Io immagino di avere una chitarra e danzo solo con essa
come fossi sul palco più buio
investito dalla luce
di un assolo.
Quindi
se mi vedete in questa scimmiosa animazione
sappiate che sono immerso nell'eleganza di una febbre elettrica
nel posto più buio che possiate immaginare, oltre la vergogna e il dolore
con una chitarra invisibile che inesorabile suono con tutta la mia anima.
Era più dei pelo sotto al naso
era più di un maglione costoso
era più di una copertina inglese
e stava tra le dita
e stava tra le labbra
sapeva di vita
puzzava di rabbia.
Ma da bambino quell'acre velo da sposa non bianca
mi pizzicava gli occhi e mi faceva tossire,
e mi dicevano vai fuori.
Con le dita ingiallite sul terrazzo di casa
guardo la pioggia
e sono ancora fuori
perché agli altri pizzicano gli occhi e tossiscono.
E sono pieno di peli in viso
indosso maglioni da sposo
in una copertina di un disco inglese,
senza più rabbia
né gusto.
Trovare la soluzione di un mistero attraverso l’ironia a scorrimento orizzontale
di pagine che nascondono interazioni
nel fascino di personaggi ridicoli ed irripetibili.
Mi fa sudare.
Annientare tutti i nemici che arrivano sempre in maggiore numero
nell’irrefrenabile scorrimento verticale che affolla
figure che devono scoppiare e sparire fino al boss, e poi si ricomincia.
Mi fa scordare.
Incastrare mattoncini infiniti che cadono incessabilmente dall’alto
accelerando mentre il pavimento si alza se non viene spazzato
da combinazioni di righe perfette.
Il primo non stava mai fermo
un moscerino della frutta alimentato a pile atomiche
e finiva con un piede nell’acqua e perdeva una scarpa
sporco, sempre sorridente
con l’imperativo assoluto di non essere da meno.
Il secondo era carino
delicato come bandiera di panna sulla cima di una torta di Pisa
e intrecciava la lenza tra rami impossibili
calmo, sempre interrogativo
con l’imperativo assoluto essere alla mano.
Il terzo ero io
chiacchierone ridanciano, fabulatore, contromano
e parlavo e parlavo e parlavo e parlavo
vispo, sempre ironico
con l’imperativo assoluto di essere umano.
E poi c’era il Grande Pescatore
che ancora urla: ma non lo vedi che hai un piede in acqua?
ma come cazzo hai fatto a intreccia’ lassù?
ma tu non pigli fiato mai?
Guidare mi piace
sono un Guido mancato
in silenzio o con la musica
al volante seduto
tendente all'infinito.
Avere l'automobile a 18 anni era il coronamento della virilità
un attestato naturale per la maggiore età
la metamorfosi per il nuovo stadio dell'evoluzione
prima del tramonto e dopo il pallone.
Guidare ed avere porte di ferro con finestrini da chiudere a chiave
ed un sedile riservato alla fidanzata
al migliore amico
al bisognoso, allo sconosciuto.
Guidare per sentire di essere nella splendida giornata
spiccare dal ramo della pista di pattinaggio
per arrivare a Porto Recanati, a Rimini, alla Grecia
puntando alla Luna.
Guidare per andare a finire in un bar sotto il mare
quindi trovarsi seduto sul divano
con un libro in mano
ed un paio d'ali iridate che sembrano tanto leggere
ma ti reggono.