Invecchiamo ed ogni cosa si fa più faticosa
mi duole sempre qualcosa
la pallocca addominale è andata a farsi benedire,
mi son perso un bicipite
il collo s'incricca
non sento una cippa
dall'orecchia sinistra.
Ma tu diventi ogni giorno più bella
ed io darei ancora
e ancora
il mio regno per la tua mela.
Invecchiamo ed ogni foglio fotocopiato è un foglio bianco di meno
mi fa male la schiena
e la pallocca culturale non vale più nemmeno la pena,
mi perdo il discorso
opino a casaccio
non ricordo una sega
e l'orgoglio mi frega.
Ma tu diventi ogni giorno più bella
ed io darei ancora
e ancora
il mio regno per la tua mela.
Invecchiamo ed è meglio non pensarci troppo
mi fa male il corpo
e la pallocca mistica scende dalla croce per andare su Marte,
le idee fanno girotondo
i concetti emersi ritornano a fondo
non capisco nemmeno
come mi chiamo.
Ma tu diventi ogni giorno più bella
ed io darei ancora
e ancora
il mio regno per la tua mela.
La condensa sul vetro mi rincuora:
fuori piove, qui no;
sospirando rotolo di un quarto a sinistra
invadendo la tua parte del letto
per dichiarare pace nel nome dell'indolenza
e poi faremo a sorte per stabilire chi tra te e me
dovrà preparare qualcosa da mangiare.
Sai che sono un astronauta
e vengo da quel posto,
sono il passeggero del tuo cuore
e colui che ha assassinato il proprio cervello.
qualcuno strilla: trovati un lavoro serio!
Cerco la condensa sul vetro
per capire se mi trovo dalla parte giusta della tempesta,
ma c'è solo un piatto vuoto sul tavolo davanti a me
e un orco che con il megafono strilla: imbecille! sei un imbecille!
Non sa che sono un grande viaggiatore,
anche se non ci saranno soldi nelle mie tasche
e non sarò il più furbo.
Sai che sono un astronauta
e vado in quel posto,
sono il passeggero dei tuoi sogni
e colui che gioca con il proprio cervello.
qualcuno strilla: trovati un lavoro serio!
La polpetta infilzata con la forchetta alzata come il martello di un giudice
per finire nella bocca cannibale
dando così fine alla fine del mondo,
come se non fosse successo nulla
balbetta ancora la televisione, tintinnano le posate;
forse per me non verrà Babbonatale quest'anno
e forse non esiste neppure la mia intima Papessa.
Sai che sono un astronauta
e non ho nulla anche se mi credo una principessa
sono il passeggero sul foglio bianco
inseguito dal proprio cervello.
Verrà forse un giorno
in cui non mi riconoscerai,
e mi dirai che non so quello che dico e che non sei matta
e che mi hanno detto bugie e che sai perfettamente cosa succede in questa casa,
senza riconoscermi
ma non per questo io ti amerò di meno.
Verrà forse un giorno
io cui non mi capirai
e mi dirai che non si può vivere senza soldi e che non stai urlando
e che i cani mi mangeranno fino all'osso e che sai perfettamente cosa succede in questa casa,
senza capirmi
ma non per questo io ti amerò di meno.
Verrà forse un giorno
io cui io stesso non avrò più interesse a sapere chi sono
e mi dirò che sono stanco e che quella cosa allo specchio deve smetterla di fissarmi
e non ti riconoscerò e non ti capirò
senza interesse
ma non per questo io ti amerò di meno.
è stato subito chiaro
che questa intima scatola d'acciaio avrebbe fatto di me un uomo
o una donna
più dei baffi o della gonna
più della cravatta e della valigetta, più delle rose, del bancomat o della fretta.
è stato subito chiaro
che questa amante a scoppio avrebbe fatto di me un albero libero
o una roccia libera
più della carta di identità
più delle processioni e delle lavanderie a gettoni, più dei colori delle bandiere o del pin.
fine linea
spazio
input, la combinazione delle nostre particelle elementari
if
nella solitudine di questa confusione, incessante
load, on, wait
cerco la tua mano nella notte, save
goto
verify, list e mi pare come quando eravamo bambini e ci pareva di essere
next, restore, smenettare, la la la la
soprattutto run, run, run, run
tab, return e read, read, return e gosub... sub sub sub
then
nuovi linguaggi per passeggiare navigando mano nella mano
print, stop tutto l'universo dietro la tastiera
sulla punta delle dita, run
tu, io. tu tu tu io tu tu io tu tu tu tu io io tu
Io immagino di avere una chitarra e danzo solo con essa
come fossi sul palco più buio
investito dalla luce
di un assolo.
Quindi
se mi vedete in questa scimmiosa animazione
sappiate che sono immerso nell'eleganza di una febbre elettrica
nel posto più buio che possiate immaginare, oltre la vergogna e il dolore
con una chitarra invisibile che inesorabile suono con tutta la mia anima.
Era più dei pelo sotto al naso
era più di un maglione costoso
era più di una copertina inglese
e stava tra le dita
e stava tra le labbra
sapeva di vita
puzzava di rabbia.
Ma da bambino quell'acre velo da sposa non bianca
mi pizzicava gli occhi e mi faceva tossire,
e mi dicevano vai fuori.
Con le dita ingiallite sul terrazzo di casa
guardo la pioggia
e sono ancora fuori
perché agli altri pizzicano gli occhi e tossiscono.
E sono pieno di peli in viso
indosso maglioni da sposo
in una copertina di un disco inglese,
senza più rabbia
né gusto.
Trovare la soluzione di un mistero attraverso l’ironia a scorrimento orizzontale
di pagine che nascondono interazioni
nel fascino di personaggi ridicoli ed irripetibili.
Mi fa sudare.
Annientare tutti i nemici che arrivano sempre in maggiore numero
nell’irrefrenabile scorrimento verticale che affolla
figure che devono scoppiare e sparire fino al boss, e poi si ricomincia.
Mi fa scordare.
Incastrare mattoncini infiniti che cadono incessabilmente dall’alto
accelerando mentre il pavimento si alza se non viene spazzato
da combinazioni di righe perfette.