Lelio

Blog personale, pensieri liberi

Questa sarà una condivisione probabilmente disordinata

Ho avuto un'esperienza che per la prima volta da anni mi ha fatto vedere da fuori come appaio io e il mio comportamento. È stata una cosa gentile, come specchiarsi nel proprio riflesso in un laghetto.

Ultimamente ho una febbre creativa, da circa un mese a dir la verità. Sto vivendo un po' come un vagabondo, facendo qualche lavoretto ogni tanto e cercando di tenermi strette le mance. È liberatorio, rilassante, nutriente per il mio vulcano creativo interiore ma anche estenuante a livello sociale ed emotivo. Beh tutti questi stimoli attivano un sacco il mio cervello. E ormai è una costante esperire queste attivazioni. Ma per un po' avevano un fare capriccioso: restavano sopite per settimane e poi esplodevano violentemente lasciandomi sconvolto. Incanalo il mio delirio in ciò che creo e di conseguenza me lo riassorbo senza paura, al massimo un po' di confusione (ma chi non sarebbe confuso a vedere la gente che ti parla e non sentire le loro parole? O dal nulla vedere la scia di cose in movimento come in un quadro futurista?). Dimentico l'ordine che rende il mio lessico comprensibile e cose semplici mi affascinano i sensi.

Mi trovo a chiedermi cosa succederebbe se sparissi e basta. Non in senso perenne, solo un viaggetto di cui non direi niente a nessuno, in un luogo solo a me conosciuto, allontanandomi dalla tecnologia. Mia madre andrebbe di sicuro nel panico. Però mi trovo sempre più spesso ad averne bisogno. Adesso sono in treno. Ho una fermata e un impegno, ma potrei semplicemente non scendere e cambiare al capolinea senza fornire spiegazioni.

I binari sono lunghi e tesi e il paesaggio ha colori così diversi che mi sembra di non aver mai percorso questa tratta. Ci sono container piegati e strappati come tende di stoffa. Le risaie verdeggiano. Case vecchie hanno appena ricevuto una nuova mano di intonaco. Mi rendo conto di avere un odore. Non mi piace, anche se sono sicuro di aver messo il deodorante e di star indossando una maglia pulita. Perché non sono a pucciarmi nel Ticino come le persone sane di mente con questo caldo? Sono vicino al luogo dove ho portato il moroso a infrattarsi come due adolescenti. Sedili reclinati, finestrini appannati. Ho abbastanza partner da far sì che queste condivisioni siano anonime. Oggi mentre andavo dallo psichiatra ho incontrato una vecchia fiamma che, come al solito, aveva tanto bisogno di compagnia e ha insistito per fare un pezzo di strada con me. Ciò mi ha impedito di vagabondare e sono arrivato venti minuti in anticipo (la seduta è poi iniziata con 15 minuti di ritardo). Mi devo ricordare che abbiamo chiuso per divergenze erotiche e non perché ho smesso di ritenere utile il nostro rapporto. Chi mi vuole guardare mi trova essere un libro aperto, o quantomeno facilmente sfogliabile. E non mi sto dicendo questo da solo per tessermi lodi, ma come promemoria per quando mi sento un egoista manipolatore perché ogni giorno devo trovarmi un modo diverso per darmi addosso e ultimamente è così.

Mi fanno ridere le pareti. Toccarle. Sono estremamente interessanti. De-realizzazione, mi ritraggo in autostop. La mia autoconsapevolezza mi fa interpretare il mondo come composto da diversi strati di realtà. Purtroppo quella che è “reale” in senso comune è quella un poco più grigia per me. Ci ho scritto un poema in tre libri su questo concetto. Dovrei rimetterci mano e pubblicarlo sul serio (e toglierlo da Wattpad che è sotto deadname). Mi sembra di non essere mai passato da queste stazioni, sono sulla linea giusta? Lo scoprirò. Oggi i paesi non sembrano i soliti. Le piante mutano, ma i paesaggi dovrebbero essere più o meno uguali a settimana scorsa. Sarà la luce? La fame? Questa risata che mi monta dentro e che mi devo concentrare un sacco a non far emergere se non ho il naso in un libro?

