Verrà forse un giorno
in cui non mi riconoscerai,
e mi dirai che non so quello che dico e che non sei matta
e che mi hanno detto bugie e che sai perfettamente cosa succede in questa casa,
senza riconoscermi
ma non per questo io ti amerò di meno.
Verrà forse un giorno
io cui non mi capirai
e mi dirai che non si può vivere senza soldi e che non stai urlando
e che i cani mi mangeranno fino all'osso e che sai perfettamente cosa succede in questa casa,
senza capirmi
ma non per questo io ti amerò di meno.
Verrà forse un giorno
io cui io stesso non avrò più interesse a sapere chi sono
e mi dirò che sono stanco e che quella cosa allo specchio deve smetterla di fissarmi
e non ti riconoscerò e non ti capirò
senza interesse
ma non per questo io ti amerò di meno.
è stato subito chiaro
che questa intima scatola d'acciaio avrebbe fatto di me un uomo
o una donna
più dei baffi o della gonna
più della cravatta e della valigetta, più delle rose, del bancomat o della fretta.
è stato subito chiaro
che questa amante a scoppio avrebbe fatto di me un albero libero
o una roccia libera
più della carta di identità
più delle processioni e delle lavanderie a gettoni, più dei colori delle bandiere o del pin.
fine linea
spazio
input, la combinazione delle nostre particelle elementari
if
nella solitudine di questa confusione, incessante
load, on, wait
cerco la tua mano nella notte, save
goto
verify, list e mi pare come quando eravamo bambini e ci pareva di essere
next, restore, smenettare, la la la la
soprattutto run, run, run, run
tab, return e read, read, return e gosub... sub sub sub
then
nuovi linguaggi per passeggiare navigando mano nella mano
print, stop tutto l'universo dietro la tastiera
sulla punta delle dita, run
tu, io. tu tu tu io tu tu io tu tu tu tu io io tu
Io immagino di avere una chitarra e danzo solo con essa
come fossi sul palco più buio
investito dalla luce
di un assolo.
Quindi
se mi vedete in questa scimmiosa animazione
sappiate che sono immerso nell'eleganza di una febbre elettrica
nel posto più buio che possiate immaginare, oltre la vergogna e il dolore
con una chitarra invisibile che inesorabile suono con tutta la mia anima.
Era più dei pelo sotto al naso
era più di un maglione costoso
era più di una copertina inglese
e stava tra le dita
e stava tra le labbra
sapeva di vita
puzzava di rabbia.
Ma da bambino quell'acre velo da sposa non bianca
mi pizzicava gli occhi e mi faceva tossire,
e mi dicevano vai fuori.
Con le dita ingiallite sul terrazzo di casa
guardo la pioggia
e sono ancora fuori
perché agli altri pizzicano gli occhi e tossiscono.
E sono pieno di peli in viso
indosso maglioni da sposo
in una copertina di un disco inglese,
senza più rabbia
né gusto.
Trovare la soluzione di un mistero attraverso l’ironia a scorrimento orizzontale
di pagine che nascondono interazioni
nel fascino di personaggi ridicoli ed irripetibili.
Mi fa sudare.
Annientare tutti i nemici che arrivano sempre in maggiore numero
nell’irrefrenabile scorrimento verticale che affolla
figure che devono scoppiare e sparire fino al boss, e poi si ricomincia.
Mi fa scordare.
Incastrare mattoncini infiniti che cadono incessabilmente dall’alto
accelerando mentre il pavimento si alza se non viene spazzato
da combinazioni di righe perfette.
Il primo non stava mai fermo
un moscerino della frutta alimentato a pile atomiche
e finiva con un piede nell’acqua e perdeva una scarpa
sporco, sempre sorridente
con l’imperativo assoluto di non essere da meno.
Il secondo era carino
delicato come bandiera di panna sulla cima di una torta di Pisa
e intrecciava la lenza tra rami impossibili
calmo, sempre interrogativo
con l’imperativo assoluto essere alla mano.
Il terzo ero io
chiacchierone ridanciano, fabulatore, contromano
e parlavo e parlavo e parlavo e parlavo
vispo, sempre ironico
con l’imperativo assoluto di essere umano.
E poi c’era il Grande Pescatore
che ancora urla: ma non lo vedi che hai un piede in acqua?
ma come cazzo hai fatto a intreccia’ lassù?
ma tu non pigli fiato mai?