia vera esterna alla sottoscritta, che si limita a illustrare i fatti e le fonti

Autopromozione = Blogpost dedicato all'autopromozione di qualcosa di mio

Tonio e i gorilla (racconto)

Sapete perché non si può dare da mangiare alle scimmie? Perché secondo le loro regole, chi sta più in basso nella gerarchia del branco dá il suo cibo a chi sta più in alto come segno di rispetto. Ciò significa che se date una banana a un primate per scattarvi il selfie perfetto da mettere su Instagram, rischiate di diventare l’ultima ruota del carro di tutto il suo branco e di provocare intense e non-sempre-amichevoli reazioni. Quando il mio amico Tonio ha scoperto questa cosa, ha ragionato: se dare da mangiare a una scimmia ti mette sotto di lei, strapparle il cibo di mano ti trasformerà in un suo superiore. Così ha pensato bene di andare a rubare il cibo dalle mani di un primate. E non uno qualsiasi: ha scelto il gorilla. Un giorno, durante un viaggio in Ruanda, mentre era in corso un’escursione nella foresta, un gruppo di gorilla è passato sullo stesso sentiero dei turisti e Tonio ha strappato il cibo proprio dalle mani del silverback, il maschio dominate e capo indiscusso del branco. Con grande stupore dei presenti, non solo l’animale non si è offeso, ma ha anche afferrato con delicatezza il braccio di Tonio e l’ha invitato a proseguire il cammino con loro. Tonio non sta male con i gorilla: non lavora, non paga tasse o bollette, ha migliorato la sua muscolatura fisica e imparato a costruire giacigli di foglie. Segue una dieta esclusivamente vegana, come tutti nel branco, e ormai conosce a memoria ogni angolo della foresta. In quanto umano, coglie segni della presenza di trappole o bracconieri che i gorilla non sanno individuare e la cosa è molto apprezzata dal branco. Ha anche trovato una compagna: Uguga, la figlia primogenita del maschio dominate. Ha provato a portarla in Italia, per farla conoscere ai genitori. Ma alla dogana ha rischiato l’arresto per “traffico di animali esotici” e così non ha più ripetuto l’esperienza. Da quando sta con i gorilla, comunque, nessuno parla più di lui. I suoi avevano provato a convincerlo a tornare a casa inviando dei detective, che si sono persi nella giungla e sono stati rimpatriati dopo ricerche durate anche settimane. Tutti hanno dimenticato Tonio. Io no. Quando le cose al lavoro vanno bene e ho un po' di soldi, vado a trovarlo. Ci incontriamo in un punto turistico della foresta. Viene sempre solo e io gli porto una moka piena di caffè. Ha provato a insegnare l’arte del caffè ai gorilla, ma hanno le dita troppo grosse per tazze e manici. E comunque accendere un fuoco nella giungla è pericoloso. Tonio mi parla della foresta, di Uguga, degli incontri con gli altri branchi, dei bracconieri che riesce a scacciare, delle trappole disinnescate. Io non so che raccontargli perché la mia vita civile mi sembra molto più noiosa della sua. Ogni volta che torno a casa, il mio branco, la comunità umana, dice la sua: sto sprecando tempo e denaro, Tonio ormai non è più realmente umano, è un pazzo, uno che cerca attenzioni, uno che gioca a fare Tarzan. Penso che se ascoltassero solo metà dei suoi racconti della giungla cambierebbero idea… O forse no. Però magari smetterebbero di dirmi che è uno spreco di tempo andare a trovarlo. Oggi però è l’ultima volta che ci siamo salutati io e lui. Ne sono consapevole. Tonio è riuscito, con la sua presenza, a scoraggiare il bracconaggio a tal punto che la vita nella foresta è cresciuta a dismisura. Il branco ha deciso di spostarsi. Il silverback è troppo vecchio per difendere il territorio come si deve. Tonio ovviamente li seguirà e vederci non sarà più possibile. Per salutarmi è venuto insieme a Uguga che mi ha abbracciata. Anche lui mi ha abbracciato e ringraziato per essere rimasta sua amica. Non ci rivedremo più, ma a me va benissimo. So che è perché sta proseguendo il suo cammino e non perché abbiamo litigato. In un mondo dove tutte le strade sembrano occupate dagli altri, brutte, difficili o impossibili da seguire, Tonio è riuscito a trovare la sua e a percorrerla come voleva lui. E so che un giorno ci riuscirò anch’io

NOTE FINALI: Questa storia era nata come comica, ma riscrivendola in bella mi rendo conto che è molto malinconica, spero comunque di strapparvi almeno un sorriso. L’ho scritta per un “corso” di scrittura a cui partecipo (che più che un corso, è un momento di condivisione dal vivo dove io e altri appassionati ci mettiamo a scrivere sciocchezze e a parlare di libri davanti a un buon cappuccino) ma che avevo in mente da quando, grazie a un video su youtube, ho scoperto questa regola delle scimmie sulla condivisione del cibo. Ci tengo a specificare poi che: L’AUTRICE DI QUESTO RACCONTO SCONSIGLIA VIVAMENTE DI STRAPPARE LA FRUTTA DALLE MANI DI GORILLA E ALTRI PRIMATI, ONDE EVITARE UNA LORO REAZIONE VIOLENTA; QUESTO È UN RACCONTO DI FANTASIA, SE QUALCUNO DECIDE DI IMITARE L’APPROCCIO DI TONIO E NE PAGA LE CONSEGUENZE, L’AUTRICE DECLINA OGNI RESPONSABILITÁ.

Legenda: Racconto = Racconto di fantasia ( se vicino c'è “– fanfiction” : racconto di fantasia che utilizza personaggi creati da altri autori)

Opinione personale = espressione di un parere sul quale si può essere d'accordo oppure no a puro scopo di stimolo riflessivo

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