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Anche il telefono è forma di intrattenimento e potrei star ridendo per dei meme. La mia risata libera sembra un pianto e mi sento giudicato.

Pensa avere una dermatite psicosomatica per sei anni per colpa del tuo cantante. Spero di non causare disturbi simili ai miei musicisti. A parte che sono io quello psicosomatico. Il bassista potrebbe semplicemente tirarmi un pugno. I chitarristi chissà, sopporterebbero. Il batterista mi sfugge, adoro come suona ma chissà se dura.

Stasera gioverei di un po' di yoga. Non ho altro da dire.

Ultimamente mi sto rendendo conto di quanto io abbia bisogno di sfogarmi fisicamente per riequilibrare le mie energie. Quindi mi capita di arrampicarmi in cima al mio armadio.

Forse arrampicarmi è una parola grossa, visto che ho un letto a soppalco e mi basta scavalcare le sbarre e sgusciare sotto il soffitto per arrivare lassù. Però sopra il mio armadio c'è una grossa trapunta fatta a maglia da mia nonna su cui si sta molto comodi. O almeno, io sto molto comodo.

Ultimamente mi sto rendendo conto che mi piace stare in alto, accoccolato tra coperte calde e cose morbide, e osservare da lì il trapezio che è la mia casetta. Poi mi stiracchio e scendo un po', vago per casa, mangio qualcosa, ballicchio. Magari mi appendo al bordo del letto e mi dondolo un po', lasciando allungare la schiena.

E poi torno su, scrivo musica, faccio ricerche, gioco a Disco Elysium o a qualche altra cosa, mi spremo le meningi. A volte sto e basta e viaggio sull'onda dei pensieri seguendo le melodie di qualche canzone.

Ultimamente mi sto rendendo conto che sto dando sfogo con più libertà agli impulsi che sento provenire dal mio corpo. Magari sembro più un gatto che un essere umano, ma mi diverto di più.

Ho iniziato a scrivere questa riflessione il giorno del mio compleanno, il 4 Febbraio, ma poi ho impiegato qualche giorno a elaborarla per via di impegni, stanchezza e goliardie. I compleanni per me non sono mai stati facili, molti sono stati contrassegnati dalla solitudine e dalla rabbia, ma quest'anno l'ho passato serenamente in buona compagnia e sono stato contento.

Sono sopravvissuto a un altro anno.

Non è stato facile, soprattutto negli ultimi mesi, ma ho avuto la fortuna di avere dalla mia un professionista che nel momento peggiore mi ha fatto sentire “visto” e che mi ha mostrato una via diversa da quelle già percorse, una nuova strategia nel mio cammino di guarigione.
C'è da dire che vorrei dire al Lelio quattordicenne che avrebbe soffiato su due candeline a forma di ventitré in una tuta da sci rosa, circondato dal suo party di D&D dopo una bella sessione. Vorrei dirgli che sto scrivendo questa sorta di bilancio per lui, oltre che per me, per farlo sentire capito e per ringraziarlo di essersi aggrappato così disperatamente a quella scintilla guerriera di vitalità. Dirgli che ce la stiamo facendo, che non siamo più soli. Abbiamo persino fatto partire il progetto dei tuoi sogni.

Questo è stato un anno di alti molto alti e bassi molto bassi; un anno in cui ho imparato per la prima volta cosa vuol dire davvero essere adolescenti; è stato un anno di paure affrontate e imprevisti, di tappe raggiunte e soddisfazioni, di nuove scoperte e vecchi ricordi. Un anno in cui sul palco ho danzato, cantato e interpretato vari personaggi; un anno in cui sono andato contro le aspettative di alcunǝ e oltre quelle di altrǝ. È stato un anno d'amore, in cui mi sono innamorato tanto di concetti, pensieri, immagini, ma soprattutto di persone e di vita. Ho iniziato a innamorarmi anche del mio riflesso allo specchio, non come Narciso, ma di quell'amore che abbiamo per la nostra casa. Ho stretto nuove amicizie e ne ho perse di vecchie. Ho trovato una seconda madre e una seconda sorella, con cui il legame è artistico ma anche molto di più. Mi sono imbattuto nel calore delle braccia del mio compagno e nella tenerezza delle sue carezze; mi sono scontrato con il muro di luce che è il mio morosetto e mi sono lasciato avvolgere dalla sua dolcezza. Ho iniziato a immaginare come vorrei che fosse la mia famiglia queer.

Questa estate ho iniziato a praticare yoga ashtanga per ragioni di ricerca spirituale più che fisica, anche se la componente del corpo è fondamentale. Mi ci sono affezionato subito, così per mesi è stato parte della mia routine giornaliera – finché non ho iniziato ad avere problemi alla schiena. Adesso che la risonanza magnetica e il fisiatra mi hanno autorizzato a riprenderlo, sento nuovamente quella spinta e quella comunione col mio corpo che nient'altro mi riesce a far provare. Avevo iniziato proprio per cercare di riconnettermi alla mia carne, alle mie ossa, al mio sangue; per sentire ogni muscolo, ogni nervo, ogni articolazione vivere nel mio respiro, sostenendomi e accogliendomi. Ho un corpo trans e voglio amarlo nel presente. Sarà sempre più facile connettermici col proseguimento del mio percorso di affermazione di genere, ma adesso il mio corpo è così, il mio cuore batte per tenerlo in vita così com'è perché la vita, di per sé, non discrimina. Domani sarà diverso perché anche fra un minuto, o un secondo, io sarò diverso. Chissà come sarà tra uno, due, cinque anni. Chissà come sarò io tra centinaia di migliaia di minuti. Voglio gioire nel presente, sentirmi presente nella gioia. Per questo, nonostante la scomodità di certe forme, voglio essere in comunione col mio corpo nel presente invece che rimandare questa ricerca al futuro. Pare un pensiero infelice, ma il fatto che la morte è imprevedibile e definitiva è semplice verità; perché dovrei vivere aspettando il domani, così incerto? È inevitabile lasciare qualcosa di incompiuto, ma so che godendomi ogni momento mentre costruisco la mia versione del futuro è l'unico modo per trovare serenità. Ed è a questo che aspiro.

Un mesetto fa il mio morosetto mi stava dando una mano con un'acconciatura e ha scoperto il mio primo capello bianco. Ho dato la notizia al mio amico Carlo e questo simbolo fisico di maturità lo ha commosso. Carlo mi insegna spesso quanto è gioioso crescere e cambiare. Sono grato di averlo nella mia vita come collega, oltre che come amico. Anche perché fa il caffè più buono che io abbia mai provato.

Ho dei problemi con passato, presente e futuro. Col futuro ho problemi per le paure che nascono dal mio perfezionismo. Il passato contiene dei fantasmi che mi tormentano ancora, come se il tempo fosse bloccato ad allora. E ovviamente sul presente influiscono queste cose, ma ci sto lavorando. Quest'anno è stato l'anno in cui sono stato più presente, voglio continuare su questa strada e vedere da che parte mi porterà la vita. Voglio portarmi dietro la sensazione del mare caldo a mezzanotte e il solletico freddo della brezza dopo esser riemerso dal riflesso della Luna; le scale infinite di Genova e i graffiti sui muri della città di sotto; le mani delle amiche che mi fanno sentire al sicuro mentre mi aiutano a spalmare la crema solare; le rughe sul volto dei nonni che sorridono chiamandomi per nome; la possibilità di vivere avventure con mia sorella; il profumo delle torte di mia madre.

Vorrei ringraziare tutte le persone che sono nella mia vita indicendo un grandioso ballo in maschera con un buffet di pietanze preparate da me appositamente per loro. Quest'anno non ne ho le energie. Recupererò facendo risotti man mano a ciascunǝ.

Ogni tanto capita che ogni tuo tentativo di addormentarti (che sia esso biologico, chimico o meccanico), fallisca e ti ritrovi a scivolare verso il sonno per ore senza mai raggiungerlo. In questo stato di scivolamento, con le palpebre pesanti e il respiro lento e regolare, sembra quasi di essere in quel particolare intorpidimento dei sensi causato da una certa sostanza ricreativa.

Intanto il tuo cervello viaggia in mondi lontani e ricordi ancora troppo vicini, passando per gli occasionali spaventi dati dalle marachelle del gatto del vicino.

Un libro potresti scrivere, poesie, canzoni... ma la testa è pesante sul cuscino e il corpo quasi immobile. Hai deciso di prendere i sonniferi, ora chi ti alza più per scrivere il capolavoro che rivoluzionerà il mondo?

Goditi il viaggio, se ti ricorderai qualcosa avrai pur sempre domani per diventare il nuovo Schumann.

Voglio condividere un discorso che ho scritto in occasione del TDOR (Trans day of remembrance) di quest'anno.

Essere una persona trans non è una tragedia. C'è molta gioia e vita nell'autodeterminazione, nell'esplorare la propria espressività fuori dal binarismo di genere cis-normativo, nell'orgogliosa scoperta del proprio benessere in un mondo che ci vuole alla meglio invisibilǝ, alla peggio mortǝ. La nostra morte, i nostri omicidi sono la vera tragedia. La pornografia del dolore con la quale i media narrano la nostra vita serve da diversivo e da distrazione contro le centinaia di omicidi di stato che annualmente decimano la comunità trans mondiale. Sono omicidi di stato perché un paese che pretende la medicalizzazione forzata, impedisce l'autodeterminazione e ostacola attivamente la rettifica anagrafica è un paese che vuole schiacciare le nostre identità trans. La stessa violenza che vuole ostacolare e annullare le persone trans è il naturale prodotto della società patriarcale in cui viviamo: una società che continua a crescere uomini che considerano le donne come una loro proprietà, a cui possono riservarsi di togliere la vita quando smettono di essere vittime sottomesse come un bambino che rompe un giocattolo che non vuole più. Perché tanto è suo e può farci quello che vuole. La cultura etero-patriarcale che vuole che gli uomini siano forti e dominanti, che incoraggia un'espressione malsana della propria emotività e il rifiuto della propria responsabilità affettiva, è la stessa cultura che impone un rigido binarismo di genere al di fuori del quale viene punita l'esistenza. Mantenere rigide e apparentemente inviolabili le norme di genere è il meccanismo che auto-alimenta il patriarcato. Alla base della transfobia, così come dell'omofobia, c'è una fortissima misoginia. Questo è dimostrato dal fatto che la stragrande maggioranza dei transicidi vede vittime donne trans e persone transfem, mentre invece alle persone non-binarie e agli uomini trans è spesso riservata l'invisibilità e l'infantilizzazione. Perché in questa logica patriarcale, se è incomprensibile e punibile con la morte che (con moltissime virgolette) “un uomo voglia diventare donna”, è un po' più accettabile che (sempre con tantissime virgolette) “una donna voglia diventare uomo”- perché “poverina, lasciatela giocare a fare l'uomo finché è giovane e confusa, poi si troverà un buon marito e le passerà”. In ogni caso è compito dell'uomo etero-cis, eroe pieno di macchie del nostro mondo, rimettere a posto “le donne” e proteggere i bambini dalla possibilità di un mondo migliore in cui siano felici di essere loro stessi, in modo da ristabilire le santissime gerarchie che conservano il potere patriarcale.

Come dicevo, la vita di una persona trans non è di per sé una tragedia. Ma è una costante lotta per la sopravvivenza. Una costante lotta per la libertà. Noi persone trans siamo uguali e diverse da voi persone cis. Ma, come voi, PRETENDIAMO: – di esercitare il nostro diritto all'autodeterminazione, – di essere liberǝ di ricevere le cure necessarie al nostro benessere psico-fisico senza essere costantemente discriminatǝ sulla base del nostro genere, – di poter partecipare ai differenti aspetti della vita pubblica e civile senza doverci nascondere nel passing o “tornando nell'armadio” per la nostra sicurezza, – di non essere criminalizzatǝ o medicalizzatǝ per la nostra identità, – di essere effettivamente tutelatǝ contro la discriminazione attraverso una legge sull'omo-lesbo-bi-transfobia, – di essere riconosciutǝ e rispettatǝ come persone.